Anche l'olio vuole la sua etichetta, proprio come il vino

14 Dic 2018 - 04:30
Obiettivo raggiungere il livello del vino dove l'etichetta parla e racconta un territorio, un prodotto, una peculiarità. Questa cosa per l'olio non è possibile perché ogni aggettivo utilizzato in etichetta per descriverlo deve essere comprovato da un certificato che ne attesti il parametro (chimico-fisico o organolettico) e lo stesso deve rimanere stabile durante tutta la shelf-life del prodotto. Per l'amministratore delegato dell'azienda Pietro Coricelli, Chiara Coricelli, l'olio extravergine è un prodotto vivo che durante la sua shelf-life in un certo senso invecchia perdendo nel tempo l'intensità del gusto. Se si utilizza un aggettivo come fruttato o dolce, secondo la normativa la mediana dello stesso deve rimanere entro un certo parametro, mantenersi identica nel tempo e rilevata come tale da panel test diversi. I test danno per questi motivi risultati differenti nella classificazione dell'olio vergine ed extravergine di oliva. In questo modo è impossibile mantenere dei parametri costanti nel tempo come indica la normativa. Se è scritto in etichetta un attributo di gusto che poi ad una valutazione a posteriori non risulta conforme a quanto indicato, spiega Chiara Coricelli, magari perché non è stato conservato correttamente sullo scaffale, si va incontro al rischio di frode commerciale. Ma l'esigenza di comunicare con il consumatore attraverso un'etichetta che racconti il prodotto, proprio come accade con il vino, sarebbe fondamentale per distinguere tra le decine di bottiglie di olio che si ritrovano una accanto all'altra. Da qui la necessità di aprire un dialogo tra le associazioni di categoria con la Grande distribuzione per formare nei reparti il personale che sia in grado di di offrire dettagli e informazioni sulla varietà di oli presenti sugli scaffali. L'azienda Pietro Coricelli, fondata nel 1939 a Spoleto, in Umbria, (che nel 2009 ha acquisito il marchio olio Cirio) oggi esporta in oltre 110 paesi del mondo per un fatturato stimato nel 2018 in crescita a 130 milioni di euro (di cui 50% dall'Italia, 30% dal nord America e 5% dal Giappone attraverso 6 linee operative). E proprio l'inconfondibile qualità di oli prodotti, dall'extravergine a quelli aromatizzati con erbe e spezie dal mondo, risponde all'esigenza di un olio "con l'etichetta".
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