Food Industry Monitor: il settore alimentare cresce e punta sulla sostenibilità

Presentatati i risultati di settore del Food Industry Monitor dell'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo: l'alimentare cresce del 6,8% nel 2021, con il 98% delle aziende che investe in sostenibilità

24 Giu 2022 - 07:06
Food Industry Monitor: il settore alimentare cresce e punta sulla sostenibilità
Il 2021 ha segnato una forte ripresa nel settore del food, con una crescita record del 6,8%, superiore a quella del Pil (6,6%). La crescita si protrarrà anche nel 2022 e nel 2023, con tassi intorno al 4% annuo, più del doppio del Pil. Emerge dal Food Industry Monitor (FIM), l’Osservatorio sul settore food realizzato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e da Ceresio Investors. Giunto alla sua ottava edizione, l’Osservatorio è dedicato quest’anno all’analisi del rapporto tra innovazione e crescita sostenibile delle aziende alimentari, con un focus sulle aziende familiari e le specificità dei loro modelli di business.

Il progetto di ricerca

L’osservatorio analizza l’evoluzione delle performance di 852 aziende con un fatturato aggregato di circa 65 miliardi di euro. Il campione rappresenta circa il 75% di tutte le società di capitale operanti nel settore. L’analisi prende in esame 15 comparti, per ciascuno dei quali è stato selezionato un campione di aziende di medie e grandi dimensioni, con sede strategica e operativa in Italia. L’analisi quantitativa è stata condotta sui singoli comparti e sul totale del settore food nel periodo 2009-2021. Le performance delle aziende sono state analizzate facendo riferimento a quattro profili: crescita, redditività, produttività e struttura finanziaria. Sono state, inoltre, sviluppate delle previsioni di crescita e delle esportazioni, relative al biennio 2022-2023. I comparti analizzati sono: acque minerali, birra, caffè, conserve, distillati, dolci e prodotti da forno, farine, food equipment (macchine ed attrezzature per la produzione di cibi e bevande), packaging (produttori di imballaggi in bio plastica, plastica, alluminio e cartone), prodotti lattiero-caseario, olii, pasta fresca e secca, prodotti derivanti dalla lavorazione della carne, surgelati, vino (cooperative, produttori integrati, trader, produttori di spumante e produttori di prosecco). È stata sviluppata un’analisi delle performance di sostenibilità delle aziende valutando, attraverso un modello econometrico, le relazioni di causa-effetto con alcune scelte di posizionamento strategico. L’analisi dei modelli di business è stata ulteriormente implementata con un focus dedicato alle aziende familiari e alla struttura di governance.

Previsioni 2022-2023

Le proiezioni indicano che la redditività commerciale avrà una sostanziale tenuta anche per il 2022, nonostante le forti tensioni sui prezzi delle materie prime e l’impatto del “carovita” sui consumi delle famiglie. La struttura finanziaria delle aziende del settore resta solida, nonostante una lieve crescita del tasso d’indebitamento. I comparti delle farine e del caffè saranno interessati nel 2022 da una crescita a due cifre, questo anche per effetto dell’aumento dei costi delle materie prime. Faranno bene anche i comparti dell’olio, dei surgelai e del latte. Il vino crescerà del 4,8%, appena al di sotto della media settoriale. I comparti più dinamici per le esportazioni nel 2022 saranno: distillati, birra, latte e soft drink, ma anche vino e pasta fanno bene nell’export. Le performance di lungo periodo (CAGR 2015-2020) evidenziano che i comparti che hanno ottenuto una crescita dei ricavi superiore alla media del settore (2%) sono: surgelati, latte, caffè, farine, pasta, dolci, vino, conserve e salumi. Il comparto dei distillati registra le performance medie (2015-2020) di redditività commerciale (ROS) maggiori con un valore del 13,8%. Si registrano buone performance di crescita pluriennale anche per il comparto dell’acqua (11%), food equipment (10,8%), birra (8,4%), dolci (7,1%), pasta (6,2%) e caffe (6,0%). Si rilevano criticità in merito alla marginalità commerciale per i comparti dei salumi (1,7%), dell’olio (1,7%), farine (2,9%) e latte (3,9%), che registrano valori al di sotto della media del settore (6,2%). I comparti delle conserve (4,2%), surgelati (4,8%) e vino (5,8%) registrano valori di ROS soddisfacenti e intorno alla media del settore. Il confronto di lungo periodo (2015-2020) tra crescita e indebitamento evidenzia la presenza di comparti virtuosi quali vino pasta, dolci e caffè. Altri comparti quali conserve, salumi, latte farine e surgelati hanno ottime performance di crescita, ma hanno un indebitamento più elevato.

Analisi della sostenibilità economica

L’Indice di Crescita Sostenibile (ICS) misura la sostenibilità economica della crescita ed è calcolato considerando la crescita dei ricavi, la marginalità commerciale e la struttura finanziaria. Più elevato è l’indice, maggiore sarà la resilienza economica del comparto o della singola azienda. I comparti che hanno registrato le performance migliori, nel periodo 2015-2020, per i tre profili sopra citati sono: il caffè, i distillati, dolci e food equipment. I comparti dei surgelati, acqua e vino occupano nel ranking posizioni intorno all’ICS medio di settore. I settori che mostrano criticità sono: pasta, farine, latte e salumi.

Confronto intersettoriale

L’analisi delle performance di altri settori dell’economia italiana rispetto l’andamento del settore food evidenzia una redditività media (ROE) sostanzialmente superiore per il settore alimentare rispetto al campione delle imprese italiane (dati MBRES). La media del valore aggiunto su fatturato è lievemente superiore per le imprese italiane (21,9%) rispetto al settore food (21,5%). Il tasso d’indebitamento delle imprese del settore food si attesta, nel 2020, a 2,3, un dato strutturalmente più basso rispetto alla media delle imprese italiane, che si attesta a 2,5.

Performance di sostenibilità sociale ed ambientale

Per azienda sostenibile, s’intende un’azienda che opera rispettando l’ambiente, le comunità locali e la società nel suo complesso. Per ciascuna aziende del campione sono state rilevate 13 variabili che misurano i seguenti aspetti:
  • utilizzo di materie prime sostenibili nel processo di produzione;
  • azioni per ridurre le emissioni di CO2;
  • utilizzo di fonti di energia rinnovabile;
  • supporto allo sviluppo delle comunità locali.
Dall’analisi effettuate è emerso che il 98% delle aziende utilizza del tutto o in parte materie prime a ridotto impatto ambientale e nello specifico il 22% utilizza esclusivamente materie prime a ridotto impatto ambientale. Le aziende dedicano particolare attenzione al packaging dei loro prodotti, infatti, circa 88% delle aziende usa in via esclusiva o prevalente packaging a ridotto impatto ambientale, ovvero in materiale compostabile o comunque proveniente da materiale riciclato. Dalle analisi emerge che circa il 57% delle aziende ha ottenuto una o più certificazioni inerenti alla sostenibilità ambientale e che il 30% circa delle aziende pubblica il bilancio di sostenibilità. Da ulteriori analisi emerge che le aziende analizzate pubblicano il bilancio di sostenibilità mediamente da almeno tre anni in modo continuativo. Al fine di fornire un indice di sostenibilità che permettesse di attribuire un “livello di sostenibilità” alle aziende analizzate, è stato elaborato il “Sustainability Score”, un indice sintetico percentuale (0% -100%), che è stato attribuito a ogni azienda e che ha permesso d’individuare quali sono i comparti mediamente più sostenibili. Dalle analisi effettuate emerge che i comparti della pasta e delle conserve risultato i più sostenibili, seguono i comparti dei dolci, delle farine e del latte che ottengono comunque buoni livelli di sostenibilità. Permangono alcune criticità per comparti del caffè e dei salumi, nonostante i player di maggiori dimensioni hanno ottenuto sustainability score tra i più alti del settore.

Le aziende familiari nel settore food & beverage

Il 78% del campione di aziende analizzato è controllato da una o più famiglie. L’86% ha un Consiglio d’Amministrazione interamente composto da membri della famiglia, l’11% è caratterizzato da una composizione del CdA mista, che comprende membri esterni e interni alla famiglia; il 3% ha un CdA composto interamente da membri esterni. Solo l’8% delle imprese analizzate ha un CEO esterno alla famiglia: “un elemento su cui riflettere – sottolinea Alessandro Santini, Head of Corporate & Investment Banking per Ceresio Investorsse si considera che circa il 65% delle aziende è attualmente gestito dalla prima generazione di imprenditori, il 30% dalla seconda e poco più del 4,5% riesce a giungere alla terza e quarta generazione. In molti casi insomma non si considerano i benefici di un modello gestionale aperto, che preveda l’affiancamento di manager esterni a membri familiari, e questo è spesso una delle cause di forte freno allo sviluppo. In taluni casi può minare la continuità familiare dell’azienda”. In generale, comunque, le aziende familiari che riescono a mantenere una guida solida e stabile hanno performance di redditività e produttività superiori a quelle con un CEO non familiare. “I dati dimostrano che la scelta vincente è un management team con membri della famiglia affiancati da manager professionisti, cosa che consentirebbe alle aziende di ottenere migliori performance di redditività (ROS) e soprattutto di costruire un profilo di sostenibilità più solido”, conclude Gabriele Corte, direttore generale di Banca del Ceresio.
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