La fotografia dell'Italia attraverso: speranza di vita, occupazione, reddito e i divari geografici e di genere

L'aggiornamento annuale degli indicatori di benessere realizzato dall'Istat restituisce la fotografia dell'Italia post pandemia tra speranza di vita, occupazione, reddito, e i divari geografici e di genere.

4 Ottobre 2022 - 08:25
La fotografia dell'Italia attraverso: speranza di vita, occupazione, reddito e i divari geografici e di genere
La "Misura del Benessere dei territori", resa periodicamente nota dall'Istat, consente di comprendere meglio la concentrazione di vantaggi e svantaggi in determinate aree dello spazio nazionale, localizzando quali contribuiscono meglio di altre alle medie nazionali. Nonostante le diverse dinamiche osservate nella congiuntura negativa da Covid-19, nei domini Salute, Istruzione, Lavoro e Benessere economico le distanze restano marcate e si accentuano in particolare per la speranza di vita e il reddito dei lavoratori dipendenti, indicatori che tra pre e post pandemia segnano un chiaro arretramento dei livelli di benessere per la generalità delle province del Mezzogiorno, con il conseguente ampliarsi del divario con il Centro-Nord.

Salute

Nel 2021, ci dice Istat, la stima della speranza di vita alla nascita è di 82,4 anni (80,1 per gli uomini e 84,7 anni per le donne). Dopo la netta flessione registrata nel 2020 (-1,1 anni di vita vissuti, da 83,2 del 2019 a 82,1 del 2020), quando la diffusione della pandemia da Covid-19 aveva interrotto bruscamente la crescita osservata fino al 2019, il dato riferito al 2021 evidenzia un recupero pari, in media, a circa 4 mesi in più per gli uomini e circa 3 per le donne. Il dato medio nazionale nasconde profonde differenze territoriali: si amplia la distanza tra Nord e Mezzogiorno, arrivando nel 2021 a 1 anno e 7 mesi di vita media in più nel Nord. La speranza di vita alla nascita totale scende, infatti, nel Mezzogiorno a 81,3 anni nel 2021, con una riduzione di 6 mesi rispetto al 2020 che si aggiungono ai 7 mesi già persi nel 2020 rispetto al 2019, mentre si attesta a 82,9 al Nord, con un recupero di quasi un anno rispetto al 2020.

Lavoro e conciliazione dei tempi di vita

Nel 2021 la ripresa del tasso di occupazione della popolazione di 20-64 anni (62,7%, +0,8 punti rispetto al 2020) non porta l’Italia a recuperare pienamente il livello pre-pandemia (ancora -0,8 p.p. sul 2019). Il miglioramento non è uniforme nel territorio e appare più contenuto proprio in quelle province che hanno registrato perdite ingenti partendo da tassi di occupazione più elevati. La maggioranza delle province del Nord, più colpite nella prima ondata pandemica, nel 2021 restano ancora su livelli inferiori al 2019. Nel 2021 le prime quattro province italiane con i valori più elevati del tasso di occupazione sono Bolzano (75,8%), che conferma la posizione dell’anno precedente, Bologna (74,8%), Cuneo (74,7%), Trieste (74,5%), Ravenna (74,4%). All’opposto, tutte le province della Calabria, e quasi tutte quelle di Sicilia, Puglia e Campania (ad eccezione di Ragusa, Bari e Avellino) si collocano nella coda della graduatoria nazionale (ultimo quintile). Il tasso di occupazione femminile, che ha ripreso a crescere nell’ultimo anno (da 52,1% a 53,2%), ma senza recuperare il livello pre-pandemia (53,9%), mostra una lieve riduzione della distanza tra i territori con persistente dualismo: tra Trieste, migliore provincia del 2021 con il 70,1%, e Caltanissetta, la peggiore con il 24,1%, il distacco si è ridotto a 46 punti dai 48,2 che nel 2019 separavano la stessa Caltanissetta (ultima) da Bolzano (prima). Il tasso di occupazione giovanile tra 15 e 29 anni mostra un’ampia variabilità in ciascuna ripartizione. Oltre sette province su dieci al Nord e più di cinque su dieci nel Mezzogiorno sono ancora sotto i livelli del 2019. La distanza tra i territori si è ridotta nel 2021, anche se in misura inferiore a quanto rilevato sul tasso 20-64 anni: tra Cuneo, la provincia con il livello più elevato (49,0%) ed Enna, quella con il valore più basso (13,6%), ci sono 35,4 punti contro i 38 del 2019.

Benessere economico

La retribuzione media annua dei lavoratori dipendenti mostra particolarmente le conseguenze della crisi pandemica. Nel 2020, a fronte di un valore medio nazionale di 20.658,10 euro, il reddito nella provincia di Milano (29.631,40 euro) è 2,7 volte quello di Vibo Valentia (10.828,90 euro), rispettivamente prima e ultima nella distribuzione. Il reddito complessivamente percepito dai dipendenti uomini (23.858,50 euro) è invece 1,5 volte quello delle dipendenti (16.285,40 euro).  Nel primo anno di crisi da Covid-19 il reddito si è ridotto di quasi il 6% a livello nazionale, più per le donne (-6,7%) che per gli uomini (-5,6%). La flessione ha riguardato, senza alcuna eccezione, tutte le province italiane, ma è stata mediamente più contenuta al Nord (-5%) e decisamente più severa al Mezzogiorno (-8%) dove i livelli iniziali erano già decisamente più bassi. Tra i territori con gli arretramenti maggiori si segnalano Trapani (-10,8%), Napoli (-10,4%) e Taranto (-10%); al Centro emerge in negativo il trend della provincia di Prato (-11,1%).
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