L'export dell'agroalimentare italiano. Il focus SACE su vino, olio e pasta

SACE fotografa lo stato di salute dell'export agroalimentare italiano, mettendo in evidenza i mercati emergenti dove la domanda di food & beverage made in Italy è in crescita.

30 Maggio 2022 - 12:09
L'export dell'agroalimentare italiano. Il focus SACE su vino, olio e pasta
Il settore agroalimentare italiano è caratterizzato da un tessuto imprenditoriale composto in prevalenza da piccole entità. Ad analizzarne lo stato di salute con un'analisi sul tema dell'export è SACE, che ha diffuso oggi il Focus On "Agroalimentare: Italia, una (pen)isola felice”, realizzato dal proprio Ufficio Studi. A livello globale, secondo quanto si evince dal report Sace, gli scambi di prodotti agroalimentari ammontano, nel 2021, a oltre €1.550 miliardi, di cui quasi il 70% generato da venti Paesi esportatori. Tra questi, al primo posto figurano gli Stati Uniti con circa €148 miliardi di export (il 9,6% del totale), seguiti da Paesi Bassi1 (6,4%), Brasile (5,4%), Germania (4,9%) e Francia (4,5%). L'Italia in questo contesto si colloca al nono posto fra gli esportatori mondiali, all'ottavo tra gli importatori, e si caratterizza per un saldo commerciale positivo grazie a elevati valori di export di prodotti lavorati, in primis vini e spirits, pasta e prodotti da forno, passate di pomodoro e altri preparati di verdure, così come parmigiano, grana e mozzarella (Fonte: The European House Ambrosetti, La roadmap del futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni, giugno 2021). Il settore agroalimentare è un fiore all'occhiello per l'Italia. Le imprese del settore mostrano una bona dinamicità oltreconfine. Nel 2021 l’indice del fatturato estero delle imprese delle industrie alimentari, delle bevande e del tabacco è cresciuto di oltre il 10%, dopo aver già registrato un andamento comunque positivo (+2,5%) nell’anno pandemico. L’indice del fatturato domestico, invece, nel 2020 si è contratto (-1,8%) per poi recuperare lo scorso anno (+7,1%). Oltre l’85% delle esportazioni di agroalimentare è composto da alimentari, bevande e tabacco, mentre i prodotti agricoli compongono la restante parte. A livello di comparti, le bevande rappresentano la prima categoria esportata (€10,4 miliardi), con un peso del 20% sul totale del settore (Fig. 2). Il comparto si compone per due terzi di vino. Seguono altri prodotti alimentari13 con un valore esportato di quasi €8,9 miliardi (17%) e prodotti da forno e farinacei (€5,2 miliardi; peso del 10%). Nel 2020 i prodotti maggiormente legati ai consumi domestici – quali pasta, olio, salumi, conserve e sughi – hanno registrato buone crescite in un anno caratterizzato da limitazioni agli spostamenti e cambiamenti di abitudini. Al contrario, i comparti più tradizionalmente legati ai consumi fuori casa, dopo la fine delle restrizioni, nel 2021 hanno beneficiato di un ritorno del canale legato all’ospitalità.  width= Fra le prime destinazioni delle vendite oltreconfine di agroalimentare si segnalano i principali partner commerciali dell’Italia. Nel 2021 le esportazioni verso la Germania, con un peso del 16% sul totale del settore, sono cresciute del 7,6% a €8,4 miliardi. Quasi la metà dell’export verso il Paese si compone di bevande, altri prodotti alimentari e prodotti di colture permanenti. Gli Stati Uniti accolgono l’11% delle nostre vendite di agroalimentare per un valore di €5,6 miliardi, di cui €2,4 miliardi di bevande. Segue con lo stesso valore di export la Francia verso cui esportiamo principalmente altri prodotti alimentari, prodotti delle industrie lattiero- casearie e prodotti da forno e farinacei. Altri mercati rilevanti per l’agroalimentare Made in Italy sono Regno Unito, in lieve crescita nonostante alcune criticità burocratiche e logistiche legate alla Brexit, e Giappone, grazie soprattutto al traino della componente del tabacco, ma anche alle facilitazioni legate all’accordo commerciale tra Giappone e Ue entrato in vigore a fine 2019. Significativi anche gli incrementi nel 2021 dell’export di agroalimentare verso Polonia (+35,6% rispetto al 2019), Cina (+44,3%) e Corea del Sud (+51,5%). La crescita del reddito disponibile, infatti, determina un cambiamento delle abitudini alimentari verso prodotti di maggiore qualità come quelli Made in Italy.

Il vino italiano e l'export

I vini sono un comparto rilevante dell’export agroalimentare italiano (13,6%, che sale al 24,3% del “solo” alimentari e bevande). Dopo la battuta d’arresto dettata dalla pandemia, le vendite oltreconfine di vino hanno ripreso il sentiero di crescita, chiudendo il 2021 con un incremento del 12,4% rispetto all’anno precedente (per un valore di €7,3 miliardi). Composto da tre segmenti diversi - vini fermi16, spumanti e mosti – a guidare l’ottima performance sui mercati esteri sono i vini fermi (€5,2 miliardi) che hanno chiuso l’anno a +9,1% dopo essersi mantenuti pressoché stabili nel 2020. Seguono gli spumanti (€1,8 miliardi) che dal 2011 riportano una crescita media a doppia cifra e nell’ultimo anno hanno segnato un marcato incremento (+23,7%); in particolare, è la domanda di prosecco a trainare il segmento con una crescita del 31,5% nel 2021 e del 14,1% in media negli ultimi quattro anni, a partire da quando è disponibile il dato disaggregato. I mosti, invece, continuano a rappresentare una componente residuale.  width= Francia, Italia e Spagna si confermano i principali esportatori mondiali di vino in valore. Questo dato proviene dalla ricerca Mediobanca, SACE e Ipsos, Vino e spirits: un’eccellenza italiana. La quota italiana cresce nel tempo e si assesta saldamente al secondo posto, mentre Parigi vede il proprio peso scendere sotto il 30%; segue Madrid, con il 9% delle vendite globali realizzate oltre i confini nazionali.

Olio d'oliva italiano ed export

Primo produttore mondiale di olio d'oliva è la Spagna (1,3 milioni di tonnellate previste, circa il 40% della produzione mondiale, il 65,9% di quella europea - secondo stime della Commissione Europea), che quest’anno dovrebbe riscontrare una contrazione del 6,4%. Nettamente distanziata, ma al secondo posto, la produzione italiana di quest’anno è stimata in 315 mila tonnellate (+15,2% rispetto alla precedente campagna), seguono Tunisia, Turchia, Grecia e Marocco, tutti Paesi con una produzione di più di 200 mila tonnellate.  width= A differenza di quanto emerso nella medesima analisi sul comparto del vino e di quanto emergerà in quella della pasta, il comparto dell’olio d’oliva è caratterizzato da una forte concentrazione internazionale: l’evidenza di poche grandi “bolle” mette in mostra un netto divario tra le prime quattro principali destinazioni dell’export italiano del prodotto e le restanti. Stati Uniti, Germania, Francia e Giappone rappresentano il 55,8% dell’intero export italiano di olio d’oliva; in ciascuno di questi Paesi l’Italia è presente con una quota in media del 40%, con un picco di quasi il 60% in Germania (verso cui il valore di export nel 2021 ha raggiunto quasi i €200 milioni), e che vede gli Stati Uniti principale mercato di destinazione con €450 milioni. Per l’Italia le esportazioni in valore di olio d’oliva, nel 2021, hanno rappresentato il 3% delle vendite estere del settore agroalimentare.

Pasta italiana ed export

Un piatto di pasta su quattro al mondo è prodotto in un pastificio italiano (Fonte: Unione Italiana Food, Pasta Italiani). A livello mondiale nel 2021 sono state prodotte 16,9 milioni di tonnellate di pasta, di cui oltre il 30% nell’Ue, seguono il resto dell’Europa e l’America Latina con circa il 18% ciascuna, l’Africa 14% e il Nord America 13% (Fonte: International Pasta Organization - IPO).  width= L’Italia è il primo produttore mondiale con 3,9 milioni di tonnellate, dato che sarebbe destinato a crescere se si tenesse conto anche del quantitativo prodotto all'estero, legato all'alto grado di internazionalizzazione attiva dei principali gruppi italiani del settore. È seguita al secondo posto dagli Stati Uniti con 2 milioni di tonnellate, poi c'è la Turchia 1,9 milioni. L'Italia è anche il primo consumatore di pasta con 23,5 kg pro-capite, al secondo posto la Tunisia con 17 kg pro-capite, mentre il secondo posto fra i Paesi europei spetta alla Grecia, con 12,2 kg pro-capite. Per il biennio 2022-2023 i consumi di pasta Made in Italy per le sue maggiori destinazioni estere sono attesi crescere in media del 4%, in linea con i consumi di olio e un punto superiore a quello del vino. Ancora una volta, fra i mercati a maggior crescita di consumi, con una quota di mercato italiana considerevole e un export in valore dalle grandi dimensioni, si trova la Germania; anche Francia e Spagna si presentano come ottimi mercati di sbocco, ma in ottica futura è soprattutto il Brasile a fornire ottime prospettive. Buone anche le previsioni per i Paesi dell’Europa del Nord e dell’Est: Danimarca, Polonia, Repubblica Ceca, ma soprattutto Finlandia presentano una crescita molto positiva dei consumi futuri, dimostrandosi già mercati ben presidiati. Buone anche le previsioni per i Paesi dell’Europa del Nord e dell’Est: Danimarca, Polonia, Repubblica Ceca, ma soprattutto Finlandia presentano una crescita molto positiva dei consumi futuri, dimostrandosi già mercati ben presidiati. Sono 5 le denominazioni Dop, Igp e Stg di cui gode il comparto della pasta: i cappellacci di zucca ferraresi per l’Emilia Romagna, i culurgionis d’Ogliastra per la Sardegna, i maccheroncini di Campofilone per le Marche, la pasta di Gragnano per la Campania e i pizzoccheri della Valtellina per la Lombardia. Credits Immagini: Tabelle elaborate e realizzate da SACE
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