Ricercatori rilevano microplastiche in scampi e gamberi viola

14 Nov 2019 - 04:33
Ricercatori rilevano microplastiche in scampi e gamberi viola
Ogni anno finiscono nei mari tra i 5 e i 13 milioni di tonnellate di plastica e parti di essa possono essere ingerite da organismi che poi finiscono sulle tavole, come ad esempio scampi e gamberi. Un gruppo di ricercatori e docenti del Dipartimento di Scienze della vita e Ambiente dell'Università di Cagliari, in collaborazione con quelli dell'Università Politecnica delle Marche, hanno documentato la presenza di microplastiche in queste due specie di crostacei, prelevati attorno alla Sardegna, mostrando un'elevata contaminazione: 413 particelle trovate nello scampo e 70 nel gambero viola. Frammenti di plastica sono stati trovati nel 66,7% dei 63 gamberi viola pescati, che presentavano in media 1,6 particelle ciascuno, con un massimo di tre per gambero e un totale di 70 microplastiche isolate, mentre l'83% degli 89 scampi analizzati conteneva in media 5,5 microplastich con picchi di 42 particelle per orgnismo. I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Environmental Pollution, rivelano che si tratta in prevalenza di polietilene (PE, il principale costituente degli imballaggi e della plastica monouso), e di polipropilene (PP, usato per i tappi delle bottiglie o le capsule del caffè). Gli stessi ricercatori parlano di allarme ma consigliano di evitare gli allarmismi, in quanto non si sa se la quantità ritrovata nello stomaco dei gamberi ma soprattutto negli scampi (sono crostacei scavatori, quindi tendono ad ingerire maggiormente le sostanze depositate nel fondo marino), possa causare danni all'organismo o all'uomo. Particolare attenzione è stata data al comportamento degli scampi per capire se siano in grado di triturare quelle microplastiche trovate nel loro stomaco che in quei casi non erano riuscite a passare nel tratto digerente perché troppo grandi. In questo caso le particelle verrebbero reimmesse nel mare e nella catena alimentare di altre specie, nel caso contrario - avverte il ricercatore - arriverebbero tutte sui nostri piatti.
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