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Venti favorevoli e contrari pronti ad influenzare il mondo del vino. L’indagine di Silicon Valley Bank sul mercato americano

L’annuale report “The state of the US Wine Industry” di Silicon Valley Bank, seppur tagliato sullo spaccato della realtà californiana, offre importanti spunti di riflessione per il comparto produttivo vitivinicolo a livello globale.

Angela Petroccione - Pubblicato il 31 Gennaio 2023 alle ore 12:40
Categoria: Vini e dintorni Categoria: Vino & Spumante

Il nuovo anno porta con sé le incognite di una congiuntura complessa per il mondo del vino, in cui si innestano gli effetti della crisi energetica e geopolitica, con tendenze inflazionistiche post pandemiche in consolidamento, la crescita della sfiducia di una fetta ampia di consumatori, e l’incertezza che si conferma sentimento più diffuso.

Eppure secondo Rob McMillan, fondatore della Silicon valley Bank Wine Division, analista che da più di vent’anni monitora lo stato di salute dell’industria vitivinicola americana, gli spunti che le ricerche di mercato offrono agli osservatori possono suggerire anche una lettura incoraggiante se alla presa d’atto di alcune tendenze si associassero delle azioni mirate a cavalcare i trend piuttosto che ad esserne sopraffatti.

I dati del suo ultimo rapporto, “The State of US Wine Industry 2023”, seppur tagliati sullo spaccato della realtà californiana, offrono importanti spunti di riflessione per il comparto produttivo vitivinicolo a livello globale.

Lo studio evidenzia come il segmento dei vini premium, dopo un difficile 2020, sia riuscito a ben performare, mostrando risultati significativi nel corso del 2022 con ricavi in crescita in media del 9,7%, e consumatori che stanno abbandonando i prodotti di fasce di prezzo più basse a favore di offerte di migliore qualità.  Allo stesso tempo sottolinea come il consumo complessivo di vino abbia seguito una traiettoria decrescente, le vendite di vini con un prezzo inferiore ai 15 dollari infatti continuano a calare con un inevitabile effetto sulla contrazione dei volumi.

Secondo McMillan non c’è mai stato un maggiore divario tra le due categorie, condizione che non mette al sicuro nel medio lungo periodo il mondo dei vini premium che potrebbe a sua volta andare incontro ad un’inversione di tendenza se non si adottassero le opportune contromisure.

La tenuta dei volumi si gioca sulla capacità del settore di attrarre una nuova generazione di consumatori. Stando alle evidenze dello studio gli unici a registrare consumi in crescita sarebbero infatti gli ultrasessantenni, disponibili anche a pagare di più per un vino di fascia premium, mentre quelli di età inferiore avrebbero una quota di consumo inferiore rispetto a quanto registrato nel lontano 2007. I giovani in particolare sarebbero sempre meno interessati al vino, il 35% di quelli di età compresa tra 21 e 29 anni berrebbe alcolici, ma non il nettare di bacco, numero destinato a scendere di 7 punti percentuali al 28% per le persone di età compresa tra 50 e 59 anni.

Dai dati del sondaggio portato avanti dalla Silicon Valley Bank Wine Division è emerso però che la maggiore preoccupazione per gli addetti ai lavori sarebbe la direzione dell’economia, in particolare l’incombenza di una recessione che sembrerebbe essere percepita come “dietro l’angolo”. Tuttavia una crisi troverebbe il comparto californiano pronto ad accoglierla considerato che, a differenza di quanto accadde negli anni 2000-2001, epoca della bolla delle dot.com, le ultime vendemmie non eccezionali in termini di volumi ma significative da un punto di vista qualitativo hanno favorito la creazione di scorte più leggere e quindi in linea rispetto ad una eventuale ulteriore contrazione dei consumi, condizione che scongiurerebbe un crollo dei prezzi.

Partendo da questi presupposti lo studio individua sette tendenze positive e sette negative che potrebbero influenzare nei prossimi mesi il mondo del vino.

Tra le correnti che potrebbero avere un impatto benefico McMillan individua la premiumisation (1) in cima alla lista, dal momento che continua a fornire uno stimolo alla crescita garantendo anche marginalità, mentre il livello contenuto delle scorte in cantina (2) potrebbe consentire alle aziende di affrontare al meglio una eventuale fase recessiva. Con una rilevanza tutta californiana la qualità delle ultime tre vendemmie (3) a fronte di volumi produttivi più bassi è sicuramente un asso da giocare, così come la disponibilità di soluzioni tecnologiche (4) che rendono sempre più efficace ed efficiente la conduzione delle aziende vitivinicole. Va considerato come molti consumatori di vini premium possono ancora contare su denaro risparmiato (5) durante la fase pandemica quindi la propensione alla spesa potrebbe rimanere per loro invariata anche in caso di recessione. Anche la crescita della comunità vitivinicola non californiana (6), in particolare quella del Nord America, è vista come una opportunità per l’immissione sul mercato di vini qualitativamente validi ma meno impegnativi economicamente, condizione che potrebbe attrarre consumatori giovani. Infine il mercato delle Merger & Acquisition (7) continua a brillare per cantine e vigneti, condizione che potrebbe rappresentare lo stato attuale di salute del settore.

Non mancano le minacce, i venti contrari, primo fra tutti la decrescita dei volumi nel 2023 (1) rispetto alla quale bisognerebbe agire per arginare la tendenza. Altro aspetto è il fatto che i boomer sarebbero ancora in testa a tutte le categorie in termini di quota di consumo (2) condizione che potrebbe risultare positiva se l’industria desse segnali di crescita, cosa che invece viene smentita dai dati e che richiede sforzi per ingaggiare membri di altre fasce di età. C’è da considerare che i consumatori inferiori ai 50 anni (3) bevono vino ma sempre più spesso optano per alternative o si astengono dal consumo.  Cresce la cultura dello stile di vita sano (4) e il neoproibizionismo è sempre più in voga. I costi di produzione (5), soprattutto quelli relativi alle materie prime, non accennano a ridimensionarsi, e anche la disponibilità di manodopera resta una criticità. Il cambiamento climatico (6) impone ancora grande flessibilità alle aziende esponendole a grandi rischi rispetto alla pianificazione. Infine, tra gli aspetti più pericolosi il dato che l’industria del vino non sia ancora impegnata solidalmente per risolvere il problema del calo della domanda (7).


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