Legge per gli affitti brevi. Il sindaco di Firenze rema contro, ma ecco perché può funzionare

Mentre il sindaco di Firenze mette veti agli affitti brevi in centro, Marco Celani presidente AIGAB ci spiega perché il ddl Santanchè può funzionare.

6 Giu 2023 - 12:47
Legge per gli affitti brevi. Il sindaco di Firenze rema contro, ma ecco perché può funzionare
Il sindaco di Firenze Dario Nardella ha avanzato pochi giorni fa un'azione da lui definita "salva centri storici, intervenendo sugli strumenti urbanistici comunali e proponendo importanti agevolazioni fiscali di scontistica a chi torna a forme stabili di residenza". Due le iniziative: una norma che blocchi per il futuro l'utilizzazione di residenze per affitti turistici brevi (non retroattiva), dando quindi più spazio agli affitti di lungo periodo e al ritorno della residenza stabile in centro storico; una norma fiscale che prevede l’azzeramento dell’Imu sulla seconda casa per un triennio in favore di coloro che rinunciano alle locazioni brevi in favore di quelle ordinarie. Il provvedimento fiorentino nasce in primo luogo dalla contestazione del DDL Santanchè, la cui bozza è stata diffusa negli scorsi giorni e che punta a regolamentare il settore degli affitti brevi, apportando diverse potenziali migliorie normative. È interessante, per approfondire i contenuti del DDL, seguire la disamina realizzata da Marco Celani, presidente di AIGAB Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi, realtà che garantisce rappresentanza istituzionale ai Property Manager che gestiscono case destinate ad affitti turistici in maniera professionale. width=

Il commento di Marco Celani, Presidente AIGAB, al DDL Santanchè

Marco Celani, presidente di AIGAB, ripercorre gli articoli della bozza del DDL, commentando i contenuti punto per punto: L’analisi del DDL Santanchè è il primo tentativo organico di normare a livello nazionale il settore affitti brevi, centralizzando e semplificando i controlli e istituendo delle sanzioni per gli abusivi. Tra le manovre previste l'istituzione di una banca dati nazionale che dialoga direttamente con le piattaforme e consentirà, come in Grecia, di eliminare il sommerso; il primo riconoscimento formale del property manager come imprenditore alleato delle Istituzioni è un passaggio epocale per la costruzione di imprese che possano scalare e diventare punti di riferimento dell’ospitalità a livello nazionale e internazionale. Introduzione del CIN - Codice Identificativo Nazionale Il legislatore introduce l’obbligatorietà di un codice identificativo nazionale, il CIN, che può essere chiesto dal proprietario o da un gestore. Si tratta di un importante riconoscimento al ruolo dei gestori che esplicitamente possono, come già avviene in molte regioni italiane, diventare gli intestatari del CIN, sbarrando la strada ad alcune amministrazioni che oggi vietano incomprensibilmente ai gestori che agiscono in forza di un contratto con i proprietari quali loro delegati nella gestione dell’immobile. Un elemento di novità è che il DDL stabilisce che il codice identificativo nazionale sostituisce quello regionale. Anche oggi le piattaforme hanno l’obbligo di esporre il codice identificativo che è al momento regionale, ma in carenza di controlli e di blocchi automatici è impossibile per i portali inserire blocchi senza aver concordato con le regioni la struttura dei codici. In altre parole, l’operatore illegale può inventarsi un codice, inserirlo nel portale che non ha oggi modo di controllare e nessuno ha modo di controllare. La speranza è che con il CIN sia la stessa banca dati ad inviare i codici alle piattaforme, chiedendo loro di bloccare i codici non riconosciuti (come avvenuto in Grecia ad inizio anno, dando risultati incredibili in tema di lotta all’abusivismo e al sommerso). È definito che sarà il MITUR ad inserire i CIN ricevuti dalle regioni nella banca dati nazionale (già istituita nel 2019) con modalità che però dovranno essere concordate con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, che vuol dire che se non si trova l’accordo con le regioni la banca dati, sulla quale si sono già fatti molti investimenti, potrebbe restare lettera morta. Introduzione del minimum stay a 2 notti Con l'articolo 4 del ddl si introduce il concetto di minimum stay, ovvero l'obbligo a prenotare per due notti o più negli appartementi destinati ad affitti brevi, ma l'ambito di applicazione resta da approfondire. Sicuramente non si potrà affittare per meno di 2 notti nei 14 comuni metropolitani. Si fa riferimento poi ai comuni a densità turistica alta e molto alta (quarto e quinto quintile di una tabella ISTAT) nei quali chi vorrà pernottare una notte dovrà andare in hotel, ammesso che ne trovi uno. Saranno esentati da questa limitazione i comuni con meno di 5000 abitanti a bassa densità turistica. Curiosamente sarebbero esentate da questa restrizione le famiglie numerose, identificate come quelle con almeno un genitore e 3 figli, che invece potranno sempre dormire 1 notte nelle case promosse online. Il numero di soggiorni di una notte, ricorda Marco Celani, pesa all’incirca un 5% del valore delle prenotazioni nel mondo affitti brevi. L’impatto economico di questa misura è sicuramente depressivo, ipotizzando che solo una parte verrà recuperata dal mondo alberghiero e una parte si trasformerà in allungamento di pernotti altrove o in nero. In modo pragmatico, anche per le famiglie numerose sarà difficile pernottare una notte, dal momento che, chi si adeguerà alla normativa applicherà un minimum stay di due notti e sul mercato non si dovrebbero più trovare la possibilità di soggiornare due notti perché nessuno potrà, anche per motivi di privacy, verificare la consistenza dei nuclei familiari (chi assicura ai gestori che il prenotante non stia dichiarano un adulto e 3 figli presentandosi poi con due adulti e due bambini?) Riconoscimento del gestore professionale L’articolo 5, se correttamente interpretato, stabilisce il riconoscimento formale del ruolo del gestore professionale, non tanto con l’obbligo di segnalazione certificata di inizio attività, già in vigore dal 1990 e assolto dai gestori professionali, ma con la richiesta all’ISTAT di fornire un codice ATECO specifico che finalmente identifichi la categoria. Questo ci appare come uno degli aspetti più importanti della normativa in quanto finalmente la categoria potrà essere misurata, riconosciuta e qualificata come un alleato delle istituzioni nella gestione di un patrimonio che produce reddito e sempre di più sarà valorizzata come un elemento portante della componente turistico ricettivo dell’industria turismo italiana.
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