Raccolta di miele quasi azzerata dal maltempo
Il clima siccitoso di quest'anno unitamente ai mesi di aprile e maggio caratterizzati da vento, pioggia e sbalzi termici, non ha consentito alle api di trovare nettare sufficiente da portare in alveare azzerando praticamente la produzione di miele. Ogni anno, il 20 maggio, si festeggia a livello planetario la giornata mondiale delle api istituita dall'Onu nel 2018 per riconoscere il ruolo insostituibile di questo insetto. La pazza primavera - sottolinea la Coldiretti - ha creato gravi problemi agli alveari con il maltempo che ha compromesso molte fioriture impedendo alle api di raccogliere il nettare. Il poco miele che sono riuscite a produrre - continua a spiegare la confederazione - viene mangiato dalle stesse per sopravvivere. Nelle campagne italiane ci sono 1,2 milioni alveari curati da 45mila apicoltori tra hobbisti e professionali con un valore stimato in più di 2 miliardi di euro per l’attività di impollinazione alle coltivazioni. Lo scorso anno la produzione nazionale finale è stata di 22.000 tonnellate grazie soprattutto al Centro e al Nord Italia dove gli apicoltori hanno potuto tirare un sospiro di sollievo dopo molte annate negative, mentre al Sud l’andamento climatico ha pregiudicato i raccolti per tutto l’anno a partire dal miele di agrumi le cui rese sono state molto scarse, soprattutto in Sicilia. In Italia esistono più di 50 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Le importazioni nel 2018 sono risultate pari a 27,8 milioni di chili in aumento del 18% rispetto all’anno precedente; l'aumento delle importazioni è dovuto alla sempre più scarsa quantità di miele prodotto nel nostro paese, una problematica causata sempre più dal maltempo. Quasi la metà di tutto il miele estero in Italia arriva da due soli paesi: Ungheria con oltre 11,3 milioni di chili e la Cina con 2,5 di chili ai vertici per l’insicurezza alimentare.