Federalimentare e Filiera Italia sul calo della produzione industriale. Dati Istat preoccupanti
A dicembre 2018 si stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale sia diminuita del -0,8% rispetto a novembre. Nel complesso del quarto trimestre il livello della produzione registra una flessione dell’1,1% rispetto ai tre mesi precedenti.
L’indice destagionalizzato mensile mostra un lieve aumento congiunturale solo nel comparto dei beni intermedi (+0,1%); diminuiscono in misura marcata i beni di consumo (-2,9%) e l’energia (-1,5%) mentre i beni strumentali registrano una variazione nulla.
Corretto per gli effetti di calendario, a dicembre 2018 l’indice è diminuito in termini tendenziali del 5,5% (i giorni lavorativi sono stati 19 contro i 18 di dicembre 2017). Nella media del 2018 la produzione è cresciuta dello 0,8% rispetto all’anno precedente.
Gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano a dicembre 2018 un’accentuata diminuzione tendenziale per i beni di consumo (-7,2%) e per i beni intermedi (-6,4%); diminuzioni più contenute si osservano per l’energia (-4,4%) e per i beni strumentali (-3,5%).
Tutti i principali settori di attività economica registrano variazioni tendenziali negative. Le più rilevanti sono quelle dell’industria del legno, della carta e stampa (-13,0%), delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-11,1%) e della fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-7,9%).
Federalimentare preoccupata per i numeri: occorre agire a favore dell'espansione
"I dati Istat diffusi ci mostrano un trend negativo che colpisce anche le vendite alimentari, per questo è necessario attivare misure immediate di rilancio degli investimenti, di accelerazione dei cantieri e di sostegno dell’export". Così Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare, sulle ultime previsioni Istat del PIL 2019 e sui dati che mostrano la contrazione delle vendite al dettaglio, con un consuntivo 2018 del comparto alimentare pari al +0,6% in valore e al -0,5% in volume. La frenata dei consumi alimentari ha coinvolto anche il segmento più "povero", quello dei discount alimentari, l’unico in crescita, che a fine anno ha rallentato la corsa. Preoccupazione anche nei confronti specifici di un mese "ricco" come dicembre col novembre precedente, pari al -0,6% in valore e al -0,7% in volume. "Le vendite alimentari - afferma Ivano Vacondio - sono sempre state strettamente legate all’andamento del PIL, enfatizzandone il trend soprattutto in negativo, ed è chiaro che l’effetto inerziale di questi numeri si protrarrà per gran parte del 2019. Per questo - continua il presidente - in attesa dei risultati legati all'entrata in vigore di misure quali il reddito di cittadinanza e quota 100, è necessario muoversi immediatamente e concentrarsi su misure espansive". "L'industria alimentare, che rappresenta il secondo settore manifatturiero del Paese, ha bisogno che vengano attivate misure immediate di rilancio degli investimenti, di accelerazione dei cantieri e di sostegno dell’export, che rimane l'unica area di espansione riservata alle aziende. Occorre espansione anche per disporre delle risorse volte a disinnescare l'aumento dell'IVA nel 2020, che sarebbe devastante per il nostro settore. Senza tali risorse, la politica economica del Paese sarebbe destinata, per reperirle, a una scelta forzata tra aggravi fiscali e tagli al welfare. Serve un colpo di coda - conclude Vacondio - per scongiurare che un anno stagnante come il 2019 ci porti verso orizzonti ancora peggiori".Filiera Italia: per sostenere i consumi ora si punti su infrastrutture e logistica
“Preoccupa la stagnazione dei consumi alimentari interni” commenta così i dati Istat sul Pil Luigi Scordamaglia, numero uno di Filiera Italia. Un quadro allarmante con vendite alimentari in calo dello 0,5% in volume 2018 su 2017 che pesano sui circa 14 punti percentuali di consumo già persi dall’avvio della crisi del 2007 e mai recuperati. Unico dato positivo i discount alimentari che segnano ancora un +4,4% sul raffronto 2018 su 2017, ma anche questi mostrano tassi di crescita meno vivaci. “Quello che si accentua purtroppo è il food social gap con sempre più famiglie con ridotta capacità di spesa costrette a rinunciare agli acquisti di alimenti di particolare valore nutrizionale (carne, pesce, frutta, verdura) e con una fascia di popolazione molto ristretta più alto spendente che punta invece sempre più verso i prodotti premium” dice Scordamaglia e prosegue “in questo contesto di crescente disagio ogni iniziativa di rilancio dei consumi interni e soprattutto di iniziative finalizzate a ridurre gap sociale e favorire progressiva inclusione di fasce sempre più povere va giudicato positivamente”. L’export continua tenacemente a trainare il mercato con una previsione di ulteriore crescita intorno al 3% anche per l’anno in corso, nonostante il rallentamento del commercio mondiale e delle importazioni da parte dei nostri principali mercati di esportazione che si confermano essere, per la filiera agroalimentare, rispettivamente sui 10 mesi 2018: Germania (5,8 miliardi); Francia (4,0); Stati Uniti (3,5); Regno Unito (2,8); Spagna (1,3). “Ora però - conclude Scordamaglia - essenziale puntare tutto sulla crescita traino delle aziende, estremamente competitive nel settore alimentare “fin davanti al cancello” ma penalizzate dalla assenza di infrastrutture logistiche in grado di renderle altrettanto competitive sui mercati mondiali maggiormente in crescita”.
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