Turismo internazionale in Italia: la permanenza e la spesa dei turisti. L'indagine della Banca d'Italia - Parte seconda
Pubblichiamo la seconda parte dell'indagine di Banca d'Italia sul turismo internazionale. Oggi focus sulla permanenza dei turisti stranieri in Italia e delle abitudini dei viaggiatori italiani all'estero.
L’indagine condotta dalla Banca d’Italia ci mostra lo stato del turismo internazionale: turisti stranieri in Italia e turisti italiani all’estero. Dopo aver parlato ieri dei cambiamenti avvenuti durante gli anni di pandemia e aver visto l'analisi della presenza degli stranieri in Italia, oggi il focus è su: durata dei pernottamenti (e come questi sono cambiati negli ultimi anni) e la presenza italiana all’estero e le nuove abitudini dei nostri viaggiatori.
I soggiornanti a lunga permanenza durante la pandemia
Nel 2020, mentre il numero di viaggiatori stranieri pernottanti in Italia registrava un calo senza precedenti (-61 per cento), è significativamente aumentata la presenza di una specifica tipologia di visitatori dall’estero: i soggiornanti a lunga permanenza, i cosiddetti “long-stayers”. La granularità dei dati di telefonia mobile, una fonte statistica supplementare già sperimentata durante la fase più acuta della pandemia, ha consentito di misurare l’ampiezza di questa particolare categoria di visitatori sulla base del conteggio giornaliero del numero di schede SIM estere rilevate sulla rete telefonica nazionale, disponibile per il periodo compreso tra gennaio 2019 e settembre 2021. La figura A riporta l’evoluzione del numero di long-stayers (LS) in Italia utilizzando due distinte definizioni: in base alla prima (indicata in figura con “LS 30/45”) si contano le SIM estere presenti sul territorio nazionale per almeno 30 giorni nell’arco dei precedenti 45; con il secondo criterio (indicato con “LS 60/75” e che risente meno di viaggi di lunga durata) si conteggiano le SIM estere presenti in Italia per almeno 60 giorni nell’arco dei 75 giorni precedenti. L’elemento comune a queste misure è la prolungata presenza sul territorio nazionale per periodi ben più lunghi della media turistica (6,2 notti nel 2019). La differenza tra il numero di long-stayers nel biennio 2020-21 e il loro numero nel 2019 esclude per costruzione i lavoratori stranieri residenti in Italia in maniera continuativa (i migranti stabili) e permette di controllare per i flussi di lavoratori stagionali. Inoltre, concentrandosi su permanenze durature di almeno 30 o 60 giorni, la misura non dovrebbe comprendere i flussi strettamente turistici. Entrambe le metriche indicano che, dalla primavera-estate del 2020, il numero di long-stayers è aumentato significativamente rispetto al 2019: di circa il 45 per cento secondo la metrica “30/45 giorni” e di quasi l’80 per cento secondo quella dei “60/75 giorni”. Nel complesso, si può stimare che da marzo 2020 a settembre 2021 il numero dei visitatori long-stayers sia aumentato in media di circa 30-50 mila unità rispetto ai mesi corrispondenti del 2019, con punte di 40-70 mila nei mesi estivi. Questo aumento può riflettere fenomeni diversi, tra cui (i) lavoratori stranieri o lavoratori italiani residenti all’estero che, grazie alla flessibilità del telelavoro, hanno scelto di svolgere la loro attività dall’Italia; (ii) studenti italiani iscritti presso università straniere che hanno preferito completare l’anno accademico in Italia, seguendo le lezioni a distanza; (iii) lavoratori stagionali stranieri che durante la pandemia sono rimasti bloccati nel nostro paese e hanno deciso di rimanere anche dopo le riaperture. I dati di telefonia mobile non contengono informazioni sulle caratteristiche individuali dei titolari delle schede SIM (a eccezione del paese che ha emesso la SIM estera) e quindi non permettono di distinguere tra questi fenomeni. L’aumento del numero di long-stayers è riconducibile a un numero relativamente ristretto di paesi: i due terzi sono arrivati da Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Romania e Albania. Il peso particolarmente elevato di Stati Uniti e Regno Unito riflette sia l’elevato numero di lavoratori e studenti italiani ivi residenti, sia il fatto che le restrizioni ai viaggi applicate in questi due paesi si sono estese a buona parte del 2021. L’aumento da Romania e Albania probabilmente è in parte riconducibile a lavoratori temporaneamente presenti in Italia all’inizio della pandemia e che hanno prolungato la permanenza sul territorio nazionale per le restrizioni ai viaggi. Infine la forte crescita percentuale di long-stayers da paesi come Cina e Nigeria riflette verosimilmente in larga parte il rientro di cittadini italiani che prima della pandemia lavoravano in tali paesi. La distribuzione dei nuovi long-stayers sul territorio nazionale è stata generalmente proporzionale alla popolosità delle regioni italiane, a sostegno dell’ipotesi di un rientro di lavoratori e di studenti italiani residenti all’estero, con le quote maggiori assorbite da Lombardia, Lazio e Veneto. Tuttavia, considerando l’incremento percentuale medio misurato in ciascuna regione tra il 2020-21 e il 2019, si può notare che i long-stayers sono aumentati relativamente di più nelle regioni dell’Italia centro-meridionale e in particolare nelle isole, un risultato che potrebbe indicare una crescente attrattività di queste regioni anche per soggiorni prolungati. Nel complesso, nella misura in cui l’aumento del numero di long-stayers sia dovuto almeno in parte a lavoratori stranieri o italiani residenti all’estero che hanno svolto l’attività lavorativa dall’Italia, l’analisi offre una prima quantificazione, seppur parziale, dei flussi internazionali di visitatori collegati all’introduzione generalizzata del lavoro a distanza (remote working), attuata in molti paesi avanzati sotto la pressione dell’emergenza pandemica, ma che potrebbe proseguire nel medio-lungo termine.
La quota di pernottamenti in albergo o villaggio turistico è cresciuta mentre quella dei viaggiatori in aereo è tornata al livello del 2019
Si è ampliata notevolmente la quota di pernottamenti in albergo o in villaggio turistico (da circa un quinto a quasi un terzo del totale), a scapito soprattutto di quelli effettuati a casa di parenti o amici, la cui incidenza era salita nel biennio 2020-21 caratterizzato da misure di distanziamento sociale. La quota dei pernottamenti alberghieri resta di circa otto punti percentuali al di sotto della media storica. Se nel 2021 solo il 28 per cento dei viaggiatori stranieri era arrivato in Italia utilizzando l’aereo, nel 2022 tale quota è ritornata al 43 per cento, il livello osservato prima della pandemia. La crescita riflette sia l’aumento della quota di turisti provenienti da paesi più lontani (in particolare dagli Stati Uniti) sia un minor ricorso tra i viaggiatori in arrivo dai paesi europei al mezzo stradale, preferito durante la pandemia per ridurre i rischi di contagio. Tutte le categorie di spesa turistica sono aumentate, in particolare quelle per alloggio e per servizi di ristorazione, tornate sui livelli precedenti la pandemia dopo la forte penalizzazione del biennio 2020-21.
La quota delle regioni centrali è aumentata
L’incidenza delle regioni del Centro sulle entrate complessive è aumentata di quattro punti percentuali, al 23,6 per cento, grazie al forte recupero delle vacanze culturali e dei viaggi nelle città d’arte, soprattutto in Toscana e nel Lazio. Nel confronto con il 2019, tuttavia, il Centro resta l’unica area a mostrare una diminuzione della quota di spesa complessiva.
I viaggiatori italiani all’estero
Nel 2022 la spesa dei viaggiatori italiani all’estero è aumentata del 106 per cento rispetto all’anno precedente (87 per cento in termini reali), portandosi a 26,0 miliardi. La ripresa è dovuta soprattutto al significativo aumento del numero di viaggiatori italiani all’estero (da 21 a 54 milioni), che tuttavia rimane di circa un quinto inferiore al livello precedente la pandemia. La durata media del soggiorno all’estero si è fortemente ridotta (a 9,8 notti per i pernottanti), sebbene sia ancora superiore al 2019, anche in connessione con il marcato rialzo della spesa media giornaliera.
La spesa degli italiani all’estero è raddoppiata per il forte aumento dei viaggiatori in tutte le principali destinazioni
Gli incrementi della spesa sono stati più elevati nelle destinazioni extra-UE (+150 per cento nel complesso); in particolare, è quasi quadruplicata la spesa negli Stati Uniti, che ha toccato un nuovo massimo storico e ha rappresentato un quinto dell’incremento complessivo delle importazioni italiane di servizi turistici. La spesa dei viaggiatori italiani nei paesi della UE ha segnato un recupero generalizzato, ma con tassi di crescita relativamente più contenuti (+76 per cento in media). In valore assoluto gli aumenti più consistenti si sono avuti in Spagna e in Francia, dove il numero di turisti italiani è più che raddoppiato. L’incidenza delle destinazioni UE sulla spesa complessiva dei turisti italiani è comunque diminuita di 9 punti percentuali.
La spesa per vacanze è raddoppiata ma è inferiore di un quinto al 2019
La spesa per vacanze, pur raddoppiata rispetto al 2021, resta ancora inferiore di circa il 20 per cento nel confronto con il 2019; resta ancora elevato il peso delle visite all’estero di parenti e amici. Un terzo della spesa dei vacanzieri si è concentrato in Spagna e Grecia. Analogamente a quanto registrato per le entrate, anche nella spesa per vacanze all’estero è aumentato il peso dei viaggi culturali. La spesa per viaggi d’affari ha rappresentato un terzo del totale: crescendo di circa il 50 per cento, si è riportata su valori prossimi a quelli del 2019. I pernottamenti in albergo e nei villaggi turistici sono aumentati del 126 per cento, arrivando a costituire circa il 31 per cento del totale, un peso inferiore al 2019 (di circa 10 punti percentuali) in virtù dell’incidenza relativamente elevata dei pernottamenti in case in affitto o di proprietà e presso parenti o amici.
La scelta del mezzo di trasporto è rimasta relativamente stabile rispetto al 2021
Il numero di viaggiatori italiani all’estero è aumentato di oltre una volta e mezza la quota di quelli che hanno utilizzato un mezzo di trasporto stradale già lo scorso anno si era riportata in linea con il 2019 ed è rimasta stabile. In termini di spesa, è cresciuto il peso dei viaggi in aereo, per i quali è più elevata l’incidenza dei viaggi per motivi di lavoro, caratterizzati da una maggiore spesa media unitaria.