5-hats. COVID-19: la fillossera del turismo

Per la nostra rubrica curata da 5-hats, Andrea Pilotti riflette sul turismo italiano "post virus", analizzando i punti in comune con alcune crisi attraversate in passato dal settore vinicolo.

13 Marzo 2020 - 03:30
5-hats. COVID-19: la fillossera del turismo
In questo momento in cui l'emergenza sanitaria causata dalla diffusione del COVID-19 va di pari passo con le difficoltà delle imprese e delle attività del nostro Paese, a causa delle misure contenitive, abbiamo bisogno anche di segnali positivi. Per questo Horecanews.it, tenendo fede al patto d'informazione con i suoi lettori, ha deciso di non fermare la normale programmazione ma di tenervi aggiornati sulle notizie del settore, anche per concedere un momento di svago dalle difficoltà del momento.   Continua la collaborazione con 5-hats, azienda nata con l'obiettivo di sostenere gli imprenditori attraverso la formazione degli operatori Horeca. Il nuovo contributo per la rubrica curata da Andrea Pilotti, Project Manager e CoFounder di 5-hats, con una riflessione sul Coronavirus e gli effetti sulle aziende.     Più ascolto le notizie degli effetti del coronavirus sul turismo italiano, più ritengo azzeccato definire questo evento come la "fillossera del turismo". Questo parassita, che tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 distrusse tutto il mondo vitivinicolo, si propagò dall’America all’Europa attraverso viti infette. Oggigiorno sappiamo come combattere questi pidocchi delle piante, ma allora un intero sistema produttivo e finanziario andò in frantumi. Se analizzassimo però il nostro comparto enologico italiano nella sua grandezza e completezza, troveremmo che questo è proprio il discendente diretto di quell’evento, a  dimostrazione del fatto che, in un macrosistema economico, è possibile uscire con successo da situazioni critiche e drammatiche. A dire il vero, prima che il settore del vino assumesse l’attuale imponenza, ha dovuto superare un altro grandissimo periodo di crisi: parlo della vicenda scoppiata il 17 marzo del 1986, ovvero l'evento conosciuto come lo “scandalo dell’etanolo”; questo pessimo accadimento minò la considerazione dell’intero made in Italy del vino in tutto il mondo. Quindi, se oggi il vino italiano è riconosciuto nel mondo per criteri di qualità e numeri produttivi, è perché nel tempo si è operato attraverso varie e sinergiche strategie correttive, che ci hanno permesso di trasformare un evento drammatico in un’opportunità per diventare i migliori. Questo tipo di percorso e attitudine è proprio quanto mi aspetto di vedere da parte degli operatori turistici: in questo momento di stallo determinato dal virus e dal grande scandalo che le nazioni di tutto il mondo ci rovesciano addosso, vorrei vedere l’imprenditore italiano del turismo seguire le orme di coloro che, con lungimiranza, hanno regalato al mondo il nostro primato enologico. Ho letto, in questi giorni, di un tecnico aretino che aveva prenotato una casa in affitto a Verona per il periodo del Vinitaly, non appena saputo dello slittamento delle date a giugno. Il prezzo iniziale concordato per la stanza che lo avrebbe ospitato era di 70 euro a notte ma, a causa della notizia delle nuove date della fiera veronese, giunta forse tardivamente al b&b, il tecnico è stato contattato nuovamente dalla struttura con la rettifica del costo della prenotazione per quel periodo: ben 900 euro a notte, il 1.200% di rincaro. Ecco, queste sono le “viti" che spero possano essere sradicate e bruciate perché sono talmente infette da rischiare d’essere la causa primaria per il mancato rinnovamento del settore, non permettendo al comparto turistico di reinventarsi per un futuro migliore. In che modo potrà il turismo italiano recuperare il suo iniziale splendore dopo questa crisi, non sapendo nemmeno quanto questa depressione durerà e quali danni causerà? Ad oggi, nessuno possiede risposte certe; pertanto, chi dice di avere formule magiche mente, come tutti coloro che giocano a tirare a indovinare soluzioni dinanzi a qualcosa di totalmente nuovo e sconosciuto, come quello che stiamo vivendo. Sono certo, però, che gli strumenti per uscire dalle crisi ci siano sempre e sono:
  1. imparare a vedere le criticità da una prospettiva diversa, affrontando la crisi non come una dramma ma come un’opportunità per ricostruire al meglio ogni cosa;
  2. sviluppare innovazione, sia essa di processi, di prodotti e/o di tecnologie.
Non aspettiamoci che, passata la recessione, la situazione possa tornare come prima: come la fillossera è stato uno spartiacque, così il virus sarà una linea di rottura fra passato e futuro. Dovremo identificare nuovi clienti, nuove strategie, nuove comunicazioni, nuove informazioni, nuovi flussi di lavoro; è davvero l’occasione per aggiustare tutto ciò che non funziona nel nostro “Sistema Turismo”, viste le numerose situazioni asfittiche e malate che perdurano da tempo e che facciamo finta di non vedere. Chiaramente, non tutti vorranno operare cambiamenti: infatti, non tutte le aziende presenti prima della "crisi fillossera" o prima della "crisi etanolo" sono vive tuttoggi. Aspettiamoci quindi che molti imprenditori, ristoratori e locali presenti prima del virus cesseranno di esserci nel post epidemia, perché saranno stati sconfitti dai cambiamenti, principalmente per non aver voluto adattarvisi. Ripuliamo il sistema per diventare, un giorno, il Paese con il settore turistico migliore al mondo, come il settore vino ci ha insegnato e ci insegna ancora oggi.

Di Andrea Pilotti, 5-hats

Compila il mio modulo online.