Al ristorante Sustànza di Napoli, lo chef Marco Ambrosino accoglie l'autunno

È arrivato il menu autunnale del ristorante Sustànza con piatti innovativi dello chef Marco Ambrosino, a base di ingredienti tipici e stagionali

8 Ottobre 2024 - 11:11
Al ristorante Sustànza di Napoli, lo chef Marco Ambrosino accoglie l'autunno
Ph. Letizia Cigliutti

RISTORAZIONE - Al ristorante Sustànza, situato alll'interno della Galleria Principe di Napoli al piano superiore di ScottoJonno, è arrivato il menu autunnale. Lo chef Marco Ambrosino propone i piatti che mettono in risalto gli ingredienti tipici di questa stagione intermedia, come i funghi e la zucca. Il menu si concentra su tecniche di preparazione che raccontano i cambiamenti di stagione.

Un esempio è la muscisca, una carne di pecora con origini arabe, tipica di alcune regioni del Sud Italia. Tradizionalmente, questa carne veniva essiccata dai pastori per essere consumata durante i lunghi viaggi attraverso terre e deserti.

Le stagioni di mezzo sono per me molto importanti” ha dichiarato Marco Ambrosino. “E non intendo solo in termini di materie prime che ci forniscono, ma anche e soprattutto per le tradizioni alle quali sono collegate. Nel menu autunnale abbiamo dato spazio a tartufo nero, cavolo, lenticchie, peschiole, indivia, porri, ceci, foglie di fico e geranio odoroso, ma anche a tecniche caratteristiche della mia cucina. Penso alla fermentazione, all’utilizzo della brace, alla macerazione e alle conserve”.

IL MENU AUTUNNALE

Nel menu autunnale sono confermati i tre menu degustazione (Piccolo cabotaggio da 5 portate a 100 €, Medio raggio da 8 portate a 130 € e Lungo corso da 10 portate a 160 €), con relativo abbinamento vino, da 5, 8 e 10 calici, e la Piccola carta. Tra le conferme La “chiajozza” e Spaghettini, acqua di pasta fermentata, miso di legumi, spiccano alcune novità.

Prima su tutte, il lavoro sul rombo (che verrà poi trasferito su di un altro pesce) declinato in tre piatti del menu degustazione. L’antipasto viene preparato con tutte le parti dell’animale non utilizzate negli altri due piatti, ovvero testa, coda, collo e pelli. Protagonista del piatto è il chawanmushi, un budino salato a base di brodo di rombo e guarnito con una tartare di code di rombo marinate con brodo di agrumi fermentati, olio al timo e cavolfiore crudo. Nel piatto c’è spazio anche per una crocchetta con ritagli del collo e guance del pesce condita come una kofta greca, ovvero con salsa tzatziki e, in questo caso, anche una salsa al sambuco e un’emulsione con il fegato affumicato del rombo. A completare, una terrina di pelli di rombo condita con noce moscata, cipolla in conserva e salsa al limone bruciato.

Nel primo piatto il rombo è protagonista di un fondo di lische alla brace, che viene aromatizzato con funghi secchi, perlopiù porcini. Le trottole, un formato di Gragnano simile al fusillo, vengono cotte nel brodo, e poi condite con zafferano, liquirizia di pomodoro, limone nero, menta, salsa di ceci e dragoncello, alici marinate. Nel secondo piatto, il rombo è “cotto e stracotto”. Il filetto viene portato a 45°C, temperatura in cui il collagene si scioglie per poi ricoagularsi subito.

Il risultato è un taglio dalla carne più tenera, arricchito da una simil salsa pil-pil del baccalà, in questo caso un’emulsione tra l’olio e la gelatina delle parti esterne del rombo. A terminare, una salsa a base di mandorle, erbe di costa (finocchio di mare, salicornia), olio al lentisco e scarola, un’insalata amara condita con Isot Biber, un peperoncino turco dal sapore affumicato e dalle note dolci e fruttate. L’ingrediente si caratterizza in particolare per un processo di produzione unico al mondo.

Nel sud-est della Turchia, nei pressi della regione Sanliurfa, questo peperoncino viene fatto maturare sulla pianta fino al raggiungimento di un colore marrone scuro. Dopo la raccolta, viene fatto essiccare per una settimana al sole e di notte viene coperto. Questo processo determina un color nero-violaceo scuro e un gusto unico.

La pecora, invece, si conferma in menu in una forma diversa, a dimostrazione dell’importanza di quest’animale nella cucina di Ambrosino. Il servizio del piatto è sempre suddiviso in più portate, ma adesso composto da uno stracotto sfilacciato di pecora con foglie di cappero, olio al mirto, cavolo alla brace, e salsa all’harira, una preparazione marocchina a base di ceci, lenticchie, ritagli di carne, spezie e pomodoro, dalla muscisca di pecora, una carne secca speziata, da un bazlama (un pane turco simile alla pita, con anche le patate nell’impasto) al grasso di pecora, erbe e curry mediterraneo a firma di Sustanza, e da un’insalata di finocchi macerati, finocchietto, semi di finocchio in conserva.

Altro ingrediente che rimane in menu, anche in questo caso in una nuova versione, è l’ostrica, grigliata e accompagnata da olio di argan e da una “colatura” di melanzane, ottenuta facendo macerare per un anno e mezzo l’acqua delle melanzane. Il risultato al palato? Marsalato e affumicato.

La cucina di Marco Ambrosino si conferma il frutto di una ricerca senza fine. Gastronomica e antropologica, nel segno di un Mediterraneo che supera ogni confine.

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