Masseria dello Sbirro: due nuovi vini del Vesuvio per narrare miti e tradizioni partenopee

Masseria dello Sbirro “Anime d’o Priatorio” e “Patrì” due vini che vanno ad arricchire una linea ispira da riti, iconografia e tradizioni partenopee

15 Dic 2023 - 12:40
Masseria dello Sbirro: due nuovi vini del Vesuvio per narrare miti e tradizioni partenopee

Si dice spesso che il vino è narrazione del territorio, delle peculiarità che la natura gli ha donato, dell’evoluzione che ha conosciuto nel corso del tempo attraverso processi di adattamento e di quella antropizzazione che ne ha modificato struttura e paesaggio. 

In alcuni particolari casi riesce anche ad andare oltre il perimetro fisico e ambientale, volendo interpretare la dimensione viscerale, ancestrale e culturale dei luoghi, quella linfa di cui si nutrono le comunità e che le connotano fortemente divenendo tratto distintivo e identitario. 

Quando ciò accade il vino diventa esso stesso portavoce di miti e leggende, custode di tradizioni e riti spesso non ufficiali ma incardinati nel vissuto che fu e che ancora resiste nelle pratiche e nelle tradizioni, magari di un quartiere, di un rione, di una comunità nella comunità, ma che esprimono appieno l’essenza di un popolo e del suo modo di stare nella storia. 

In questo alveo si muove il progetto enologico di Masseria dello Sbirro nato dall’intuizione di Cristina Leardi e Carlo Cozzolino, due architetti che nel 2012 decidono di mettere da parte la loro professione per dedicarsi al ripristino di una tenuta di famiglia all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio, tra Ercolano e Portici. 

Da conduttori di un’azienda agricola, dedita soprattutto alla produzione di pomodorino del piennolo, si troveranno ben presto catapultati nella dimensione di viticoltori con un chiaro obiettivo: produrre un vino che avesse un legame “di fuoco e di sangue” con la vulcanica terra vesuviana. 

Una passione, quella per le radici profonde e invisibili, che si troveranno a condividere con Francesco Andoli e il suo Januarius, il ristorante-bottega le cui vetrate guardano al Duomo di Napoli e i cui ambienti sono votati al culto di San Gennaro, tra oggetti d’arte e materie prime che parlano di napoletanità e territorialità.

Da questo confronto e dalla comune visione nel 2022 vengono alla luce due vini, un Lacryma Christi DOC rosso, “divo Januario”, e un Lacryma Christi DOC bianco denominato “Eusebia”, che secondo la leggenda fu la nutrice di San Gennaro e, subito dopo la sua decapitazione ne raccolse e conservò il sangue in due ampolle oggi divenute attributo iconografico tipico del patrono di Napoli.

Oggi la devozione alla territorialità si esprime in modo ancora più estremo con la creazione di due nuove etichette che vogliono essere rappresentative appieno della produzione vitivinicola del vesuviano.

La prima è “Anime d’o Priatorio”, un piedirosso in purezza che richiama e celebra il culto delle anime pezzentelle, quella forma di solidarietà post mortem che i napoletani esprimono da secoli nei confronti dell’aldilà, un ponte immaginario tra chi è qui e chi si trova altrove, rito rintracciabile in poche altre culture nel mondo.

Molto in voga nel Seicento, il culto delle anime pezzentelle consisteva nell’adozione di un teschio, di un’anima senza nome, bloccata nel purgatorio e bisognosa di qualcuno che pregasse per farla accedere al paradiso ricevendo in cambio una grazia. Il rito fu stigmatizzato duramente dalla Chiesa come pagano ma i napoletani, genericamente refrattari alle regole, hanno aggirato i precetti e continuato a praticarlo. 

Nella grafica dell’etichetta, realizzata dal maestro Alfredo Troise, si ritrova un compendio e una testimonianza dell’iconografia partenopea, con una raccolta di simboli riconducibili al Cimitero delle Fontanelle ma anche alla Chiesa delle Anime del Purgatorio. 

Il secondo vino, “Patrì” è invece un caprettone in purezza dedicato a Santa Patrizia, alter ego femminile di San Gennaro, una santa che come quest’ultimo scioglie il suo sangue ogni martedì nella chiesa di San Gregorio Armeno. 

La storia di santa Patrizia è strettamente legata all’iconografia della città avendo qualcosa in comune anche con il destino della sirena Partenope. Entrambe naufraghe sull’isolotto di Megaride, Partenope perchè si lasciò morire per il rifiuto di Ulisse, Santa Patrizia di ritorno dal pellegrinaggio in Terra Santa, dove si era recata per sfuggire a un matrimonio combinato. I vissuti si intrecciano nella simbologia dell’etichetta, motivo per il quale si possono scorgere le forme sinuose della coda della sirena Partenope insieme a corona e giglio, elementi associati alla purezza della santa.

Ancora una volta Masseria dello Sbirro con le due nuove referenze punta su una narrazione piena di fascino e cultura e contribuisce a veicolare attraverso i suoi vini identità territoriale e pezzi di tradizione popolare partenopea.

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