Crescita a doppia cifra per l'Italia del vino
Presentato a Roma l’Annual Report Valoritalia per il 2022: le vendite crescono del 12% guidate dal Pinot Grigio delle Venezie e dal "Sistema Prosecco". Un approfondimento Nomisma Wine Monitor mostra che notorietà del brand, marchio biologico e certificazione della sostenibilità sono gli elementi imprescindibili nelle scelte di acquisto.
Sono state presentate a Roma le edizioni 2022 dell’Annual Report di Valoritalia, con i dati emersi dai processi di certificazione di 218 denominazioni di origine italiane, e dell’Osservatorio Nomisma Wine Monitor – Valoritalia, accurata analisi della percezione delle certificazioni tra le imprese vitivinicole e i consumatori di vino.
In particolare la ricerca di quest’anno ha seguito due strade: il monitoraggio di tale percezione nel terzo anno della pandemia e il confronto tra consumatori italiani e tedeschi, sia nell’approccio ai vini certificati DOP e IGP che verso quelli BIO e Sostenibili.
Dall’Annual Report di Valoritalia emerge una fotografia del Vigneto Italia che conferma le sensazioni di questi ultimi mesi, soprattutto quella che concerne l’aumento dei volumi commercializzati. Nonostante gli anni difficili, con previsioni talvolta catastrofiche, le vendite crescono in doppia cifra (+12%) e non soltanto grazie alle impennate delle vendite online.
“Un bilancio per molti versi sorprendente – ha sottolineato Francesco Liantonio, Presidente Valoritalia – se si tiene conto di quanto è accaduto nell’ultimo triennio. Le nostre Denominazioni di Origine hanno ottenuto una performance straordinaria, registrando una crescita record, frutto della capacità mostrata dalle nostre imprese di cogliere ogni opportunità, coprire ogni spazio, gestire al meglio il proprio potenziale, ottimizzare risorse e relazioni”.
Risultati che infondono ottimismo, non solo tra i player del settore. A fare da locomotiva rimane il nordest, con il Pinot Grigio delle Venezie e il cosiddetto “Sistema Prosecco” (che comprende la DOC Prosecco e le DOCG del Conegliano Valdobbiadene e dell’Asolo), con una crescita complessiva che nel biennio 2020-2021 ha toccato il 22,7%, per un totale di poco inferiore al miliardo di bottiglie. Ma di tutto rilievo anche le impennate di altre prestigiose denominazioni, come Brunello di Montalcino (+40%), Barolo (+27%), Gavi (+23%), Franciacorta (+12%), Chianti Classico (+11%), Nobile di Montepulciano (+10%).
“Sono veramente moltissimi e interessanti i dati che emergono dal nostro Annual Report – ha commentato il Direttore Generale di Valoritalia Giuseppe Liberatore – una mole di informazioni prodotta da uno staff di 231 collaboratori e 1250 consulenti qualificati, distribuiti praticamente su tutto il territorio nazionale. Una squadra compatta, che quotidianamente passa al setaccio 47 DOCG, 134 DOC, 37 IGT e gestisce circa 5000 tipologie di vino. Oggi certifichiamo quasi 20 milioni di ettolitri, equivalenti al 56% della produzione nazionale di tutte le DO, per un totale di quasi 2,1 miliardi di bottiglie. Nel nostro sistema vengono gestiti i movimenti di 95mila operatori che rappresentano buona parte dell’intero comparto vitivinicolo. Una macchina organizzativa estremamente sofisticata, unica nel suo genere, che costituisce una sorta di benchmark a livello mondiale”.
Un lavoro capillare per la realizzazione di un volume che in questa edizione si arricchisce di un nuovo contenuto. Per la prima volta, infatti, vengono resi disponibili i profili chimico-analitici di 56 tra DOC e DOCG. Un approfondimento che ha generato 60 tabelle la cui base è costituita da circa 176mila analisi, realizzate tra il gennaio 2017 e il marzo 2022 da una rete di laboratori accreditati. Un preziosissimo strumento in grado di fornire informazioni sui principali indicatori che caratterizzano le differenti annate di ogni denominazione, come il grado alcolico medio, l’acidità e l’estratto secco.
Tuttavia, l’obiettivo futuro di Valoritalia è rendere progressivamente fruibile a imprenditori, ricercatori e specialisti, in primo luogo enologi, un data base completo e sistematico del profilo analitico di tutte le denominazioni certificate, comprensivo delle differenti tipologie. Uno strumento che contribuirà a definire le specificità di ogni vino e attribuire con precisione i caratteri dell’annata.
L’indagine Nomisma di quest’anno ha infine riservato un interessante spazio al confronto tra consumatori italiani e tedeschi. Una scelta non casuale, tenendo conto del fatto che quello teutonico rimane, dopo quello statunitense, il principale mercato di riferimento per i nostri vini, con un valore dell’export che nel 2021 ha raggiunto gli 1,1 miliardi di euro. In Germania le nostre etichette battono quelle francesi nella frequenza di consumo (il 64% dei tedeschi ha bevuto almeno un vino italiano negli ultimi 12 mesi), mentre ci piazziamo alle spalle dei cugini d’oltralpe nel challenge sulla percezione della qualità.
Dall’indagine emerge anche che in entrambi i Paesi a indirizzare le scelte dei consumatori sono elementi come la notorietà del brand, il marchio biologico e la certificazione della sostenibilità, con una spiccata sensibilità nei confronti di metodi di produzione rispettosi delle risorse ambientali, origine e tracciabilità della filiera. Infine non mancano, in Germania come in Italia, i consumatori più sensibili, che puntano i riflettori sulla responsabilità sociale ed economica dell’azienda. Un messaggio che il mondo produttivo italiano sembra aver colto e che determina da tempo le strategie delle imprese, sia in termini di produzione che di comunicazione e marketing. E il futuro, almeno secondo il 75% delle 141 imprese intervistate da Nomisma, appartiene ai vini sostenibili e biologici. Una percentuale ancora minoritaria, ma comunque in crescita rispetto agli anni precedenti, punta poi su vini a basso contenuto alcolico, vegani o addirittura senza alcol.
“L’indagine, condotta su un campione di 1000 consumatori italiani e altrettanti tedeschi evidenzia diverse similitudini ma anche approcci decisamente differenti – ha spiegato Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare Wine Monitor presso Nomisma – Per esempio, nel consumo casalingo entrambi guardano principalmente all’origine territoriale e alla notorietà del brand. Ma quando si esce di casa e si consuma in un ristorante o in un winebar, le cose cambiano. Per gli italiani sono poche le differenze rispetto al consumo indoor, mentre il consumatore tedesco preferisce lasciarsi guidare dal titolare o dal personale di sala. Gli italiani puntano molto sull’indicazione geografica, i tedeschi maggiormente sul vitigno”.
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