Ristorazione Collettiva. Legittima la richiesta di rinegoziare contratti se le materie prime aumentano oltre il +5%
La proposta emendativa, fatta propria da tutte le forze politiche, salvaguarda la tenuta economica del settore della ristorazione collettiva, senza generare aumenti per famiglie e stazioni appaltanti.
L’emendamento al DL Aiuti attualmente in discussione alla Camera, che prevede l’introduzione dell’obbligo di rinegoziazione, a prezzi invariati, dell’oggetto del contratto di appalto per la Ristorazione Collettiva in caso di aumento repentino dei costi delle materie prime, è tra i segnalati. Lo rende noto Oricon Osservatorio Ristorazione Collettiva e Nutrizione, promotore della proposta emendativa che è stata fatta propria da tutte le forze politiche.
L’emendamento ha lo scopo di consentire alle aziende di affrontare la difficile crisi che il settore della Ristorazione Collettiva sta attraversando, reduce da due anni di pandemia caratterizzati da chiusure e smartworking e da un primo trimestre 2022 all’insegna degli incrementi esponenziali di materie prime alimentari ed energia. Incrementi che, come spiega Carlo Scarsciotti, Presidente dell’Osservatorio, ricadono interamente sulle aziende che operano per lo più con contratti in appalto e a prezzo fisso, riducendo margini che sono già risicati.
“Il settore ha attraversato la pandemia con la resilienza che da sempre lo contraddistingue, ma adesso il rischio di tenuta economica è concreto. Abbiamo lanciato l’allarme già da tempo: le aziende non possono farsi carico di questi maggiori costi, ma nemmeno possiamo pensare di farli ricadere sulle stazioni appaltanti, sui comuni o sulle famiglie, già sottoposte a un’inflazione gravosa – dichiara Carlo Scarsciotti -. Adesso facciamo un passo avanti e avanziamo una proposta che non implica ricadute economiche sul consumatore finale, né sulla stazione appaltante e che salvaguarda nel contempo le aziende e il loro valore umano fatto di competenze e professionalità”.
L’emendamento prevede che, in caso di un aumento dei costi delle singole materie prime alimentari, dei carburanti e dei prodotti energetici superiore al 5% rispetto al prezzo rilevato nell’anno di presentazione dell’offerta, le stazioni appaltanti siano tenute a rinegoziare l’oggetto del contratto.
“Tradotto, significa maggiore modulabilità – spiega il Presidente di Oricon -. Se oggi le aziende sono tenute a seguire indicazioni rigide, sia nelle composizioni del piatto sia nella scelta delle materie prime, noi chiediamo che queste siano rimodulabili a seconda dell’andamento dei prezzi sul mercato, salvaguardando indiscutibilmente qualità, equilibri e valori nutrizionali del pasto in mensa”.
Il Presidente di Oricon si dice soddisfatto che le forze politiche presenti in Parlamento si siano fatte promotrici delle istanze della ristorazione collettiva, un settore con un forte valore sociale che in epoca pre pandemia fatturava 6,5 miliardi di euro e occupa tutt’ora circa 96.000 lavoratori, in prevalenza donne.
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