Dall'inventore del Nutriscore la proposta di "bollino nero" per il vino
È polemica per un tweet di uno degli inventori del sistema di etichettatura Nutriscore che propone una F nera per tutte le bevande contenenti anche minime quantità di vino
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È riespolosa a partire da un tweet il coro di dissenso italiano contro il Nutriscore, il sistema di etichettatura "a semaforo" nato in Francia e che associa ad ogni prodotto alimentare un colore che ne indica il grado di salubrità, classificando i prodotti da A (verde) a E (rosso): in Italia questo sistema è molto criticato perché penalizza quasi tutti gli alimenti cardine della dieta mediterranea dando invece il via libera, ad esempio, a prodotti ultra processati, senza tenere conto che anche se contengono meno grassi, zuccheri o calorie hanno ad esempio nella composizione ingredienti non naturali.
Serge Hercberg, professore di Nutrizione alla Facoltà di Medicina dell’Université Sorbonne Paris Nord e tra gli ideatori del Nutriscore, in un tweet ha proposto di introdurre sull'etichetta una F nera per identificare tutte le bevande che contengono anche solo una piccola quantità di alcool.
Si tratta di una proposta probabilmente personale, una volontà di sottolineare la pericolosità degli alcolici, in linea su quanto già l'Unione Europea ha ribadito con il Cancer Plane - di cui vi abbiamo parlato in questo articolo - che ha però scatenato i rappresentati della filiera, già duramente provata dalle già citate iniziative europee che penalizzano tutto il sistema del vino.
Il primo a intervenire e a far sentire la sua voce è il sottosegretario alle Politiche agricole alimentari e forestali, il sen. Gian Marco Centinaio che ha dichiarato: "Vorrei sapere cosa pensa Macron dell’ultima proposta lanciata dagli ideatori del Nutriscore, che adesso suggeriscono di mettere addirittura una F nera a tutte le bevande che contengono una quantità anche minima di alcool. Il presidente francese è d’accordo? Neanche un mese fa – ricorda il sottosegretario – proprio Macron ha firmato un lungo elogio del vino, definendolo parte integrante dell’essere francesi e inscindibile dalla loro arte di vivere. Il capo dell’Eliseo ha anche ricordato come sia centrale nell’economia con 500 mila posti di lavoro diretti e indiretti legati alla filiera e che i francesi oggi bevono meno ma meglio. Siamo davanti all’ennesima follia di un’etichetta che già promuove cibi ultra processati, penalizzando invece alimenti naturali e salutari come l’olio evo, o eccellenze dei territori come i prodotti a denominazione d’origine, senza tenere in considerazione le quantità consumate. Il vino, in Francia così come per noi, è espressione di cultura e dei territori, è parte della Dieta Mediterranea, riconosciuta patrimonio immateriale dell’Umanità dall’Unesco oltre che una voce importante dell’economia italiana che nel 2021 ha fatto registrare cifre da record, superando i 7 miliardi di euro di export. Va promosso un consumo moderato e consapevole, non discriminato in modo ottuso un intero settore”, conclude Centinaio. Da Filiera Italia Luigi Scordamaglia, consigliere delegato invece dichiara con toni altrettanto aspri "Al peggio non c'è mai fine, una sistema che sempre più fa solo il gioco delle multinazionali del cibo in provetta. Ancora una stoccata contro le eccellenze del Made in Italy - prosegue il consigliere – la corretta alimentazione va insegnata, è questione di educazione, non basta un sistema di etichettatura ingannevole per aiutare chi ancora (soprattutto in Nord Europa) non distingue fra uso e abuso, fra prodotti di qualità e cibi fatti in laboratorio". "L’auspicio – conclude Scordamaglia - è che ora a fronte di questa ulteriore proposta di peggioramento del sistema Nutriscore, la Commissione smetta di difenderlo, escludendolo definitivamente dalla proposta di armonizzazione europea”. “Abbiamo appreso con stupore e sconcerto il tentativo di voler applicare nel peggior modo possibile un sistema discriminatorio, penalizzante e fondamentalmente sbagliato come il Nutriscore anche alle bevande alcoliche” dichiara a sua volta Micaela Pallini, Presidente di Federvini. “È un vero affronto all’intelligenza dei consumatori prima di tutto oltre a rappresentare uno schiaffo per un comparto che rappresenta, da secoli, non solo una ricchezza economica, ma soprattutto un modello di vita e di civiltà. Etichettare in rosso, o addirittura in nero come nel nostro caso, un cibo o una bevanda, significa mettere alla gogna e criminalizzare un prodotto senza associarlo alle modalità o occasioni di consumo." "Questo approccio ostile al mondo del vino – aggiunge Albiera Antinori, Presidente del Gruppo Vino di Federvini - è l’ennesima espressione di una vera e propria crociata insensata e irresponsabile verso un comparto italiano fatto di prodotti agricoli, di qualità, di unicità, di denominazioni di origine, e ci lascia veramente perplessi e preoccupati. Ci auguriamo che le/i rappresentanti delle nostre istituzioni ci difendano in maniera forte e chiara”. “Il piano europeo di lotta contro il cancro prima, il documento dell’OMS sulla lotta all’alcol e infine questo – conclude Micaela Pallini – mi sembra chiaro il tentativo di attacco concentrico nei confronti di quei prodotti e di quei Paesi che guarda caso da sempre sono stati portabandiera di uno stile di vita corretto, alimentazione bilanciata, cultura del bere e bellezza associata ai propri territori. Il tutto con una base scientifica approssimativa e grossolana, che non fa le necessarie distinzioni. I prossimi mesi saranno cruciali: difendiamo i nostri settori, le nostre abitudini, la nostra socialità ma soprattutto difendiamo il buon senso”. Proprio sulle preoccupazioni, più estese, relative al piano europeo sulla lotta al cancro si è espressa UIV che sottolinea come il vino sia a rischio non soltanto per colpa del Nutriscore. Entro una settimana, spiegano da UIV, al Parlamento europeo si consumerà infatti il voto decisivo sul Piano anticancro che l’Unione adotterà per arginare il male del secolo. Nel report, redatto da una Commissione di europarlamentari (Beca), il vino, come altri prodotti agricoli, è protagonista in negativo: “non esiste una quantità sicura di consumo di alcol”, cita il rapporto per una tesi unicamente basata su uno studio Lancet di 4 anni fa. Per Unione italiana vini, se il Parlamento votasse il testo così com’è – si attendono emendamenti entro dopodomani – il 15 febbraio a Strasburgo andrà in scena l’inizio della fine del vino italiano, un settore che chiuderà l’ultimo esercizio commerciale con l’ennesimo record storico dell’export a 7,1 miliardi di euro. Tra le “indicazioni” ai Paesi membri e alla Commissione Ue che l’istituzione si appresta a licenziare, spiccano quelle che si abbatteranno anche sul vino, le sue imprese e i suoi appassionati: etichette con alert sanitari, limitazioni sulla pubblicità, divieto di sponsorizzazione di eventi sportivi, aumento della tassazione, revisione della politica di promozione. Una voce, quest’ultima, che da sola vale oltre 100 milioni di euro l’anno per le attività delle imprese tricolore nei Paesi terzi e che ha permesso di raddoppiare l’export del settore in meno di 10 anni. “Unione italiana vini – ha detto il Segretario Generale Uiv, Paolo Castelletti – è estremamente preoccupata: da una parte ritiene doveroso redigere un piano anticancro, dall’altra è convinta che il report della Commissione BECA rappresenti un mandato in bianco per equiparare una bottiglia di vino a un pacchetto di sigarette, quale prodotto dannoso di per sé, a prescindere dalle quantità. Le recenti proposte in Francia sul Nutriscore confermano purtroppo questo trend, a monte del quale vi è un disegno più largo su scala globale, ossia un attacco al mondo della produzione agricola tradizionale. L’allarme di UIV si rivolge non solo alla politica e agli attori del settore, ma a tutti i consumatori – per la stragrande maggioranza moderati e responsabili – che hanno il diritto all’autodeterminazione alimentare anche in nome della Dieta mediterranea e dei suoi valori identitari” Per Uiv, che assieme agli imprenditori europei del Comité Vins contesta gli assunti scientifici di un piano che accomuna i consumi compulsivi con quelli moderati, i paradossi a cui va incontro l’indirizzo politico sono numerosi. Non si spiega, per esempio, come si voglia mettere in ginocchio un comparto che contribuisce a tenere vive le comunità rurali che la stessa Ue sostiene con gli strumenti della Politica agricola comune e che mantiene in attivo la bilancia commerciale dell’Unione. Un settore che in Europa vale 2,5 milioni di aziende con circa 3 milioni di posti di lavoro diretti e sempre più all’avanguardia nelle pratiche ecosostenibili. Per l’Italia il vino è cultura ed economia, ma soprattutto rappresenta uno dei simboli dell’Italian style riconosciuto in tutto il Pianeta. Il paradosso dato dai nuovi dogmi alimentari si scontra infine con i dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità sull’aspettativa di vita: in Europa, secondo l’Oms, Svizzera, Spagna, Italia e Francia – tra i principali consumatori di vino – sono nella top 5 europea per longevità, con il Belpaese che negli ultimi 50 anni ha diminuito i consumi di vino del 70%, imboccando da tempo la strada della qualità e della moderazione. L'attesa ora è quella di una risposta ferma e chiara da parte sia della Francia che dell'Unione Europea per un comparto di grande rilevanza ma oramai in preda alle incertezze.1/3 Les concepteurs du #NutriScore ont proposé que toutes les boissons alcoolisées soient marquées avec un F noir réservé exclusivement aux boissons qui contiennent de l’alcool même en faibles quantités pic.twitter.com/BKrTuI9oCk — Hercberg Serge (@HercbergS) February 3, 2022
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