Antica Pizzeria da Michele punta sulla formazione alla ricerca del “fattore M”. Intervista ad Alessandro Condurro
Abbiamo intervistato Alessandro Condurro, AD di Michele in the World per conoscere più da vicino genesi e obiettivi del progetto "L’Università dei Pizzaioli"
PIANETA PIZZA - Quello della formazione delle nuove leve è un tema caldo per la ristorazione, piagato dalla scarsità di risorse qualificate e sempre più propenso a muoversi in una direzione di internalizzazione dell’attività per poter colmare un gap che crea situazioni emergenziali.
Una dimensione che interessa anche il mondo dei lievitati come sa bene il management di Antica Pizzeria Da Michele in the World (MITW) che insieme a Logos Formazione e in partnership con la Regione Campania da nove anni organizza un corso gratuito per pizzaioli professionisti, destinato a 10 allievi di età compresa tra i 18 e i 35 anni, opportunità per acquisire strumenti fondamentali ai fini dell’inserimento nel mondo del lavoro: dalla preparazione dell’impasto e degli ingredienti per la guarnizione all’analisi e studio dei tipi di prodotti e della loro qualità, dalle tecniche per la spianatura alla preparazione e cottura della pizza, dalla cura dell’approvvigionamento e della conservazione di materie prime e semilavorati all’applicazione del sistema di controllo per la sicurezza dei prodotti alimentari, per arrivare al self empowerment, alle dinamiche dei gruppi di lavoro e anche ad aspetti economico/gestionali, in particolare il Food cost nella ristorazione.
Ne abbiamo parlato con Alessandro Condurro, AD di MITW, in occasione della chiusura della nona edizione del corso che ha visto premiato Ghinde, giovane apprendista ghanese di 34 anni, per conoscerne più da vicino genesi e obiettivi.
Alessandro negli ultimi anni Antica Pizzeria Da Michele in the World ha deciso di puntare molto sulla formazione, introducendo il progetto “L’Università dei Pizzaioli”. Come nasce questa iniziativa?
Si può dire che la formazione va di pari passo con l’attività operativa della nostra società, nel momento in cui abbiamo iniziato il percorso delle aperture delle pizzerie in tutto il mondo è immediatamente saltato agli occhi come il problema fondamentale fosse quello della manodopera, cioè delle risorse umane che scarseggiavano e scarseggiano ancora.
Per poter sostenere la crescita, per poter garantire sempre lo stesso prodotto, degli standard qualitativi assolutamente alti, è necessario non solo che le persone siano formate ma che lo siano anche secondo i nostri criteri, quindi piuttosto che fare la guerra dei poveri, cioè andare a sottrarli alle altre pizzerie, abbiamo deciso di crescerli in casa.
Abbiamo messo in piedi un percorso formativo che parte dall’età scolare, con due corsi presso gli istituti alberghieri di Ottaviano e Casoria, nei quali facciamo un avvicinamento alla pizzeria alle classi IV e V, dopodiché si vanno ad individuare le risorse più motivate e capaci, disponibili anche a spostarsi sul territorio nazionale, e diamo loro l’opportunità di seguire una sorta di master totalmente gratuito ad Aversa presso l’Associazione Logos per poi inserirli professionalmente nella nostra rete.
Insomma formiamo pizzaioli di Antica Pizzeria da Michele, facciamo in modo che imparino le nostre metodologie, questo anche perché in ottica di espansione e apertura di tanti locali è necessario disporre di quante più figure possibili e dare anche loro una opportunità di realizzazione.
Tra i ragazzi che hanno intrapreso questo percorso ce ne sono alcuni che hanno fatto carriera?
Diversi tra i ragazzi subito dopo la preparazione in aula sono passati a lavorare in pizzeria e adesso fanno parte della squadra. È solo una questione di forza di volontà, è un lavoro che si impara e anche bene, che richiede tempo, e ognuno ha i suoi, ma che può dare tante soddisfazioni.
Cosa c’è di diverso nelle nuove generazioni che aspirano a diventare pizzaioli?
C’è stato un cambiamento nel modo di intendere la figura del pizzaiolo, negli anni 60 era visto come qualcosa di umiliante, l’alternativa per chi non prendeva sul serio il percorso scolastico, per questo mio nonno ha fatto studiare tutti i suoi figli e non ha mai voluto che lavorassero in pizzeria.
Oggi si è tornati indietro, c’è stata una inversione di tendenza, oggi l’arte del pizzaiolo napoletano è Patrimonio dell’Umanità, il pizzaiolo è quasi uno chef a tutti gli effetti, è un creativo, svolge un tipo di lavoro che è apprezzato e rispettato, guadagna bene.
Per le nuove generazioni che si avvicinano a questo percorso c’è la consapevolezza che può essere gratificante, a differenza di quanto accadeva in passato.
Cosa vi convince ad accogliere in squadra un apprendista una volta concluso il percorso formativo, in cosa consiste quello che chiamate il “Fattore M”?
Non siamo alla ricerca di fenomeni, artisti, geni, persone che regalano emozioni o scattano foto alle alveolature dei cornicioni. Il pizzaiolo ideale per noi, lo dico sempre, è una persona per bene, motivata, che vuole lavorare, possibilmente umile. So che non è semplice trovare tutte queste qualità contemporaneamente ma quando accade vuol dire che quella persona ha il “Fattore M” e che con noi potrà lavorare a lungo e realizzarsi.
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