DPCM 25 ottobre: le reazioni del mondo Horeca alle nuove restrizioni
Le principali associazioni di categoria del mondo Horeca e della filiera agroalimentare connessa commentano le nuove restrizione introdotte dal DPCM del 25 ottobre


FIPE: "Non esiste connessione tra la frequentazione dei Pubblici Esercizi e la diffusione dei contagi"

APCI chiede al Governo sostegno e prospettive per il lavoro dei cuochi
APCI, Associazione Professionale Cuochi Italiani, esprime disappunto per la decisione di chiudere i ristoranti alle ore 18, una scelta che non permette ai cuochi di vedere nessuna garanzia per il proprio lavoro. Non solo economica, ma anche strutturale. Le chiusure a intermittenza penalizzano fortemente le figure professionali del comparto, che vedono ridursi inevitabilmente le proprie prospettive di mantenimento (e di ricerca) del lavoro. “Quello che manca completamente al Decreto che bisognerà rispettare fino al 24novembre - commenta il Presidente di APCI, Roberto Carcangiu - è proprio la mancanza di prospettiva e di speranza per chi lavora come cuoco e anche per chi è legato al settore ristorazione per la propria professione: strutture turistiche, aziende del settore agroalimentare, distributori, ecc. Un intero mondo che fa da motore del nostro Paese al quale si sta chiedendo di indebitarsi senza concedere una visione di ripresa”. APCI difende e tutela i lavoratori di questo settore, chiedendo che chi ha lavorato bene [caption id="attachment_71866" align="alignright" width="2560"]
Filiera Italia: "In un mese perderemo 10 miliardi di fatturato dell’intera filiera agroalimentare"
"Prevediamo una perdita di 10 miliardi di vendite per l’intera filiera agroalimentare” questa la stima di Filiera Italia.
“Dovremo prendere in considerazione un prolungamento della sofferenza per le filiere dei vini, dei formaggi e dei salumi di qualità che già durante il precedente lockdown avevano toccato un terribile - 40%”. dice Luigi Scordamaglia consigliere delegato di Filiera Italia.
[caption id="attachment_19456" align="alignleft" width="333"] Luigi Scordamaglia[/caption]
Secondo la fondazione che raccoglie il meglio del Made in Italy agroalimentare del settore, infatti, a pagare queste restrizioni non sono solo i ristoratori che hanno investito in misure di sicurezza e che oggi si trovano a pagare a caro prezzo il costo della crisi, ma anche 70 mila industrie agroalimentari; a rischio ci sono fino a 400.000 posti di lavoro tra filiera produttiva e ristorazione. “Con gli uffici in smart working - dice il consigliere delegato - non si può credere che consentire l’apertura solo per pranzo rappresenti una misura sufficiente, sono già moltissimi i ristoratori che pensano a una chiusura totale per limitare le perdite”. E conclude Scordamaglia “Subito ristoro quindi diretto ed adeguato, non certo sufficienti le poche migliaia di euro ipotizzati, con importi che devono essere riferiti ovviamente ad ogni singolo locale e non a ragione sociale”
Federalimentare: "Ripagare con contributi sostanziosi i sacrifici che si stanno chiedendo ai ristoratori”
"La stretta che il governo sta imponendo per la seconda volta all'Horeca è ancora più dolorosa della precedente: colpisce un settore portante che stava entrando a fatica nella fase della convalescenza dopo la stangata subita. È una misura al di sopra di quanto il settore può sostenere e che può rivelarsi letale. Stavolta, perciò, niente pannicelli caldi o misure insufficienti: per difendere il settore c'è bisogno di contributi importanti volti a proteggere i ristoratori e le loro attività" commenta così Ivano Vacondio quanto contenuto nel nuovo DPCM. [caption id="attachment_54805" align="alignright" width="833"]
GH - Grossisti Horeca stima ulteriori perdite pari a 1 miliardo di euro
“Dietro la ristorazione c’è una filiera di quasi 4mila aziende e 58mila dipendenti che con il Decreto in vigore da oggi accuserà ulteriori perdite per circa 1 miliardo di euro. Complessivamente, in questo annus horribilis il sistema distributivo nel canale horeca accuserà mancati introiti per oltre 8 miliardi di euro, pari a circa il 50% del proprio fatturato. Dietro alle saracinesche chiuse di bar e ristoranti ci siamo anche noi, e il Governo non potrà non tenerne conto nei piani di ristoro che sta redigendo. Chiediamo aiuti concreti e immediati”. Lo ha dichiarato lunedì 26 ottobre Maurizio Danese, presidente di GH – Grossisti Horeca, l’associazione che rappresenta le principali aziende italiane del food nel canale del ‘fuori casa’ (ristoranti, hotel, bar, ecc.), oltre alle mense collettive e catering. “Da marzo ad oggi – ha proseguito Danese – abbiamo garantito la tenuta del comparto con politiche aziendali-cuscinetto tra i produttori e il canale horeca; abbiamo sopperito alla mancanza di liquidità dei nostri clienti subendo anche importanti perdite su crediti, sostenendo così il settore. Questa seconda ondata – ha continuato il presidente di GH - non mette a rischio solo la nostra esistenza, ma anche quella di migliaia di piccoli produttori italiani, che rappresentano la grande maggioranza delle nostre provviste. Il rischio di acquisizioni da parte di multinazionali straniere si sta moltiplicando e con il loro ingresso l’italianità a tavola ne uscirebbe stravolta. In questo periodo - ha concluso – ci sentiamo come portatori di vivande in trincee decimate da smart working e nuovi lockdown: se non ci salviamo tutti morirà un asset fondamentale dell’ospitalità made in Italy”.Simone Ridolfi (Foodys.it): "Settore del Food Delivery ora ha grande responsabilità verso attività di ristorazione"
"Lavorando nel food delivery sto ricevendo tanti messaggi, che mi dicono “A te andrà bene! I ristoranti chiusi riesplode il delivery, sarai contento”. No non sono contento, forse 6 mesi fa, quando in tanti pensavamo ci sarebbe stata una breve parentesi di qualche settimana in cui i ristoranti avrebbero solo fatto consegne. Oggi no, non lo sono. Sento una forte responsabilità verso queste attività, queste famiglie e questi imprenditori. Da marzo a maggio, con Foodys.it, abbiamo avuto i nostri mesi migliori di sempre, ma non riesco e non riuscivo a non pensare che ogni ordine in più sarebbe servito per far pagare un pezzetto di affitto ad un nostro partner, fargli pagare un pezzetto di stipendio di uno chef, la fattura di un fornitore, che ha una famiglia anche lui, oppure anche solo le bollette di casa o l’apparecchio dentale dei figli. Il Covid a marzo è stato un avversario sleale ma alla portata del nostro mondo che era forte e solido, ora è un avversario forte e irresistibile che trova sulla sua strada un settore in ginocchio. Da imprenditore sto soffrendo pensando a questi amici. Ora abbiamo bisogno di piccoli partigiani e non di grandi condottieri. Siatelo tutti nel vostro piccolo". Lo dice Simone Ridolfi, CEO di Foodys.it, più grande player di food delivery del centro-sud Italia, presente in oltre 10 città, tra cui Roma, Npoli, Catania, Lecce, Cosenza, Cagliari.UIV: "Serve nuovo confronto con istituzioni"
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