Calo export. Filiera Italia: "presupposti per un aumento dell'autosufficienza Made in Italy"
I dati Istat mostrano numeri negativi per l'export italiano durante l'emergenza sanitaria. Filiera Italia: "Ci sono tutti i presupposti per la ripartenza".
Secondo i dati Istat, nel primo trimestre 2020 si stima un’ampia diminuzione congiunturale delle esportazioni per tutte le ripartizioni territoriali: superiore alla media nazionale per il Nord-est (-6,8%) e per il Sud e Isole (-5,4%), più contenuta per il Centro (-3,5%) e per il Nord-ovest (-3,3%).
Nello stesso periodo l’export mostra un calo su base annua superiore alla media nazionale per il Nord-est (-2,5%) e il Nord-ovest (-2,2%) e meno ampio per il Centro (-1,5%), mentre il Mezzogiorno segna un lieve aumento delle vendite (+1,1%), sintesi del calo del -1,3% per il Sud e della crescita del +7,5% per le Isole.
Nei primi tre mesi del 2020, la flessione tendenziale dell’export interessa oltre la metà delle regioni italiane ed è più ampia per Valle d’Aosta (-21,4%), Basilicata (-17,2%) e Marche (-9,5%).
Nel primo trimestre 2020, un impulso negativo alla dinamica su base annua dell’export nazionale proviene dalle vendite del Lazio verso gli Stati Uniti (-35,0%) e della Lombardia verso Germania (-8,2%), Francia (-7,0%) e Spagna (-7,8%).
Nell’analisi provinciale dell’export, si segnalano le performance negative di Frosinone, Alessandria, Brescia, Reggio nell’Emilia, Bergamo e Pesaro e Urbino.
Positive le performance di Genova, Arezzo e Roma.
Commercio Estero. Filiera Italia: "Ci sono tutti i presupposti per una ripartenza dell'export ed un aumento dell'autosufficienza delle filiere Made in Italy"
“I dati su import-export del primo trimestre dell'anno mostrano, prima del picco dell’emergenza covid, un andamento che premia, indiscutibilmente, la filiera agroalimentare nazionale” dice Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, commentando la bilancia commerciale.
L’export italiano, infatti, prima dell’emergenza è estremamente positivo con una quota export di 9.015,8 milioni di euro ed una variazione del +9,4% sul 1° trimestre 2019, in accelerazione rispetto al +5,2% del consuntivo dello scorso anno. Fra gli sbocchi maggiori, spiccano la spinta espansiva della Germania (+12,6%), degli USA (+12,4%) e della Francia (+12,2%). In calo, invece, il Regno Unito (-5,0%). Fuori della Comunità, la Russia cresce (+14,4%) nonostante il perdurare del meccanismo di sanzioni contro sanzioni sempre più assurdo, di cui Filiera Italia continua a livello nazionale e comunitario a chiedere l’eliminazione. Un andamento, quindi, positivo bloccato dalla crisi covid sui principali mercati di esportazione, da cui l'agroalimentare italiano ha, tuttavia, i presupposti per uscire riprendendo a crescere.
Diverso è invece il caso dell’import, con andamento regolare nel primo trimestre, poi bloccato dall’emergenza. “Una tendenza al ribasso dell’import agroalimentare italiano destinata a essere confermata anche nel post-covid – aggiungono da Filiera Italia - per un cambio culturale, e non solo strutturale, del modello di scelta: i consumatori italiani preferiscono prodotti interni della filiera del Made in Italy”.
Già prima del lockdown, infatti, i consumatori prediligevano i prodotti realizzati con materie prime di origine italiana, ed è assai probabile che questo trend si rafforzerà ulteriormente anche ad emergenza terminata. “Da una parte c'è infatti la voglia di sostenere l'economia tricolore - dice Scordamaglia - dall'altra a influenzare la scelta c’è l’accresciuta attenzione alla qualità, alla sicurezza alimentare ed alla sostenibilità che caratterizza il nostro modello produttivo”.
"Anche per le aziende trasformatrici più lungimiranti - continua Scordamaglia - le cose sono destinate a cambiare".
L'interruzione delle catene di fornitura estera, infatti, ha messo in chiaro rischi e limiti di un approvvigionamento che dipende eccessivamente da mercati stranieri.
“La pandemia - conclude il consigliere delegato – ha portato a un’accelerazione nell’autosufficienza delle filiere, grano, carne e formaggi in testa, con uno sviluppo di contratti di filiera utili a garantire un approvvigionamento quanti-qualitativo adeguato. Questo il modello attraverso cui innovare e modernizzare il settore con ricadute occupazionali ed economiche per il Paese".
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