Il vino nel mirino dell’OMS. Perché in Europa si rischia una nuova ondata di proibizionismo
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) con le nuove linee guida sul consumo di alcolici getta sul settore vitivinicolo europeo la grande ombra di un neoproibizionismo che ne minaccia il futuro. Si levano gli scudi delle associazioni di categoria: UIV, Assoenologi, Coldiretti, Associazione Nazionale Città del Vino chiedono alla politica un rinnovato impegno per la tutela di un simbolo dell’economia, della tradizione e della cultura italiana e mediterranea.
È passata meno di una settimana dall’emanazione delle nuove linee guida sul consumo di alcolici da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’intera filiera del vino italiano ed europeo è ancora sotto shock.
Nella 72esima sessione del comitato Regionale dell’OMS, che si è tenuta a Tel Aviv dal 12 al 14 settembre scorsi, i delegati dei 53 Stati membri di Europa e Asia centrale, compresa la rappresentanza italiana, hanno approvato, senza sollevare eccezioni, un documento a dir poco durissimo, l’“European framework for action on alcohol 2022-2025” che si addensa come un’ombra minacciosa su un orizzonte già tempestoso per il mondo enoico, spiazzato da una inversione di tendenza rispetto alle determinazioni in materia di lotta al consumo di alcolici assunte solo pochi mesi fa.
La Global Alcohol Strategy adottata dalla stessa OMS e la votazione al Cancer Plan da parte del Parlamento Europeo che risalgono a maggio 2022, e che avrebbero dovuto rappresentare gli orientamenti ai quali poi dar seguito nella definizione della strategia definitiva nella lotta all’abuso di alcol, avevano tutt’altra natura, puntando ad azioni di mero contenimento del consumo eccessivo e dannoso, ma sono state smentite dalla scelta di un approccio tranchant che non lascia spazio a libere interpretazioni.
In primo luogo nelle nuove linee guida dell’OMS quando si parla di Alcol non si fa distinzione tra tipologie di bevande: superalcolici, vino e birra sono considerati l’uno alla stregua dell’altro.
Un punto questo che è particolarmente critico dal momento che il vino non è paragonabile ai superalcolici, sottoposti ad un procedimento in cui l’intervento dell’uomo prevale prevedendo l’impiego di alcol ottenuto per distillazione. Nel vino c’è una fondamentale componente di naturalità, l’alcol non si aggiunge ma si produce durante la fermentazione, perché l’artefice principale dell’intero processo è il grappolo d’uva insieme al suo legame diretto con il territorio.
A ciò si aggiunge un altro passaggio pesante: consumo moderato ed abuso sono praticamente equiparati, una posizione sostenuta soprattutto dai responsabili politici dei Paesi nordici.
L’obiettivo della strategia indicata nelle nuove linee guida dell’OMS è quello della riduzione del 10% del consumo pro-capite di alcol, vino compreso, entro il 2025. Tra le politiche per raggiungerlo che saranno proposte ai paesi interessati sono indicati l’aumento della tassazione, il divieto di pubblicità, promozione e marketing in ogni forma, la diminuzione della disponibilità di bevande alcoliche, l’obbligo di health warning in etichetta (come per le sigarette) e un nuovo approccio alla concertazione delle politiche che vedrebbe i rappresentanti del settore enoico esclusi dal confronto e dal dibattito.
Le reazioni delle associazioni di categoria sono state immediate e altrettanto forti.
Unione Italiana Vini (UIV) ha parlato di un nuovo proibizionismo capace di mettere in crisi un comparto che solo nel nostro Paese conta 1,2 milioni di addetti e vale 7 miliardi di euro annui di export. Secondo UIV, l’obiettivo di taglio lineare ai consumi è lontano dall’approccio alle politiche di prevenzione e formazione promosse dal comparto, oltre che dai modelli di consumo moderato prevalenti in Italia di cui l’Europa non tiene conto, e il proibizionismo non può essere considerato come soluzione per sconfiggere la piaga dell’alcolismo.
Anche Assoenologi, attraverso le parole del suo presidente Riccardo Cotarella, ha levato gli scudi contro le determinazioni dell’OMS considerando “folle accostare il vino alle sigarette in termini di pericolosità per la salute”, anche perché sono numerose le pubblicazioni scientifiche che attestano non solo che il vino non è nocivo, ma che se consumato con moderazione e responsabilmente fa addirittura bene alla salute.
Il pronunciamento dell’Oms per Coldiretti è invece un attacco ad un prodotto dalla storia millenaria del tutto improprio nel momento in cui assimila l’abuso di superalcolici tipico al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione. “Il vino è diventato l’emblema di uno stile di vita “lento”, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con sé stessi, da contrapporre proprio all’assunzione sregolata di alcol.”
Per l’Associazione nazionale città del vino “non si possono trattare i circa 15 milioni di enoturisti che ogni anno percorrono le strade del vino italiane come degli alcolizzati cronici. Le nuove linee guida sul consumo di alcolici non tengono conto del valore culturale delle produzioni vitivinicole e del fatto che bere vino oggi non è certo sinonimo di alcolismo ma semmai di piacevole convivenza, di scoperta di territori e del valore culturale del nettare di Bacco che racconta storie di persone e di luoghi.”
L’appello condiviso da tutti i rappresentanti del mondo vitivinicolo è oggi principalmente rivolto ai politici che, considerata l’evoluzione negativa e repentina dello scenario, si sono dimostrati poco incisivi nel sottolineare e rendere centrale nel dibattito la distinzione tra abuso e consumo consapevole di bevande alcoliche. A loro è richiesto l’impegno per la tutela del vino, uno dei simboli dell’economia, della cultura e della tradizione non solo italiana ma di tanti paesi del Mediterraneo che vi hanno costruito intorno uno stile di vita sano da salvaguardare insieme alla salute dei cittadini.
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