L’evoluzione delle carte dei vini nell’alta ristorazione. Intervista a Nicoletta Gargiulo
Abbiamo intervistato Nicoletta Gargiulo, miglior sommelier di Italia nel 2007, Consigliere Nazionale dell’Associazione Italiana Sommelier (AIS), per ricostruire l’evoluzione degli ultimi anni del mondo delle carte dei vini nell’alta ristorazione e comprendere cosa oggi diventa essenziale e strategico nella loro creazione.
Abbiamo intervistato Nicoletta Gargiulo, miglior sommelier di Italia nel 2007, consigliere nazionale dell’Associazione Italiana Sommelier (AIS), per ricostruire come sta evolvendo la struttura delle carte dei vini nell’alta ristorazione e comprendere cosa oggi diventa essenziale e strategico nella loro redazione. Nicoletta nel corso della sua lunga carriera ne avrà viste ma soprattutto create di carte dei vini, specie per l’alta ristorazione. Quali sono secondo lei gli elementi che non dovrebbero mai mancare e come sta evolvendo stilisticamente la struttura delle Wine List nei ristoranti stellati nostrani? Sono più profonde, più leggere, qual è il rapporto tra vini italiani e internazionali? Le carte dei vini nell’alta ristorazione si sono sicuramente alleggerite rispetto al passato, quando il numero di etichette era più importante. Oggi infatti la partita si gioca sulla ricerca della qualità. Prima c’erano tanti vini ma molte erano zavorre, referenze inserite semplicemente per fare numero, adesso c’è molta più attenzione alla selezione, soprattutto perché il panorama di scelta è molto più vasto, sono gli stessi produttori che ci danno la possibilità di attingere tra diverse tipologie, si pensi alle produzioni biologiche, biodinamiche, in anfora, agli orange wine. Per ciascun tipo di pubblico, per l’amante del bio, del biodinamico, come del tradizionale, una buona carta di vini è una carta equilibrata che raccoglie in sé un po’ di tutto. Da un punto di vista di peso e rilevanza credo che il Sommelier debba dare molto spazio alla propria regione di riferimento, diversamente si vanno a costruire carte troppo impersonali, che non lasciano emergere la qualità dei vini del territorio. Ad esempio nelle mie Wine List, in particolare per il Ristorante Le Agavi che è a Positano, ci sono tantissime espressioni di Fiano di Avellino, Falanghina, Greco di Tufo, vini di Ischia, Costa d’Amalfi, perché è giusto mettere in una posizione privilegiata la Campania.
Dopodiché si può dare spazio alle bollicine visto che si inizia sempre una buona cena con uno Champagne, un Franciacorta, un Trento Doc, ed è importante dare la possibilità di scegliere tra bollicine di montagna, tra quelle più fini e sottili, Pinot Nero, Chardonnay, Pinot Meunier. Tutto questo ci consente di accontentare i gusti di ciascun ospite anche per quanto riguarda l’aperitivo, dalla soluzione più morbida, a quella più carezzevole o più strutturata. In particolare per i ristoranti stellati vicino al mare che sono più al sud come Le Agavi, le carte sono principalmente ricche di tanti bianchi. Subito dopo la Campania scelgo di restare in primis in Italia, prediligendo i bianchi Altoatesini, i Friulani, e poi delle chicche come i vini isolani, ad esempio varie espressioni di Carricante dell’Etna. Ci si può poi spostare oltralpe, con i Gruner Vertliner dell’Austria, piuttosto che con i bianchi Alsaziani a base di Gewürz, si può spaziare con i Riesling in Mosella e anche nelle altre regioni tedesche, per arrivare in Francia con Chablis e tutte le grandissime espressioni di Cote d’Or di Chardonnay.
Per il pubblico dell’alta ristorazione anche i grandi rossi hanno un forte appeal per cui spazio alla Campania in prima battuta, a seguire, restando in Italia, Piemonte, Toscana e una serie di espressioni territoriali come il Pinot Nero altoatesino, il Nerello Mascalese dell’Etna. Poi si può andare in Borgogna con i grandi Pinot neri e sprazzi di Bordeaux, non possono mancare Chateau Margaux, altre appellazioni come Saint Estèphe o Pauillac anche se negli ultimi tempi, in base alla mia esperienza, posso dire che in Italia sono meno richieste, probabilmente anche a causa dell’assenza dei russi. Ad impreziosire le carte ci sono infine le verticali, di Barolo, Brunello, Taurasi per le quali è ovviamente importante selezionare le annate migliori. Sempre più clienti scelgono prima l’etichetta e poi i piatti da degustare, una tendenza che racconta un’evoluzione del mercato e pone la carta dei vini in una nuova luce. Negli ultimi anni in Italia si stanno anche moltiplicando i premi dedicati, quelli di Milano Wine Week e Slow Wine, seppur non riferiti all’alta ristorazione, ne sono un esempio. Qualcosa si sta finalmente muovendo nella valorizzazione e riconoscimento delle Wine List? Io credo di si e sinceramente lo auspico. In realtà carta dei vini e servizio di sala sono ancora appannaggio di una ristorazione che mette saldamente al centro la figura degli chef, non a caso uno dei problemi che si incontra nella selezione del personale è che i giovani aspirano al vertice della brigata di cucina piuttosto che al ruolo di sommelier, maître o cameriere di sala. L’attenzione alla carta è importante perché una carta dei vini rende un ristorante più accattivante, e soprattutto conta tantissimo chi è in sala a guidare nella scelta. In questo si può dire che non c’è una buona carta dei vini se non c’è un buon professionista che la sappia gestire, manovrare, suggerire a seconda dei casi, degli abbinamenti e delle circostanze, le due cose viaggiano di pari passo. Se è lo stesso professionista che ha costruito la carta a stare in sala è sempre meglio, non condivido la scelta di affidare questo delicatissimo compito a consulenti esterni, il rischio è che poi il cliente noti che chi è in sala non ne sappia abbastanza, meglio optare per una soluzione minimalista piuttosto che costruire un atlante dei vini. Sono dell’idea che la carta dei vini deve essere a misura del locale, a misura di chi la gestisce, di chi gestisce la cantina, si può avere anche una Wine List con poche etichette ma se costruita bene, guidata in un certo modo e padroneggiata da colui che è in sala ha più spessore rispetto ad una carta enciclopedica. Il dialogo con il cliente è un momento molto importante in cui emerge la professionalità del sommelier. Come si differenzia oggi l’interlocuzione rispetto al passato e in che modo la carta dei vini può essere uno strumento per sostenerlo accrescendo anche il valore dell’esperienza? Quanto è importante in tal senso la conoscenza e il rapporto con le cantine di cui si propongono le etichette? Il sommelier deve conoscere bene quello che propone anche considerando che il cliente oggi mostra maggiore sensibilità nell’interlocuzione, le persone prediligono un approccio che mette al centro il racconto, le scoperte, ci si lascia guidare più facilmente rispetto al passato. Occhi e riflettori sono più puntati su quello che è il lavoro in vigna, sulla buona vinificazione, il cliente è più consapevole, in generale tutti hanno iniziato a bere meglio, anche chi prima non faceva tanti distinguo e considerava tutto come buono. Il livello della ricerca del cliente rispetto al vino si sta innalzando e un po’ è merito anche di associazioni come l’AIS che fanno tantissima cultura del vino. Veniamo ad una domanda più personale. Qual è stata la Wine List non redatta da lei che la ha colpita maggiormente nel corso della sua carriera? È stata di ispirazione per il suo lavoro? Ne ho viste di diverse, ma a lasciare il segno è stata la carta del “Don Alfonso 1890”, ristorante due stelle Michelin a Sant’Agata sui due Golfi. Appena arrivata come neo sommelier scoprii che avevano 2.500 etichette e 25.000 bottiglie, annate incredibili degli anni 60, 70, 80 che non immaginavo potessero essere concentrate in un’unica Wine List e che fossero ottime da bere come poi si dimostrarono nelle stappature. Quella carta sicuramente me la porto dentro, poi da esperienze personali di pranzi e di cene due Wine List molto affascinanti che ho molto apprezzato sono quelle de “La Pergola” dell’Hilton di Roma e quella de “Le Calandre” degli Alajmo, entrambe con una profondità significativa. Non ho mai avuto il piacere di cenare da Enoteca Pinchiorri ma immagino che anche la loro Wine List sia eccezionale dal momento che in cantina hanno pezzi rarissimi, alcuni dei quali battuti all’asta, certo lì bisogna vere un potere di acquisto incredibile e anche la clientela giusta perché bottiglie così ricercate e care sono difficili da vendere. Sicuramente tutto quello che ho conquistato sul campo in termini di esperienza nella mia carriera, fatta anche di viaggi studio alla scoperta di cantine e territori, è oggi di ispirazione per il mio lavoro che negli ultimi otto anni mi ha visto totalmente dedicata alla costruzione della cantina e della carta dei vini del ristorante Stella Michelin La Serra di Positano alla quale ovviamente sono particolarmente legata, frutto di una ricerca continua di eccellenze che tempo per tempo vanno ad arricchire come pietre preziose il mio gioiello. Quale è stata invece l’osservazione fatta su una carta dei vini che lei stessa ha creato che l’ha più gratificata? L’osservazione che mi ha più gratificata riguarda la carta dei vini di Relais Blu, ristorante stellato di Massalubrense. Quando arrivai lì nel 2008, subito dopo aver vinto il titolo come miglior sommelier d’Italia nel 2007, ebbi carta bianca e budget illimitato. Avendo investito sulla mia persona ci tenevano tantissimo a fare una Wine List importante e quindi mi sono veramente divertita. Per anni dopo che sono andata via i colleghi che hanno preso il mio posto mi hanno confessato di aver goduto di una grande eredità molto a lungo. Questo feedback dei professionisti che sono arrivati dopo di me e che hanno definito la mia carta come un tesoro al punto da cercare di conservare tanti vini perché molto rari, è quello che mi ha fatto sicuramente più piacere.
BIO - Chi è Nicoletta Gargiulo
Sommelier dal curriculum ricco di riconoscimenti ottenuti sin dalla giovane età, nonostante la passione per il vino sia nata quasi per caso, avvicinandosi al corso dell’Associazione Italiana Sommelier (AIS) da astemia accompagnando alcuni amici, Nicoletta ha portato a termine l’iter formativo avendo subito chiaro in mente il cammino professionale che avrebbe intrapreso. Nel 2007 ha raggiunto il traguardo di cui va più fiera: il titolo di miglior sommelier d’Italia. La sua carriera all’interno dell’AIS l’ha vista Presidente della sezione territoriale Campania per 12 anni (dal 2010 al 2022). Oggi è Consigliere Nazionale e relatrice nei corsi di formazione. Dopo anni di esperienza di rilievo nell’alta ristorazione, in particolare presso “Don Alfonso 1890” dove ha avuto modo di affinare le sue innate doti di comunicatrice del vino, oggi gestisce insieme al marito, lo chef Luigi Tramontano, il ristorante stellato La Serra, all’interno dell’Hotel Le Agavi di Positano.