L’Irpinia del Taurasi, un tesoro da valorizzare

Il Taurasi, grande rosso del Sud dalla storia millenaria, è espressione dell'Irpinia, un territorio unico, ricco di tradizioni, che ha saputo sostenere la crescita qualitativa della sua viticoltura grazie all’impegno di imprenditori lungimiranti e coraggiosi.

10 Marzo 2023 - 11:59
L’Irpinia del Taurasi, un tesoro da valorizzare
 width= Tra Campania Felix e Tavoliere delle Puglie, vette lucane e sannite, tagliato in due dalla dorsale appenninica, collocato a metà strada tra due mari, l’Adriatico e il Tirreno, si estende un territorio incontaminato di matrice vulcanica, attraversato da sorgenti, torrenti e fiumi, accogliente lungo le colline con vigneti e frutteti, dalla natura impervia e fiera in altura, con cime che superano i 1800 metri sul livello del mare, boschi fitti di faggi, selve di castagni e noccioleti. Una terra di mezzo, l’Irpinia, testimone di migrazioni, figlia dei popoli che l’hanno attraversata lasciando traccia del proprio passaggio con frammenti di storia, cultura ed arte di cui si può ancora godere la bellezza, costellata da borghi, castelli medioevali, santuari ed abbazie millenarie, ricca di tradizioni e saperi, compresi quelli tramandati per la coltivazione della vite che fece la sua comparsa in questi luoghi fin dall’antichità. In particolare l’Aglianico, probabilmente originario della Grecia, introdotto in Italia intorno al VII-VI secolo a.C., vitigno ostico e complesso, ha trovato in queste verdi colline territorio d’elezione per esprimersi ai massimi livelli dando vita al grande rosso del sud, il Taurasi. Il prezioso nettare di bacco prende il nome dall’insediamento di epoca romana di Taurasia, e rappresenta l’orgoglio dell’enologia meridionale, prima DOCG del Sud nel 1993, unica e sola per ben 10 anni, riconosciuta a livello internazionale grazie all’impegno di storici produttori che ne hanno sostenuto il cammino anche nei momenti più bui della viticoltura locale, e alla perseveranza di quei piccoli contadini che ne hanno saputo preservare le espressioni più originali e identitarie.  width=

Origini e clima

I suoli di origine marina, vulcanica e continentale si differenziano in tre grandi gruppi (calcareo marnoso argillosi, sabbioso argillosi/calcareo argillosi, marnoso argillosi/calcareo dolomitici) e hanno beneficiato nel corso dei secoli dell’attività effusiva di tre aree vulcaniche circostanti, il Vesuvio, il Vulture, e i monti del casertano, con un significativo accumulo di strati di cenere e lapilli, con arricchimento in minerali e presenza di strati di suoli più sciolti. Il clima continentale, le estati temperate e gli inverni rigidi, l’abbondante piovosità, le forti escursioni termiche, con una differenza di temperatura rispetto alla costa di almeno 4-6 gradi, rappresentano condizioni ideali per favorire un processo ottimale di maturazione delle uve, garantendo gradualità ed equilibrio tra tenore zuccherino e acidità e consentendo l’ottenimento di produzioni enologiche di eccellenza. La peculiare ed eterogenea struttura orografica determina la formazione di microclimi, che variano a seconda delle zone in cui si articola la DOCG Taurasi (composta da 17 comuni) e che si prestano alla produzione di diverse tipologie di vini. Nel Versante Nord che comprende i comuni di Venticano, Pietradefusi e Torre le Nocelle, l’altitudine media è compresa tra i 300 e i 350 metri, le pendenze sono contenute, la tessitura è di medio impasto con buone dotazioni di sostanza organica, e la maturazione delle uve si completa intorno alla metà di ottobre e l’inizio di novembre. Nella Valle Centrale che abbraccia i comuni di Taurasi, Mirabella Eclano, Bonito, Fontanarosa, Luogosano e Sant’Angelo all’Esca l’altitudine media è compresa tra i 400 e i 450 metri, le pendenze sono leggere e gli appezzamenti pianeggianti, i terreni sono ricchi di argilla e sostanza organica, calcarei, con strati superficiali sciolti e presenza di ceneri nere vulcaniche, la maturazione delle uve avviene tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre. Nel Versante Ovest che comprende i comuni di Lapio, Montefalcione, Montemiletto, San Mango sul Calore, l’altitudine media è di 400 metri, le pendenze sono sostenute, i terreni sono classici argillosi e la maturazione delle uve si completa intorno alla metà di ottobre e l’inizio di novembre. Infine il versante Sud Est che comprende i comuni di Montemarano, Paternopoli, Castelfranci e Castelvetere l’altitudine media è tra i 500 e i 650 metri, la piovosità è maggiore, le escursioni termiche sono molto più marcate e le temperature più basse, i terreni sono argilloso calcarei e la maturazione delle uve avviene più lentamente, normalmente entro il mese di novembre.  width=

Storia e viticoltura

Sono diverse le testimonianze che raccontano lo stretto legame tra l’areale taurasino e la viticoltura. La prima risale a più di 2000 anni fa e colloca la diffusione della vite intorno al 42 a.C., quando, dopo la battaglia di Filippi, il territorio venne assegnato ai veterani romani diventando colonia militare, la famosa Taurasia dalle “vigne optime”, fornitrice di ottimo vino per l’Impero, come la definì Tito Livio nel suo “Ab urbe Condita”. Da quel momento il legame tra uomo e vite diventerà parte integrante dell’evoluzione socio economica dei luoghi, riuscendo a sopravvivere all’avvicendarsi di popoli e civiltà che attraverseranno la storia di Taurasi, dai Longobardi, ai Saraceni, per arrivare ai Normanni. Nel XIX secolo l’attività vitivinicola dell’intera provincia e dell’area del Taurasi rappresenta l’asse portante dell’economia agricola, tanto da promuovere la costruzione della prima strada ferrata dell’Irpinia, non a caso indicata come “ferrovia del vino”, che collegava i centri di produzione delle Colline del Sabato e del Calore direttamente con i maggiori mercati italiani ed europei. Ed è proprio in questa fase storica che il Taurasi ha l’opportunità di avere la sua ribalta e di emergere: siamo negli anni 20-30, quando la diffusione della fillossera aveva decimato i vigneti europei e del resto d’Italia, mentre in Irpinia se ne ritardavano gli effetti grazie alla natura vulcanica e sabbiosa dei suoli. La produzione impennò per rispondere alla crescita della domanda del mercato nazionale ed internazionale. Dalla ferrovia del vino partivano interi vagoni in soccorso dei distretti toscani, piemontesi e francesi, fino a quando, in corrispondenza della seconda guerra mondiale e del dopoguerra, il parassita ebbe la meglio e la viticoltura entrò in crisi. Nel 1958 in piena ricostruzione dei vigneti, l’Aglianico si trova a competere con nuovi vitigni che vengono impiantati su innesto americano, ma l’Irpinia crede nel suo vitigno principe grazie alla caparbietà di alcuni produttori storici come Mastroberardino, cui i contadini continuarono anche in tempo di piena crisi a conferire le proprie uve, e al lavoro dell’Istituto Tecnico Agrario fondato da Francesco De Santis nel 1878.
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Credits: https://mastroberardino.com/
Si garantì così la continuità di un patrimonio ampelografico inestimabile unitamente ad una crescita qualitativamente inarrestabile di una produzione, quella del Taurasi, la cui eccezionalità portò nel 1970 al riconoscimento della DOC fino ad arrivare nel 1993 alla istituzione della DOCG.
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Credits: https://mastroberardino.com/
 

Il Taurasi: una storia e un tesoro da valorizzare

Il Taurasi, il grande rosso del Sud che nasce sulle fredde colline irpine accarezzate spesso dalla nebbia, è un vino dalla struttura significativa, supportata dalla presenza di acidità che dona eleganza e longevità. Dal colore rosso rubino, tendente al granato con l'invecchiamento, caratterizzato al naso da note di viola, marasca, vaniglia e spezie che con l'affinamento assumono sfumature balsamiche, viene prodotto con una percentuale di Aglianico irpino variabile che non scende mai al di sotto dell’85% e per il restante 15% con altri vitigni a bacca rossa, non aromatici, idonei alla coltivazione nella provincia di Avellino. Nella maggioranza dei casi è realizzato in purezza. Per la versione “annata” il disciplinare di produzione prevede un minimo di affinamento di tre anni, di cui uno in botte, mentre per la “riserva” l’affinamento è di quattro anni, di cui 18 mesi in legno.  Tutte le operazioni di vinificazione, invecchiamento e imbottigliamento, vanno effettuate nella zona DOCG. A differenza di regioni vitivinicole dove la geografia dei luoghi ha assunto un ordine e una simmetria perfetta tanto da assurgere a bellezza paesaggistica e artistica al tempo stesso, nella DOCG del Taurasi le vigne si dislocano in un mosaico che conserva ancora un imprinting selvaggio, figlio della frammentazione della proprietà, piccoli appezzamenti differenziati per esposizione, altitudine, suolo, intervallati da boschi, rovi, noccioleti e vegetazioni di altro genere. L’eterogeneità delle coltivazioni si riflette anche nei sistemi di allevamento dell’Aglianico, che vanno dal moderno guyot alla tradizionale alberata taurasina e ai festoni, diffusi e tramandati di generazione in generazione, e sopravvissuti fino ai giorni nostri soprattutto nelle piccolissime realtà a conduzione familiare che si trovano a custodire così vigne storiche prefillossera dal valore ampelografico inestimabile. Una realtà quella della produzione irpina, del Taurasi in particolare, che resta assai articolata e complessa anche dal punto di vista imprenditoriale, mettendo insieme ai due estremi aziende che sfornano diversi milioni di bottiglie e artigiani del vino che vinificano solo una minima parte, realizzando produzioni fortemente identitarie dove l’impiego delle tecniche moderne viene bilanciato dallo stretto legame con la tradizione. Nel mezzo tante piccole realtà nate per lo più negli ultimi 15-20 anni da decine di migliaia di bottiglie. Una condizione che se nel tempo ha fatto crescere la qualità e la consapevolezza non si è però tradotta in quell’esplosione in termini di riconoscibilità e attrattività. Manca ancora la piena realizzazione di una “terra del Taurasi”, che diventi riconoscibile come la nuova Borgogna, le nuove Langhe, dove l’enoturismo fa sistema e crea valore da proiettare sui mercati. Una prospettiva che darebbe ancora più slancio e lustro ad un gioiello che ha segnato la storia di queste terre ma che a ben vedere ha ancora ampi margini di valorizzazione.  width=
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