I segreti del successo dei vini etnei. Il punto di vista del Consorzio di Tutela Vini Etna Doc
Piccola ma al tempo stesso plurale la Doc Etna esprime una grande ricchezza in termini di biodiversità, una realtà enologica affascinante, sempre più riconosciuta ed apprezzata a livello nazionale ed internazionale anche grazie al lavoro del Consorzio di Tutela che, attraverso le parole di Valeria Lopis, racconta i segreti del successo di un territorio unico, dove il viticoltore ha saputo declinare nel calice la magia del suo rapporto con una presenza importante, quella del Vulcano.
La Doc Etna, nata nel 1968, tra le prime in Italia e la più antica delle siciliane, vive una fase di forte crescita ed espansione, confermata dai numeri e dalle tendenze: 4 milioni e mezzo di bottiglie prodotte nel 2021 ed un incremento del 30% registrato nel primo semestre del 2022, una significativa presenza sui mercati internazionali, in particolare Stati Uniti, Germania, Svizzera, Canada e Gran Bretagna, cui è destinato il 40% della produzione.
Piccola ma al tempo stesso plurale, la denominazione etnea, che conta 383 produttori e 1184 ettari vitati, esprime una grande ricchezza in termini di biodiversità a partire dai suoli, passando per altitudini, esposizioni e microclimi.
Un patrimonio eterogeneo che ha richiesto un minuzioso lavoro di mappatura, appena concluso ad opera del Consorzio di Tutela dei Vini Etna Doc, per identificare i confini delle 133 contrade presenti nel disciplinare di produzione, distribuite tra i 20 comuni su cui insiste l’area vitivinicola presente ai piedi del vulcano, da Nord a Sud.
Ultimo degli innumerevoli impegni, quello della creazione della Mappa delle Contrade dell’Etna, di uno dei Consorzi di tutela più attivi nel Belpaese, che ha saputo spingere e sostenere il lavoro dei viticoltori partendo dalla consapevolezza dell’unicità del fattore ambientale e di quello umano.
Ne abbiamo parlato con Valeria Lopis, Giornalista e Sommelier che collabora attivamente alla Comunicazione del Consorzio per la Tutela dei vini Etna Doc, incontrata in veste di rappresentante dell’areale etneo in occasione di Eruzioni del Gusto, la manifestazione dedicata ai vini vulcanici d’Italia che si è tenuta a Portici.
Valeria qual è il segreto alla base del crescente apprezzamento dei vini etnei e della riconoscibilità dell’Etna Doc a livello nazionale ed internazionale?
Per quanto si parli di una realtà di nicchia, molto piccola se la si guarda leggendo tutta quella che è la Sicilia, sicuramente l’Etna Doc rappresenta un coacervo di grande valore che è innanzi tutto valore delle persone. 383 produttori sono un patrimonio umano immenso, con dietro una filiera di azioni, conoscenze e tradizioni fortissima.
Negli anni, grazie a tutte le competenze che si sono unite all’interno del vigneto, tra agronomi, enologi, produttori lungimiranti che si sono confrontati tra loro nell’areale ma sono andati anche in giro per il mondo per confrontarsi con altri produttori, si è creata una sinergia incredibile ispirata dalla tendenza a voler dare e fare sempre il massimo.
Nessuno arriva sull’Etna a improvvisare, siamo tutti molto rigidi con noi stessi, vogliamo il massimo dal nostro territorio e vogliamo interpretarlo al meglio. Credo che in questi ultimi anni come Consorzio siamo riusciti a mettere in luce l’aspetto umano, personale, la sfida che i produttori hanno messo in campo, anche rispetto al Vulcano con cui c’è una grande interazione.
E se è un bel momento, stiamo crescendo, c’è tanta consapevolezza, è anche grazie a quello che qualcuno ha chiamato l’”inconscio dell’Etna”, questa forza mistica che attrae i produttori che vogliono veramente misurarsi con sé stessi e con il mondo del vino. C’è veramente da scoprire tanto ogni giorno anche per noi, è molto bello dialogare con il Vulcano.
Come cambia la produzione, anche in termini di percezione nel calice, quando ci si trova di fronte ad un territorio vulcanico e quale valore aggiunto offre questa condizione?
Interagiamo con un territorio dove l’imprevisto della cenere, della colata lavica non è fatto eccezionale, distante dalla realtà, ma rappresenta il quotidiano, una condizione a volte anche difficile da gestire.
La magia sta nel fatto che questa interazione si incardina con il ciclo vitale della vite, con tutto ciò che può conseguirne, anche nel calice, che, quando si parla di Etna Doc, accoglie vini freschi, puliti, eleganti ma allo stesso tempo molto complessi.
Siamo fortunati perché siamo in una zona in cui il clima è veramente mite, ventilato, e richiede interventi minimi. Quando la vite offre un’uva già sana di suo, riesci a fare un gran vino anche grazie alla spinta della natura.
E poi c’è la tradizione, qui si fa il vino da sempre, sin dal tempo degli antichi greci e romani, lo si è fatto anche subito dopo i terremoti perché ogni ricostruzione ha sempre riguardato il recupero della vite, la pianta più resistente in assoluto in grado di sostenere le ricostruzioni dovute alle colate laviche, cosa difficile da integrare all’interno di una coltivazione.
Oggi il turismo sta cambiando e la ricchezza enogastronomica della Sicilia potrebbe essere un ulteriore valore aggiunto per potenziare la sua offerta. Cosa si sta facendo in questa direzione, quali iniziative ha portato avanti il Consorzio di Tutela dei Vini Etna Doc per sfruttare questa leva importantissima?
Si sta lavorando molto sulla comunicazione. È chiaro che di base ci sono moltissime criticità, la viabilità, l’accessibilità per alcuni areali, e non mi riferisco solo a quello dell’Etna, il discorso vale per la stessa Sicilia continentale e quella occidentale, ancora più difficile da raggiungere ma non impossibile perché in realtà stiamo evolvendo, stiamo facendo rete.
Si stanno creando tanti dialoghi, sinergie, e poi si sta lavorando per rendere accessibili le informazioni, perché l’enoturista internazionale deve sapere che può venire sull’Etna come in altri areali a fare una esperienza completa, immersiva, in luoghi dove si stacca la spina e ci si riconnette con sé stessi. Tutto questo va raccontato, va spiegato, va programmata un’offerta.
Con la manifestazione “Etna Days – I Vini del Vulcano” che ha esordito lo scorso settembre, abbiamo riunito per quattro giorni giornalisti internazionali, le firme più importanti del mondo enologico, per far conoscere da vicino i nostri produttori. Hanno partecipato tutti attivamente, conoscevano già molto bene le referenze, questo fa capire che c’è un grande interesse e dobbiamo continuare a percorrere la strada della comunicazione, un grande impegno dal punto di vista economico organizzativo destinato però a diventare un appuntamento annuale, facendo ruotare le presenze in maniera tale da poter raggiungere tantissime persone che a loro volta dialogano con un pubblico locale, internazionale o globale.
Photo Credit: Consorzio di Tutela dei Vini Etna Doc
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