L’evoluzione della pizza di Marco Quintili: un impasto sempre più leggero
Il Maestro Pizzaiolo porta avanti da anni un lavoro di studio nella selezione delle materie prime e di digeribilità dell’impasto, sempre più scioglievole
Marco Quintili è da diversi anni, ormai, un nome piuttosto noto nel panorama della ristorazione romana. Il Maestro Pizzaiolo, campano di origine ma romano d’adozione, ha trovato nella Capitale il terreno fertile per la sua pizza, con ben tre locali all’attivo aperti in appena sei anni, a Furio Camillo, a Montagnola (aperta anche a pranzo) e il corner a Mercato Centrale (mentre la prima storica sede a Tor Bella Monaca è in fase di ristrutturazione totale degli spazi, e che comprenderà anche una cucina per la pizza senza glutine). A questi si aggiungono le pizzerie di Torino e nella sua Napoli, per un totale di cinque indirizzi. Un lavoro portato avanti con passione, attenzione e grande ricerca della materia prima, perché come afferma lo stesso Quintili “L’abc della pizza di qualità si vede dalla Margherita, quindi dalle basi: un buon impasto, il pomodoro pelato, il fiordilatte, l’olio Evo e il basilico”. Questa dedizione gli ha permesso di ottenere importanti riconoscimenti, come il 12° posto nella 50 Top Pizza nella categoria Catena artigianale al mondo, i due spicchi del Gambero Rosso e il recente titolo di Ambasciatore del gusto doc Italy.
Un impasto che racconta studio e ricerca
Negli anni Marco Quintili non ha mai smesso di lavorare al suo impasto, con l’obiettivo di renderlo sempre più leggero e digeribile. “Cerchiamo di abbassare in modo aggressivo la quantità di carboidrati che sono all’interno dell’impasto - racconta il Maestro Pizzaiolo -. Abbassiamo questa percentuale sia attraverso il peso del panetto, che oggi è di circa 230 grammi, inferiore rispetto alla media, sia attraverso l’idratazione che va mantenuta sempre piuttosto alta”. Un lavoro che non si ferma mai, quindi, e che passa anche attraverso la scelta del tipo di farina, quella del Molino Magri (provincia di Mantova), e che si traduce in un mix messo direttamente a punto da Marco Quintili stesso e commercializzato con il nome Doppiaesse, che sta a indicare la presenza del pregerminato di grano tenero per ottenere un prodotto molto digeribile. Il risultato finale è un impasto che non supera i 50 grammi di carboidrati che arriva a tavola al cliente in una pizza tecnicamente e squisitamente napoletana, dal cornicione pronunciato, che si fa apprezzare per scioglievolezza ed elasticità.
Apprezzati però sono anche i topping, rivisitati e talvolta proposti in chiave moderna ma mai estremizzati: “Nelle mie pizze voglio esaltare la cultura mediterranea, i sapori di una volta, educando il giovane che a quei sapori non è abituato e riportandoli invece alla mente degli adulti”. Grande attenzione, poi, all’equilibrio dei sapori, evitando acidità troppo spiccate.
Le pizze di Marco Quintili
Il menu delle pizze si divide in pizze classiche, pizze speciali e quattro pizze a ruota di carro, l’ultima tipologia a essere stata introdotta in carta. Una novità che permette a Marco Quintili di continuare a sperimentare dal punto di vista dell’impasto, partendo dallo stesso panetto di 230 grammi che steso raggiunge un diametro tra i 36 e i 40 cm, ma dopo la cottura si mantiene sottile e scioglievole, e che consente al cliente di provare gli antichi e autentici sapori della tradizione partenopea. Un esempio è la Mastunicola, la pizza più antica del mondo, a base di strutto, pecorino romano, pepe cuvée, basilico e olio Evo. Le altre tre attualmente in menu sono la Margherita, la Cosacca e la Provola e Pepe, con provola di Agerola e pepe della Tasmania.
La continua sperimentazione porta anche alla creazione di nuovi gusti, ed è così che tra le new entry in menu troviamo l’incontro dei sapori regionali. Calabria e Campania si fondono nella Cosacca Calabrese, con San Marzano, Piennolo giallo, Piennolo rosso, ’nduja, basilico e pecorino romano. Lazio e Campania, invece, si raccontano nella pizza Ariccia, con porchetta di Ariccia, melanzane a funghetto, papaccelle napoletane (un particolare tipo di peperone tipico delle zone vesuviane), crema di pecorino, pepe cuvé e grattata finale di parmigiano reggiano 120 mesi. Per chi ama i gusti netti e decisi, una delle ultime novità è la pizza con provola, pepe, arancia, prosciutto cotto Pata Negra, crema di pecorino e formaggio Beppino Occelli in foglia di castagna.
I fritti, tra frittatine e taco
Lo stesso lavoro di ricerca si trova ovviamente anche nei fritti, con una nutrita selezione di crocchette e frittatine, di cui Quintili ha da poco messo a punto la pastella, “ho tolto una piccola quantità di proteina che dà gommosità, aggiungendo una parte di fibra naturale”, per un risultato di maggiore friabilità e maggiore durata dell’impasto. Sia crocchette che frittatine sono proposte in versione classica che rivisitata, con ripieni che esaltano i sapori partenopei, laziali e mediterranei. Tra gli ultimi ingressi in carta c’è la Pat Hamburger, una crocchetta realizzata a mo di hamburger, quindi con una parte superiore e una inferiore e in mezzo le melanzane a funghetto, come facevano le mamme e le nonne con i panini casalinghi. Altro cavallo di battaglia il tacofritto, una montanara schiacciata e poi piegata, con all’interno Caciogrotta, porchetta, patate e infine una crema di pecorino. Ma ovviamente c’è spazio anche per pizza fritta e nuvole di pizza.
Un progetto che cresce
Il buon prodotto finale e l’attenzione per il servizio, che negli anni è diventata sempre più importante, hanno permesso al progetto iQuintili di crescere ed espandersi, ponendosi come riferimento a Roma, e non solo, per mangiare un’ottima pizza napoletana. A questo si aggiungono numeri degni nota, con una media di 300 pizze sfornate al giorno, trainate dalla sede di Montagnola, quartiere nella zona sud della Capitale, e circa 60 dipendenti dislocati nei vari indirizzi, ognuno dei quali ha un suo responsabile che supervisiona il lavoro. E per il futuro sono in arrivo nuovi progetti, con un’altra apertura al nord e un nuovo format inedito firmato Marco Quintili.
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