Nuovi trend del vino. Intervista ad Alessandro Rossi, National Category Manager Wine di Partesa

Abbiamo intervistato Alessandro Rossi, National Category Manger Wine di Partesa, per un focus sull’andamento del settore in particolare nel segmento Horeca. 

1 Dic 2023 - 14:28
Nuovi trend del vino. Intervista ad Alessandro Rossi, National Category Manager Wine di Partesa

Le aziende di distribuzione rappresentano un punto di osservazione importante per intercettare e interpretare i cambiamenti in atto nel mondo del vino. Abbiamo intervistato Alessandro Rossi, National Category Manger Wine di Partesa, per un focus sull’andamento del settore in particolare nel segmento Horeca. 

Quest’anno Partesa, leader in Italia nei servizi di vendita, distribuzione, consulenza per il canale Horeca, ha festeggiato i 25 anni del progetto “Partesa for Wine”. Se ti volti indietro a guardare da dove è partita l’azienda quali sono, secondo te, i tre più grandi cambiamenti che oggi la caratterizzano nel mondo vino rispetto al passato?
Per quanto riguarda Partesa e la sua evoluzione nel segmento vino ci sono stati tre passi importanti. Il primo è stato la creazione di un’offerta che arrivasse dalle esigenze del mercato, quindi costruita “su misura”. Il secondo momento importante è stato il rafforzamento del portfolio anche tramite partnership con le cantine per la distribuzione esclusiva dei loro vini. Il terzo passo, probabilmente quello più innovativo, riguarda gli aspetti della consulenza e della comunicazione: da un lato, l’inserimento della figura dei wine specialist in affiancamento a quella del venditore, per offrire ai gestori dei locali una consulenza tailor made specifica per il mondo vino, dall’altro la nascita del portale “Partesa for Wine” e di nuove modalità di comunicazione, come web TV e podcast, per promuovere la cultura e la conoscenza del mondo del vino non solo presso un pubblico di professionisti ma anche presso il fruitore finale. Per esempio, chi segue i social di Partesa sa che c’è l’opportunità di formarsi sul mondo del vino perché non è solo ed esclusivamente un canale dedicato alla vendita.
 
Come sta evolvendo e come stanno cambiando i vostri criteri di selezione delle aziende in questi ultimi anni?
Per spiegare la struttura che abbiamo ideato, faccio spesso un parallelo con il mondo del calcio dove viene creata una squadra il più affiatata possibile e dove ognuno ha il proprio ruolo, stessa cosa riguarda il management, il cui obiettivo è comprare giocatori talentuosi in un determinato ruolo perché in futuro possano esprimersi al meglio all’interno di un team. 
Quello che stiamo facendo oggi in Partesa è osservare come i nuovi wine lovers intendono il mondo del vino. Ci sono mercati che stanno evolvendo stilisticamente, condizione che va metabolizzata perché quello che sta cambiando oggi nello stile lo si percepirà tra tre o quattro anni. 
Il nostro obiettivo è anticipare i tempi andando a inserire nel nostro portfolio aziende che siano sì performanti, famose se vogliamo, che abbiano degli ottimi rating delle guide piuttosto che visibilità sulle testate giornalistiche, ma soprattutto che siano “propedeutiche” per il futuro. 
Quello che conta è capire come sarà il consumatore tra 3 o 4 anni per non trovarsi spiazzati nel momento in cui il cambio c’è stato, perché il rischio sarebbe quello di avere in portfolio vini che non sono più moderni, contemporanei. 
Quindi da un lato c’è un impegno importante che ci porta o a spronare le aziende che sono all’interno della nostra rete a metabolizzare questi cambiamenti dei consumatori, dall’altro una costante ricerca di opportunità di nuove realtà che siano in grado di interpretarli in anticipo.

Qual’è la posizione di Partesa sul fenomeno dei vini dealcolati?
Come dicevo, Partesa guarda costantemente al mercato per cogliere e rispondere con anticipo ai trend del futuro. E quello dei vini no/low alcool può, in prospettiva, rappresentare una opportunità commerciale e di consumo che risponde a una precisa richiesta di quel segmento di persone che vorrebbero bere ma non possono, per motivi di salute, religiosi o di altro genere. Tecnicamente il nodo da sciogliere è se si possa parlare o meno di vino, commercialmente il discorso è diverso. Non siamo mai contro nulla, nel momento in cui questo fenomeno dovesse rientrare nel mondo vino l’importante è che venga contestualizzato in base a delle richieste del mercato.

Le aziende di distribuzione sono un hub di connessione tra aziende produttrici e consumatori e godono di una posizione privilegiata nell’intercettare e interpretare i cambiamenti in atto sul mercato. Quali sono, secondo te, i principali trend che trainano oggi il mondo del vino a livello nazionale ed internazionale?
25 anni fa il 70% dei vini consumati erano rossi, oggi il 75% sono bollicine e vini bianchi. Questo anche in virtù delle nuove abitudini alimentari, basti pensare che, anche se andiamo, ad esempio, nel rifugio più elevato dell’Alto Adige, troviamo facilmente piatti di pesce e verdure. 
Il fenomeno trainante di questa rivoluzione è stato il mondo sparkling, ancora oggi sulla cresta dell’onda ma probabilmente destinato a ridimensionarsi, perché parliamo di un segmento di prezzo superiore che si scontra con le difficoltà economiche di questo periodo segnato da un’importante inflazione. Motivo per il quale riteniamo che nel prossimo futuro sarà il mondo dei vini bianchi ad avere una crescita significativa. E cambierà moltissimo il loro approccio: saranno molto più stilosi, verticali, con acidità e sapidità maggiori e ph bassi, utilizzo minimo di legno e una bevibilità incredibile. 
I vini estremi, andando oltre i PIWI, ma considerando quelli che arrivano da aree geografiche dalla viticoltura eroica come l’isola di Ischia, la costiera amalfitana o le vette estreme Alto Atesine, zone considerate inusuali per la coltivazione dell’uva, in sostanza vini in passato considerati buoni ma non performanti, troveranno finalmente una loro degna collocazione. 
Insomma: il futuro passerà dal restiling del concetto tecnico della costruzione dei vini bianchi che ci aspettiamo andranno ad erodere quote di mercato anche alle bollicine. 

Veniamo ai prodotti e al gradimento del mercato, indicami secondo la tua visione due vitigni italiani che potrebbero avere un exploit nei prossimi mesi
Tra i bianchi il Fiano, che credo sia il più grande vino in Italia destinato all’invecchiamento. È vero che abbiamo già Vermentino, Garganega e Verdicchio che sono comunque incredibili, ma il Fiano può conquistare la ribalta.
Tra i rossi, mentre il Sangiovese soprattutto nella zona di Montalcino e tutto ciò che riguarda Nebbiolo Barbaresco e Barolo hanno trovato la loro declinazione perfetta, un vino per il futuro potrebbe essere l’Aglianico. A meno che alcune denominazioni, come ad esempio il Taurasi, guardino nella giusta direzione e riescano ad uscire da una fase di stallo per non dire di crisi.

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