Sostenibilità e viticoltura rigenerativa: la svolta dell’approccio olistico in vigna
Sono sempre più numerose le realtà vitivinicole che stanno adottando la viticoltura rigenerativa rinunciando alla chimica
La viticoltura degli ultimi decenni con le sue tecniche e il suo approccio alla terra e all’ambiente ha contribuito insieme alle altre pratiche agricole intensive di stampo industriale a provocare gravi danni agli ecosistemi andando ad intaccarne la biodiversità, condizione che oggi impone la necessità di elaborare un nuovo modello di produzione che possa interrompere questo effetto domino negativo.
Non solo è urgente cambiare alcune parti del sistema ma è fondamentale introdurre principi discontinui rispetto al passato per dare nuova linfa a suoli compromessi, restituendo loro la capacità di generare alimenti sani e ricchi di elementi nutritivi.
In questa direzione si muove la “viticoltura rigenerativa” che si sta sempre più diffondendo nel mondo anche in grandi realtà come Moët Hennessy da un lato per recuperare e rivitalizzare i terreni impoveriti dall’altro per contribuire alla lotta contro gli effetti del cambiamento climatico, in particolare il surriscaldamento globale.
Utilizzata per la prima volta nel 1979 dai ricercatori Gabel e Ho-Ping, l’espressione “agricoltura rigenerativa” voleva indicare la svolta che avrebbe abbracciato diverse regioni a livello internazionale, frutto anche di sperimentazioni portate avanti negli stessi anni da ricercatori come Robert Rodale, fondatore del Rodale Institute.
Praticabile con qualsiasi regime agricolo per migliorare la vita microbica del sottosuolo e la salute delle radici, la più grande peculiarità della viticoltura rigenerativa rispetto a quella convenzionale è la capacità di catturare carbonio e trattenerlo nel terreno semplicemente modificando le pratiche di gestione del suolo. Come? In primis non dissodando, una scelta che evita da un lato di esporre il carbonio alla luce UV, forza ossidante che lo libererebbe, dall’altro di distruggere gran parte della materia organica, quel microbioma del suolo che aiuta a combattere malattie e parassiti.
Il messaggio è quello di non lavorare il terreno lasciando intatti i primi 20-30 centimetri mantenendo l’equilibrio tra funghi micorrizici e piante, favorendo l’incremento della materia organica in grado a sua volta di catturare molto carbonio nel suolo. L’ambiente sotterraneo ricco di vita e radici che ne deriva può contribuire anche a combattere il dissesto idrogeologico garantendo che il suolo non venga eroso da forti piogge o spazzato via durante i periodi secchi e ventosi e consentendo nelle aree più siccitose di aumentare la capacità di trattenere l’umidità.
Per rimuovere le piante infestanti e concorrenti rispetto alle viti in assenza di lavorazioni del terreno la viticoltura rigenerativa prevede diverse soluzioni, dall’impiego di macchinari per la falciatura agli animali da pascolo, in particolare le pecore, ma c’è chi ha iniziato ad impiegare le anatre che mangiano erbe ed insetti.
Insomma alla base della viticoltura rigenerativa c’è una inversione di paradigma, l’adesione ad un approccio olistico, all’idea di considerare il vigneto come parte di un organismo agricolo completo, complesso, vivo di cui è importante preservare l’equilibrio, l’idea di restituire la terra alla sua piena vitalità ed efficienza perché possa essere culla per piante sane e resistenti, risultato ottenuto agendo su minerali e sostanza organica, combinando pratiche agricole biologiche per la nutrizione delle piante e la difesa delle colture, bandendo gli interventi di tipo convenzionale come l’impiego di fertilizzanti sintetici che al contrario incoraggiano le erbe infestanti mentre distruggono la vita del suolo.
Un approccio e una visione che nella pratica si può sintetizzare nell’applicazione di sette principali passaggi: riduzione delle lavorazioni del terreno fino alla semina diretta sul terreno sodo, ampie rotazioni, colture di copertura (cioè piante da inserire tra una coltura principale e l’altra, nel caso della viticoltura tra i filari) per non lasciare nudo il terreno, utilizzo di biostimolanti, allevamento estensivo con pascolo rotazionale, riduzione dell’impiego di prodotti di sintesi.
Le tecniche di viticoltura rigenerativa richiedono sicuramente tempo per essere comprese ed attrezzature costose per l’implementazione ma in prospettiva investendo tempo e denaro si potrà ottenere un impatto positivo in termini di sostenibilità ambientale producendo uve più sane ed allevando viti più forti.
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