Perché la Campania del vino dovrebbe scommettere su una DOC regionale

Diffusi i risultati, in alcuni casi inaspettati, di una indagine condotta da Nomisma – Wine Monitor sul posizionamento competitivo e la notorietà delle produzioni enoiche campane

25 Lug 2023 - 11:02
Perché la Campania del vino dovrebbe scommettere su una DOC regionale

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Parlare di Campania del vino oggi significa far riferimento ad una regione che nonostante l’antichissima tradizione enoica e l’ampia base ampelografica, con vitigni autoctoni noti fin dall’epoca dei greci e dei romani, dal Greco di Tufo, al Taurasi, all’Aglianico del Taburno e alla Falanghina, fa fatica a godere di una riconoscibilità sul mercato in linea con le sue grandi potenzialità. Le produzioni che si intrecciano al vissuto storico e al tessuto antropologico e culturale dei luoghi e, neanche a dirlo, alle tipicità gastronomiche che fanno della varietà il loro punto di forza, rappresentano un segmento fondamentale per l’economia della Campania ma inaspettatamente non sono così radicate nella memoria e nella consapevolezza dei consumatori.

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È quanto emerso da un’indagine condotta da Nomisma – Wine Monitor sul posizionamento competitivo e la notorietà delle produzioni della regione, un approfondimento che ha aperto un dibattito sulle opportunità e le soluzioni da adottare per supportare un tessuto imprenditoriale vitivinicolo che ha tutti i numeri per crescere, partendo proprio dal percepito. Lo studio, commissionato dalle istituzioni regionali, ha analizzato le performance di mercato e il ruolo dei vini campani nel sistema vitivinicolo nazionale, il posizionamento dei vini DOP e IGP nel canale GDO Italia, con un focus sulla gamma dei vini offerti nei principali siti di E-commerce italiani e una valutazione della conoscenza, percezione e notorietà di tali denominazioni per il consumatore italiano e i buyer della GDO, con conseguente elaborazione di una mappa valoriale riconducibile al brand Campania.

Le performance di mercato

Secondo i dati emersi dalla ricerca con le sue 19 DOC (15 DOC e 4 DOCG) e 10 IGP la Campania vanterebbe una produzione di 535.560 ettolitri di vino nel 2022, con una prevalenza dei bianchi (60%) rispetto ai rossi e rosati (40%), rappresentando 1% della base nazionale, e l’1% dell’export italiano, con destinazioni principali rappresentate dagli Stati Uniti (32,2%), seguiti da Giappone (7,9%) Germania (7,4%) e Svizzera (4,6%). Il giro d’affari per il 2022 si attesterebbe sui 44,7 milioni di euro per 10,5 milioni di bottiglie prodotte; Falanghina del Sannio DOC, Greco di Tufo DOCG, Fiano di Avellino DOCG sarebbero le prime tre denominazioni in termini di volumi, con un peso del vino campano nella Grande Distribuzione Organizzata sul totale del vino italiano del 2,4%. Nel segmento E-Commerce, considerando le tre principali piattaforme (Callmewine, Tannico e Vino.com), ad essere sul podio dell’offerta di DOP e IGP campane ci sarebbero nell’ordine Fiano di Avellino DOCG, Greco di Tufo DOCG e Irpinia DOC.
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Il posizionamento nella percezione dei consumatori

Per verificare il posizionamento della Campania tra le regioni che producono Food & Wine di maggiore qualità, individuare i fattori chiave di acquisto dei vini campani tra chi li ha consumati nell’ultimo anno e i valori da considerarsi più significativi nel crearne l’immagine di marca e il posizionamento, a marzo 2023 Wine Monitor ha effettuato una consumer survey coinvolgendo 1500 consumatori di vino rappresentativi della popolazione italiana di età compresa tra i 18 e i 65 anni, di cui 300 residenti in Campania. Dall’elaborazione delle risposte ai questionari è emerso che negli ultimi 12 mesi il 61% dei consumatori non avrebbe bevuto nemmeno un vino campano, la prima motivazione sarebbe “perché non li conosce” (54% delle scelte a risposta singola e 70% a risposta multipla) la seconda “forse li ho bevuti ma non sapevo che fossero campani (14% delle scelte a risposta singola e 26% a risposta multipla) e la terza “preferisco bere vini di altra origine” (14% delle scelte a risposta singola e il 23% a risposta multipla). Le denominazioni delle quali i consumatori sembrerebbero avere più memoria sarebbero il Greco di Tufo e la Falanghina del Sannio anche se il 54% avrebbe dichiarato di non conoscere/ricordare le denominazioni campane DOC/DOCG.

Il posizionamento in GDO e la mappa valoriale

I vini campani sarebbero acquistati dagli italiani prevalentemente presso ipermercati/supermercati (54%), per il 20% in enoteca e il 12% al ristorante mentre l’occasione di consumo principale sarebbe a cena/pranzo con parenti e amici (47% risposta singola 64% risposta multipla). In GDO la quota a scaffale dedicata ai vini campani sarebbe però ancora molto ridotta, con pochi investimenti sulle denominazioni da parte dei Buyer e a ciò si aggiungerebbe la scarsa conoscenza delle piccole denominazioni e la loro scarsa riconoscibilità. Eppure le produzioni in questione sono di elevata qualità, con un’offerta ampia per tipologia e varietà e anche abbinabili a prodotti enogastronomici di eccellenza. Emerge dunque dall’indagine la necessità di stimolare la volontà delle catene distributive di investire anche sulle produzioni campane considerata anche l’attenzione dei consumatori rispetto alla storia che c’è dietro alle piccole denominazioni e alla peculiarità territoriali. Dall’intervista emergerebbe anche che il 71% degli italiani concorderebbe sul fatto che i vini campani sarebbero molto più riconoscibili se venisse creato un brand “Campania DOC” per identificare il vino campano di qualità, per il 67% sarebbe un’ottima soluzione per valorizzare i vini campani in Italia e nel Mondo e per il 65% ne gioverebbero in conoscenza e vendita anche le denominazioni campane meno note aiutando a promuovere e preservare le varietà di uve autoctone della regione. I valori associabili ai vini campani vengono individuati prevalentemente in “territorio, tradizione e italianità” e l’opinione diffusa è che la comunicazione dei vini campani dovrebbe puntare sull’abbinamento con i prodotti DOP del territorio tra i quali, in termini di notorietà spiccano mozzarella di bufala, caciocavallo silano e pomodoro San Marzano.

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Perché una DOC Regionale

La Doc regionale Campania rappresenterebbe dunque una opportunità per fare massa critica, conquistare una visibilità oggi evidentemente ancora mancata su mercati internazionali altamente competitivi, magari associando vino a cibo e turismo come elementi di traino, facendo leva sui legami tra vitigni e territorio dal momento che è emerso come il binomio incida positivamente sul valore percepito dai consumatori. Un percorso di posizionamento che potrebbe accelerare trasformando l’attuale Igt Campania in una Doc di valore, possibilità alla quale le istituzioni regionali stanno già lavorando, coinvolgendo le personalità di spicco dell’imprenditoria vitivinicola locale, consapevoli della necessità di razionalizzazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine e dell’importanza che avrebbe una denominazione unica a rafforzamento del brand Campania.

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