Il Friuli Venezia Giulia terra di confine, crocevia di culture e colture, vocata alla produzione vitivinicola
Il Friuli Venezia Giulia è un territorio di confine, storicamente crocevia di culture ma anche di colture, in particolare quella della vite che ha trovato nel corso dei secoli ampio spazio per la sua diffusione grazie ad una estrema variabilità orografica e climatica e ad una serie di fattori che connotano questa terra come vocata alla produzione di grandi vini.
[mp3j track="LINK" Title="Ascolta la notizia in formato audio"]
Nel cuore dell’Europa, a nord est della penisola italiana, tra le Alpi e il Mar Adriatico, si sviluppa una regione caratterizzata da una estrema variabilità orografica e climatica che nel corso dei secoli ne ha favorito una straordinaria evoluzione ampelografica, manifestandone la vocazione alla produzione di grandi vini.
Terra di confine con Austria e Slovenia, che per la sua posizione geografica è stata oggetto di contese, protagoniste delle sue vicende storiche fin dalle epoche più antiche, il Friuli Venezia Giulia rappresenta un coacervo di ricchezze enologiche sedimentate nel tempo.
Le numerose varietà presenti nei suoi areali devono la diffusione ai popoli che si sono avvicendati nella sua conquista, dai romani, ai bizantini, agli asburgici, tutti impegnati nel dare ampio spazio alla pratica della viticoltura e nel mettere il vino al centro non solo delle loro tavole ma anche dell’economia, rendendolo un bene prezioso e strategico da un punto di vista commerciale.
Un approccio che ha portato questi luoghi ad essere crocevia di culture e di colture, con l’introduzione nel XIX secolo di vitigni internazionali che ancora oggi restano i più coltivati, nonostante la focalizzazione dei produttori sia tornata sugli autoctoni, più rappresentativi del territorio e della sua identità e in grado di esprimere l’unicità delle micro zone che lo compongono, ciascuna con le sue connotazioni pedoclimatiche e ambientali.
Origini e storia della viticoltura
L’origine della viticoltura risale a più di 2000 anni fa, quando i Romani, nel 180 a.C. si insediarono con la loro prima colonia ad Aquileia introducendo varietà di Vitis vinifera. Un secolo dopo, nel 53 a.C., Giulio Cesare fondò Forum Julii, l’odierna Cividale, e i suoi legionari, trasformatisi in coloni, ne favorirono la diffusione anche nell’area ad Est dei Colli Orientali. Nei secoli a venire ci fu una notevole espansione delle pratiche enologiche che ebbero una battuta d’arresto in epoca medioevale, soprattutto a causa delle vicende politiche di questa terra di confine troppo spesso luogo di conflitti. Ma anche nei periodi più critici il vino friulano continuava ad essere prodotto e trasportato nei paesi del nord Europa. Nei primi secoli del secondo millennio furono i monaci benedettini a ridare slancio alla viticoltura che era stata oggetto di devastazione da parte dei barbari. I monasteri rappresentavano delle fortezze anche per la difesa delle colture specializzate che ritrovarono spazio e tutela nell’economia del territorio. La coltivazione della vite e la produzione di vino, fonte di ricchezza, continuò a crescere prima sotto la dominazione della Repubblica di Venezia, che divenne tutrice e promotrice del commercio dei vini friulani in tutta Europa, poi della dinastia degli Asburgo, fino al XIX secolo, periodo in cui iniziarono a diffondersi i vitigni internazionali. Sul finire dell’800 fecero la loro comparsa oidio e peronospora, attaccando e distruggendo foglie e grappoli nelle vigne, e ad esse si aggiunse presto la fillossera, che causò la scomparsa delle varietà più sensibili. Le criticità si acuirono con le due guerre mondiali, con il Friuli e il Collio teatro di molte battaglie che devastarono i vigneti. I contadini si rimboccano le maniche e intorno alla metà degli anni '60 si poteva affermare che la regione aveva il più giovane vigneto d'Italia. Si lavorò alla classificazione delle varietà ammesse alla coltivazione, furono introdotte norme per la commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite, e da quegli sforzi si ottenne un potenziamento del settore vitivinicolo, che oggi, a distanza di qualche decennio, dà i suoi frutti. I vini friulani sono stati messi nella condizione di essere competitivi rispetto a quelli nazionali ed internazionali, posizionandosi nel mercato dell'alta qualità.Le zone di produzione e le caratteristiche pedoclimatiche
La complessità pedoclimatica della regione consente di suddividerla in quattro principali zone di produzione vitivinicola, ciascuna caratterizzata da specifiche peculiarità. A Sud la Pianura Friulana, con i suoi terreni sabbiosi argillosi e ricchi di minerali, dalla tessitura che consente un rapido drenaggio delle acque piovane, gode di un clima mitigato dalle correnti di aria calda provenienti dal mare Adriatico, ed è nota per la produzione di vini bianchi, prevalentemente Chardonnay, Sauvignon, Moscato Giallo e Malvasia. A Nord delle province di Udine e Pordenone, il Grave del Friuli, con la sua varietà climatica e morfologica, è caratterizzato da suoli di origine alluvionale, prevalentemente sassosi o ghiaiosi, territorio protetto dalle catene montuose che fungono da riparo dai venti freddi e lambito dalle correnti provenienti dal mar Adriatico che creano un ambiente favorevole alla coltivazione della vite. Le “grave” sono i ciottoli di forma tondeggiante formatisi per effetto della millenaria azione erosiva delle acque dei fiumi che attraversano queste terre fino ad arrivare al mare dopo aver depositato lungo le pianure il materiale calcareo-dolomitico tirato giù dalle montagne. La loro presenza ai piedi delle viti permette durante il giorno l'accumulo del calore e il successivo rilascio durante la notte, fattore che influenza l’escursione termica soprattutto sul finire dell’estate, quando l’uva raggiunge il massimo grado di maturazione. Le Grave del Friuli sono, quindi, un territorio in cui la vite ha trovato un luogo ideale per crescere dando origine a vini di alta qualità. Al confine con la Slovenia, nella parte centro orientale del comune di Udine, i Colli Friulani Orientali vantano terreni la cui composizione è caratterizzata dall’alternanza di strati di argilla calcarea e sabbia calcificata. Le condizioni pedoclimatiche ottimali hanno permesso la coltivazione sia di vitigni autoctoni, sia di varietà internazionali che si sono ben adattate. La produzione, rigorosamente contenuta in termini quantitativi, si caratterizza per la manualità delle vendemmie e per l’uso discreto delle più moderne tecniche enologiche. I vitigni autoctoni coltivati tra i 100 e i 400 metri sul livello del mare sono la Malvasia, il Picolit, il Pignolo, il Refosco dal peduncolo rosso, la Ribolla gialla, lo Schioppettino, il Tazzelenghe, il Tocai friulano e il Verduzzo friulano. Il Carso Triestino, terra impervia e selvaggia che si sviluppa a est e sud est della città di Trieste, composto di rocce calcaree permeabili, dove l'acqua penetra formando grotte e doline, accoglie microclimi diversi, dal mediterraneo al continentale, ed è caratterizzato da inverni rigidi ed estati calde, con la bora che soffia con violenza e rende difficile ogni pratica agricola, viticoltura in testa. Sono tre i vitigni carsici per eccellenza: il Terrano vitigno a bacca rossa della famiglia dei Refoschi, la Malvasia Istriana e la Vitovska, vitigno a bacca bianca nato da un incrocio spontaneo tra la Malvasia e la Glera. I vini prodotti in questa zona mutuano l’acidità dalla montagna, la sapidità dal mare e la mineralità dalla pietra e rientrano nella grande famiglia dei vini naturali: rame e zolfo in vigna, in cantina fermentazioni spontanee, scarso uso dei solfiti, chiarifiche e filtrazioni al bando.La Ribolla Gialla
Vitigno principe del Friuli Venezia Giulia, la Ribolla Gialla è un autoctono le cui origini risalgono ad oltre settecento anni fa, la sua presenza sul territorio è infatti documentata per la prima volta nel 1299. Il suo nome ha origini slovene, deriverebbe da “Rébula”, poi divenuto “Ribuele” in dialetto friulano, e porta con sé la storia di un vino che grazie alla massiccia quantità di acido malico un tempo ribolliva nei tini, cosa che oggi non accade più grazie alla conservazione a temperature controllate. Vitigno robusto, che predilige la collina, i terreni argillosi e minerali, il clima temperato e ventilato e le escursioni termiche tra giorno e notte, è caratterizzato da un germogliamento e una maturazione lenti. La vendemmia, che ha luogo a fine settembre, è infatti tardiva, favorendo lo sviluppo di profumi e aromi. Dalle uve di Ribolla Gialla può essere prodotto un vino bianco giovane, fresco, elegante ed equilibrato, piacevolmente acido, delicato al naso e al palato, oppure si può dar vita agli Orange wine, sicuramente più impegnativi e profondi, frutto della macerazione sulle bucce e dell’affinamento in botte secondo le tecniche della “scuola di Oslavia”. Tendenza cresciuta negli ultimi anni è invece una versione spumantizzata, dal perlage finissimo e dal considerevole potenziale di invecchiamento. Ovviamente il vino bianco raffinato dal colore paglierino che conosciamo oggi è frutto di una lunga evoluzione: un tempo, quando veniva prodotto nelle campagne, il Ribolla Gialla era torbido, dal colore quasi ramato e non veniva vinificato in purezza, ma unitamente al Tocai (oggi Friulano) o alla Malvasia istriana. Sono due le località che oggi possono essere considerate come rappresentative di questo vino: Rosazzo, in provincia di Udine, identificata come culla della Ribolla Gialla, e Oslavia, a Gorizia, patria degli Orange wine.
Compila il mio modulo online.