Vendemmia, cambiamento climatico e sfide future del mondo vitivinicolo. Intervista al Presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella
Una vendemmia sempre più condizionata dagli effetti del cambiamento climatico crea tensioni crescenti per i viticoltori, mettendo sempre più a rischio quantità e qualità delle produzioni. Ne abbiamo parlato con il Presidente di Assoenolgi, Riccardo Cotarella, al quale abbiamo chiesto in che modo la figura dell’enologo può contribuire non solo a fronteggiare le crisi che il mondo enoico si trova sempre più frequentemente ad attraversare ma anche a costruire un approccio sostenibile alla viticoltura.
Una vendemmia sempre più condizionata dagli effetti del cambiamento climatico crea tensioni crescenti per i viticoltori, mettendo sempre più a rischio quantità e qualità delle produzioni. Ne abbiamo parlato con il Presidente di Assoenolgi, Riccardo Cotarella.
Presidente Cotarella quest’anno il dramma della siccità ha fatto tremare i polsi ai viticoltori di tutta Europa, e l’Italia non ha fatto eccezione. Cosa dobbiamo aspettarci dalla vendemmia in corso nel Belpaese in termini di quantità e qualità delle uve?
È stata senza dubbio dal punto di vista climatico una stagione molto particolare, contraddistinta dal caldo record abbinato ad una siccità estremamente prolungata, con assenza di piogge sia nella prima parte dell’anno sino a tutto il mese di luglio. Fare un discorso generale, in termini di quantità e qualità delle uve, per tutto il Paese sarebbe un errore perché le condizioni sono estremamente differenti già a distanza di pochi chilometri. Laddove nel mese di agosto si sono registrate piogge intelligenti e non le bombe d’acqua o di grandine, laddove le aziende hanno fatto ricorso al contributo professionale scientifico degli enologi, oggi si stanno raccogliendo uve di alta-altissima qualità. In mancanza delle suddette condizioni i risultati saranno buoni ma meno soddisfacenti e il discorso vale anche in termini quantitativi. Per avere un quadro definitivo della vendemmia dovremo comunque attendere ancora una quindicina di giorni. Ci auguriamo che almeno in questo ultimo periodo il clima sia più clemente e cioè soleggiato, ventilato e con assenza assoluta di piogge così che la vite possa portare a termine il ciclo di maturazione delle uve.
Le scorse settimane sono state critiche non solo per l’Italia ma anche per paesi come Francia e Grecia devastati dagli incendi. Quali sono le prospettive per la viticoltura alla luce degli effetti del cambiamento climatico?
Il cambiamento climatico, in particolare nel sud dell’Europa e quindi in Italia, è oramai in atto da circa vent’anni, dall’estate torrida del 2003. In questo periodo già molte accortezze sono state adottate in viticoltura, la ricerca e la sperimentazione stanno tuttora continuando nella speranza di affinare nuove tecniche che possano quantomeno mitigare gli effetti nefasti di temperature eccessive e soprattutto l’assenza prolungata di piogge. Per rispondere alla sua domanda, in prospettiva si avrà sempre più una viticoltura passionale ma di precisione, scientifica e culturale, dove non sarà più possibile lasciare spazio al fai da te o peggio ancora ad apprendisti stregoni.
Quella della sostenibilità è l’unica strada percorribile per affrontare il nuovo scenario climatico, eppure, quando se ne parla in relazione al mondo enoico il concetto è spesso abusato e utilizzato a sproposito. Sgombrando il campo da equivoci cosa significa oggi per un’azienda vitivinicola avere un approccio sostenibile e quanto è importante saperlo comunicare anche perché il valore del proprio prodotto sia riconoscibile?
La sostenibilità per un’azienda, e non fa specie quella vitivinicola, deve essere ambientale ed economica. Noi enologi siamo stati tra i primi a comprendere l’importanza di andare verso un basso impatto ambientale nel trattamento della vigna e in cantina e lo abbiamo fatto in nome della scienza. Soltanto con un attento e approfondito approccio scientifico si riesce davvero a limitare l’impatto sull’ambiente, ma al tempo stesso è altrettanto necessario essere sostenibili dal punto di vista economico, altrimenti le aziende muoiono. Tutto questo occorre saperlo comunicare correttamente.
Quale contributo può venire dal mondo dell'enologia per affrontare la difficile transizione che vive il sistema produttivo vitivinicolo?
Il contributo che danno gli enologi è semplicemente decisivo. Non credo che oggi sia possibile immaginare il sistema produttivo vitivinicolo senza l’apporto di un enologo preparato e appassionato della ricerca della qualità. Siamo e lo dico senza alcuna presunzione, il cuore pulsante del mondo vino e lo saremo ancora di più negli anni a venire.
Come immagina il settore vitivinicolo italiano da qui a dieci anni e come evolverà la figura dell’enologo?
Il settore vitivinicolo del nostro Paese lo immagino in continua evoluzione, come del resto è sempre stato, con la certezza di poter attingere ai saperi della tradizione che da sempre ci accompagna in questo mondo. Certamente da qui a dieci anni ci attendono tante sfide, ma noi enologi siamo pronti, non solo a coglierle e affrontarle, ma anche a proporle di ulteriori. Come evolverà la nostra figura? Noi, come spesso ci definiamo, siamo operatori in trincea spinti da una passione smisurata verso il nostro mondo. Non ce ne voglia qualcuno, ma siamo convinti che il rinascimento qualitativo del vino italiano sia da accreditare ai produttori e a noi enologi. Siamo altrettanto convinti che la ricerca del meglio, che mai ci abbandona, sarà il tramite per dare al vino italiano ancora più valore materiale ed immateriale
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