Il Molise della Tintilia, autoctono del rilancio identitario

Regione giovanissima, nata poco meno di sessant’anni fa dalla separazione dall’Abruzzo, il Molise ha saputo ricostruire una sua forte identità anche dando spazio alla tradizione vitivinicola, e scegliendo di puntare sul suo autoctono per eccellenza, la Tintilia.

10 Dic 2021 - 10:30
Il Molise della Tintilia, autoctono del rilancio identitario
[mp3j track="https://horecanews.it/wp-content/uploads/2021/12/Il-Molise-della-Tintilia.mp3" Title="Ascolta la notizia in formato audio"] Incuneata tra l’Appennino e il Mare Adriatico, seconda regione più piccola d’Italia che si estende per poco più di 4.400 chilometri quadrati tra i fiumi Sangro, Trigno e Fortore, il Molise è una terra dalla storia ultra millenaria che si lascia raccontare alla sola osservazione del suo paesaggio. Nell’aree comprese tra le vette di Campitello Matese e Capracotta, tra le vallate del Trigno e del Biferno, fino ad arrivare alle spiagge affacciate sul versante orientale, è un susseguirsi di colline che si alternano a laghi, montagne e cascate, piccole città, borghi, paesi che svettano sulle rupi o si mimetizzano tra le valli, con i loro parchi archeologici, castelli, chiese e monasteri. Tutte testimonianze di un percorso dell’uomo partito da lontano, che va dal neolitico e si snoda attraverso la storia antica, italica, imperiale, medioevale e risorgimentale, arrivando ai giorni nostri come unico caso dell'Italia Repubblicana di separazione di regioni, consumatosi nel 1963, con la provincia di Campobasso che si distaccò dall'Abruzzo per formare un’entità a sé. Di questa autonomia e ridefinita connotazione geografica e politica il Molise ha pagato lo scotto per lungo tempo, e c’è chi ancora scherza su dove sia e se davvero esista. Eppure, con la tenacia delle realtà piccole ma dalla grande tradizione, i suoi abitanti ne stanno ridefinendo il perimetro identitario anche in termini di potenzialità, in parte già espresse, in parte ancora da far esplodere. Come nel caso della viticoltura, che in questi luoghi ha radici antichissime, ma schiacciata tra i colossi del vino dell’Italia centro meridionale, ha faticato a conquistare l’attenzione del grande pubblico, traguardo in parte raggiunto grazie alla valorizzazione di un autoctono, la Tintilia, che è diventata vessillo dell’identità del suo terroir. Questa varietà, la cui introduzione risale all’età Borbonica è che ebbe la massima diffusione nella regione nell'Ottocento, rischiò nel secondo dopoguerra di sparire per lasciare spazio a vitigni più produttivi. Il recupero di questo prezioso patrimonio dell’enologia molisana, avvenuto anche attraverso la scelta della sua vinificazione esclusivamente in purezza, è quindi storia recente.

Origini e clima

Nonostante la limitata estensione, il territorio molisano è caratterizzato da una struttura geologica molto articolata e complessa, sia per quanto riguarda le condizioni di superficie che per quelle di profondità. L’attuale configurazione è il frutto della continua evoluzione nel corso delle ere, in particolare dei continui terremoti che nel Mio-Pleistocene hanno deformato e disarticolato le unità tettoniche preesistenti. Le formazioni sono di natura esclusivamente sedimentaria, le più antiche di ambiente marino sulle quali poggiano le più recenti di ambiente continentale. Nelle aree montuose e collinari, che rappresentano la quasi totalità della superficie della regione, i terreni sono argillosi e calcarei, poi più ci si avvicina al mare e più i rilievi degradano divenendo sabbiosi e ghiaiosi, ingentilendosi insieme al clima che diventa più mite. Le zone considerate di elezione per la viticoltura sono la valle del fiume Trigno, al confine con l’Abruzzo, e quella del Biferno, più interna e situata nei pressi di Isernia, particolarmente fertile con il suo fiume che taglia in due la regione per sfociare nel Mar Adriatico. Si tratta di zone che si trovano in alta e media collina, dove ai terreni argillosi e calcarei si aggiungono le marne. Le condizioni climatiche nelle aree più interne sono influenzate dalla presenza degli Appennini abruzzesi e sanniti con estati calde e inverni freddi e nevosi. Lungo la fascia costiera, invece, le temperature sono più miti e si caratterizzano per escursioni termiche davvero modeste e precipitazioni scarse.  width=

Storia e viticoltura

Le origini della viticultura sono antichissime nelle terre molisane dove Sanniti, Romani, Longobardi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi e Borboni hanno fatto la storia e con questa il destino delle loro genti. Introdotta dai Sanniti che avevano appreso l’arte della viticoltura dai Greci e dagli Etruschi, la vite si diffonde in Molise soprattutto grazie ai Romani, che ne estendono la coltivazione in terreni appositamente disboscati e bonificati. Le prime testimonianze risalgono infatti al III secolo a.C. e si devono a Plinio il Vecchio che, guardando ai vini prodotti fuori Roma, per primo menzionò nelle sue opere quelli di Isernia elogiandoli. Ma dopo questa parentesi le tracce della viticoltura Molisana si perdono sia in epoca medievale che rinascimentale. Le nuove citazioni risalgono infatti ai primi dell’800, quando Raffaele Pepe parla per la prima volta della Tintilia, vitigno autoctono per eccellenza. Si tratta dell’epoca corrispondente alla dominazione Borbonica, in cui la coltivazione della vite raggiunge la sua massima espansione sul territorio. Dopo un periodo di lunga crisi dovuta alla diffusione di malattie come la fillossera, la viticoltura molisana nella seconda meta del Novecento è rifiorita concentrando l’area di produzione sulla costa e eleggendo come vitigno più significativo proprio la Tintilia.  width=

La Tintilia

La Tintilia è un vitigno a bacca rossa che ha trovato in Molise le condizioni climatiche ideali per diffondersi, un vitigno predisposto alle sfide e alla longevità che raggiunge la sua massima espressione nelle zone collinari e montuose con forti pendenze e bassa resa. La comparsa in Molise sarebbe da collocare in età borbonica, quando il primogenito del conte Carafa, nobile di origini napoletane, discendente dai nobili Caracciolo, si innamorò della figlia di un luogotenente dei Borboni di origine spagnola chiedendola in sposa. In occasione del banchetto nuziale la giovane donna portò in dote il vino, nettare prelibato proveniente dalla Spagna, il cui nome derivava da “tinto”, il rosso caratteristico dei vini ricchi di colore della parte più interna della penisola iberica. Poco dopo le nozze la fanciulla si ammalò e morì prematuramente lasciando nella disperazione l’inconsolabile Conte Carafa che, in memoria di lei, commissionò in Spagna alcune marze del vitigno, impiantando così nell’agro di Ferrazzano la prima vigna di Tintilia. Anche andando oltre la leggenda e stando alla storia, abbiamo conferma che la Tintilia provenga dalla famiglia delle Tintorie Spagnole. La sua coltivazione crebbe grazie all’agronomo Raffaele Pepe e ne abbiamo testimonianza proprio grazie ad una sua nota datata 1810, con la quale, stilando un rapporto sulla situazione ampelografica e di specie botaniche presenti sul territorio, ne richiese al Consigliere di Stato del Regno delle Due Sicilie, Melchiorre Delfico, l’inserimento in una lunga lista di vitigni che avrebbero dovuto arricchire l’assortimento varietale dell’allora Provincia del Molise. Dopo anni di declino dovuto anche alla bassa resa del vitigno e alla difficolta di gestione agronomica, si può dire che oggi la Tintilia è diventata simbolo identitario da un punto di vista enologico di una delle regioni più piccole di Italia, un vino in grado di esprimere appieno il suo terroir.  width=
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