Inflazione e consumi di vino: cosa cambia e come affrontare il nuovo scenario
L’aumento del costo della vita e il conseguente ridimensionamento del potere di spesa registrato negli ultimi mesi metteranno i consumatori nella condizione di dover fare delle scelte in termini di preferenze e stili di vita. Un’analisi di Wine Intelligence considera alcune tendenze emerse per i consumatori di vino durante la pandemia potenzialmente predittive rispetto allo scenario ormai prossimo di piena esplosione dell’inflazione, e fa luce su aspetti che potrebbero rivelarsi strategici per le aziende vitivinicole.
L’allerta inflazione a livello globale è scattata da diversi mesi, con i primi evidenti segnali di una nuova crisi imminente, pronta a manifestarsi a valle dell’emergenza pandemica.
L’aumento del costo delle materie prime, dell’energia e dei trasporti, unitamente ai contraccolpi dell’esplosione dell’inaspettato e devastante conflitto Russo Ucraino, hanno lasciato il segno e i mercati vivono ormai nell’attesa che lo tsunami li travolga con la sua onda d’urto più violenta.
Le prime avvisaglie sono considerate poca cosa rispetto a quanto potrebbe prospettarsi nei prossimi mesi, con una crisi che molti osservatori considerano ormai dietro l’angolo e i cui effetti, seppure ancora difficili da prevedere e soprattutto quantificare, fanno comunque temere che si imbocchi la via della recessione.
I dati ISTAT parlano chiaro: a marzo 2022 si è registrato il nono aumento consecutivo dell’inflazione, ben superiore a quanto stimato dagli osservatori: +6,7% su base annua e +1,2% su base mensile, con un ulteriore balzo in avanti dei prezzi dei beni energetici non regolamentati e un forte aumento anche per i beni alimentari, sia lavorati (da +3,1% a +4%) sia non lavorati (da +6,9% a +8%).
Uno scenario che allontana nel tempo la collocazione del punto di ritorno alla normalità e di rientro delle sollecitazioni subite dai mercati a causa della pandemia, e che, soprattutto, contribuisce a rivedere al rialzo la previsione dell’inflazione per l’anno in corso, con un picco previsto nella seconda metà dell’anno, senza contare l’inevitabile abbassamento della previsione relativa alla crescita economica.
In questo contesto in cui l’inflazione accelera a un ritmo che non si vedeva da almeno 30 anni, le famiglie iniziano ad assumere un atteggiamento decisamente prudenziale nei confronti del consumo, in particolare per quei segmenti ritenuti voluttuari o comunque meno necessari tra cui si collocano anche prodotti come il vino, situazione che trova conferma nel dato del rallentamento registrato dalle vendite online nei periodi più recenti.
L’aumento del costo della vita e il ridimensionamento dei redditi reali stanno portando progressivamente i consumatori a riflettere su quali siano davvero le priorità da preservare, a cosa si dovrà rinunciare o cosa si dovrà cambiare nel proprio stile di vita per far fronte alla condizione contingente.
Come evidenzia Wine Intelligence in una sua recente analisi, la scelta dei generi alimentari da acquistare, delle bollette da pagare, già centrale nella vita delle famiglie a basso reddito, inizierà a interessare anche quelle di reddito medio e alto, così come la ridefinizione delle abitudini di consumo.
Si prenderanno decisioni che incideranno sulla quotidianità, come scegliere di consumare i pasti fuori casa oppure optare per soluzioni più economiche quali il consumo tra le mura domestiche magari senza rinunciare a prodotti di qualità, decidere di fare vacanze all’estero o continuare a prediligere quelle di prossimità alle quali la pandemia ci ha abituato e che sono meno impegnative per il portafogli.
E si potrebbe arrivare a riflettere anche sull’opportunità di consumare alcuni prodotti, o almeno con la frequenza alla quale si è abituati. La domanda che i consumatori potrebbero porsi è: abbiamo davvero bisogno di bere vino tutte le volte che lo facciamo?
Di fronte a queste incognite Wine Intelligence sposta il focus su aspetti che potrebbero essere importanti per sviluppare nuove strategie nel settore vitivinicolo, il tutto partendo dall’osservazione del comportamento dei consumatori durante un altro momento di crisi, la pandemia. Ci sono in particolare quattro elementi chiave che nel prossimo futuro potrebbero fare la differenza.
Il pubblico principale conterà più di quello secondario: l’esperienza recente dell’emergenza sanitaria ha mostrato come i consumatori abituali di vino abbiano raddoppiato il consumo a casa, mentre i consumatori non abituali lo abbiano di fatto abbandonato. In altri termini l’influenza di fattori esterni ha consolidato la categoria principale e azzerato quella secondaria e sulla base di questa evidenza si potranno opportunamente orientare i messaggi e la comunicazione.
Il cambiamento nei comportamenti di consumo relativi ad alcuni prodotti o servizi potrà avere effetti positivi sui budget da destinare al vino, tutto dipende da quanto il consumatore tiene in considerazione il vino, se cioè conta più o meno di un viaggio, di un concerto o di una bicicletta nuova. In altri termini se i vincoli di spesa limitano un tipo di attività ne potrà beneficiare un’altra e per i pubblici principali si potrà trattare proprio della spesa in vino.
La disponibilità del prodotto sarà importante quanto il suo valore: durante la pandemia ad essere favoriti sono stati i marchi che sono rimasti accessibili e reperibili quando le scelte di acquisto erano per vari motivi limitate, in tempo di crisi è quindi fondamentale presidiare correttamente i canali distributivi.
Emergerà il reale valore di marca: i brand del vino che saranno stati in grado di sviluppare un valore di marca in grado imporre un sovrapprezzo, un valore riconducibile al senso di familiarità, fiducia e soprattutto piacere all’idea di consumare il prodotto, saranno meglio posizionati di marchi che, quando i tempi si faranno ancora più duri, saranno semplicemente identificati in un’etichetta e un prezzo, senza altro valore aggiunto.
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