La dimensione di bottiglie e calici di vino incide sui consumi? La risposta arriva da ricercatori di Cambridge
Gli scienziati dell’Università di Cambridge hanno indagato su come la dimensione di calici e bottiglie possa incidere sui consumi di vino attraverso due studi che convergono nelle evidenze. Quello che hanno scoperto è davvero molto interessante.
“Ho voglia di un bicchiere di vino!”. Quante volte vi è capitato di pensarlo e di proiettarvi al momento in cui degustare un buon calice? Avrete immaginato una cena al ristorante, un aperitivo in riva al mare, un appuntamento con gli amici nel winebar preferito o ancora più semplicemente avrete visualizzato il divano di casa sul quale abbandonarvi dopo una giornata impegnativa.
Nell’elaborazione di un’idea così seducente l’attenzione si sarà magari focalizzata sulla scelta dell’etichetta da stappare, sulla tipologia - “rosso, bianco, rosè, bollicina?”- ma molto meno sulle dimensioni del bicchiere, che, escludendo lo spirito di osservazione dei più esperti, passano spesso in secondo piano.
In verità questa dimenticanza non è una prerogativa dei consumatori del nettare di Bacco che, secondo gli scienziati, ricadrebbero come tutti in un errore cognitivo chiamato bias dell’unità (o unit bias), ovvero la tendenza a considerare una singola entità come la quantità appropriata da consumare, a condizione che la porzione sia superiore a un determinato importo minimo e senza dar troppo peso ad elementi che invece incidono in modo molto forte sulle percezioni.
In altri termini se la singola entità, il famoso bicchiere di vino, viene presentato in un calice più grande relativamente vuoto rispetto ad uno più piccolo si potrebbe essere indotti ad un maggior consumo per raggiungere l’unità idealizzata, cadendo nell’errore di mancata percezione dell’equivalenza del contenuto.
Molti scienziati hanno iniziato ad indagare sulla correlazione tra errore cognitivo e variazioni del consumo e con riferimento al vino hanno portato avanti negli ultimi anni diverse ricerche volte a verificare come la dimensione di calici e bottiglie possano diventare determinanti in tal senso. Quello che hanno scoperto è davvero molto interessante.
Lo studio pubblicato il 18 luglio scorso sulla rivista Addiction dal titolo “Impatto delle dimensioni della bottiglia e del bicchiere di vino sul consumo di vino a casa: uno studio randomizzato e controllato all'interno e tra famiglie” è tra quelli più recenti ed è stato condotto dal team di Elena Mantzari dell’Unità di ricerca sul comportamento e sulla salute dell’Università di Cambridge, insieme ai colleghi della Scuola di scienze Psicologiche e della ricerca su Tabacco e Alcol dell’Università di Bristol.
Per quattordici giorni la ricerca ha coinvolto 260 famiglie del Regno Unito il cui consumo abituale di vino era di circa due bottiglie a settimana. Sono stati creati di due gruppi: al primo è stato richiesto di mantenere vive le abitudini consolidate, al secondo di modificarle acquistando bottiglie più piccole (da 375ml) e per alcuni dei suoi componenti utilizzando bicchieri meno capienti (da 350 ml o da 290ml).
Al termine del periodo di osservazione i ricercatori hanno scoperto che nell’ambito del secondo gruppo chi aveva acquistato bottiglie più piccole aveva bevuto un bicchiere in meno rispetto al solito, mentre chi aveva anche utilizzato bicchieri meno capienti aveva ridotto i consumi del 6,5%, cioè poco più di un bicchiere e mezzo. Insomma la dimensione di calici e bottiglie ha la sua incidenza, e anche significativa.
Ad una conclusione in parte analoga era giunto un altro studio, sempre dell’Università di Cambridge, risalente al 2017 pubblicato sul British Medical Journal a firma della ricercatrice Theresa Marteau dal titolo “Dimensione del bicchiere da vino in Inghilterra dal 1700 al 2017: una misura del nostro tempo”.
La ricerca in questo caso si era focalizzata proprio sui calici, analizzando la capienza di 411 bicchieri di vino inglesi in uso nell'arco di tre secoli. Le informazioni erano state rese disponibili da 5 principali fonti: l’Università di Oxford, la Casa Reale, E-Bay, i cataloghi di Dartington Crystal, produttore inglese di articoli in vetro, e John Lewis, il magazzino con la più ampia selezione online di calici da vino.
Nel lasso temporale di tre secoli le dimensioni dei bicchieri sarebbero cresciute di 7 volte passando dai 66 ml di capienza di tre secoli fa ai 449 ml di oggi. L’infografica mostra chiaramente questo andamento dovuto secondo i ricercatori a diversi fattori tra cui prezzo, tecnologia, ricchezza sociale e apprezzamento del vino.
L’imposta sul vetro riscossa dal 1746 aveva portato alla fabbricazione di prodotti in vetro più piccoli, la sua abolizione nel 1845 spinse sul passaggio a tecniche più moderne di produzione basate su processi automatizzati e sull’impiego di maggiori quantità per unità. Anche la consapevolezza della necessità di variare la forma dei calici per apprezzare al meglio il vino avrebbe contribuito nel XX secolo alla diffusione di bicchieri più capienti, considerati per questo più pregiati.
I progressi nella lavorazione del cristallo avrebbero poi permesso di produrre bicchieri sempre più grandi e resistenti, ma cosa più importante ai fini della ricerca, avrebbero influito sui consumi di vino destinati a crescere esponenzialmente.
Dal 1960 al 1980, complici alcune leggi più permissive sui consumi, la quantità di vino bevuto nel Regno Unito sarebbe quadruplicata. Dal 1980 al 2004, sarebbe ulteriormente raddoppiata. Una spinta secondo i ricercatori potrebbe essere arrivata anche dai ristoratori e dai loro clienti: l’evidenza di un maggior consumo a fronte di calici più grandi avrebbe convinto i venditori ad utilizzarli sempre di più.
Entrambi gli studi dimostrano quindi una associazione tra dimensioni di bicchieri, bottiglie e consumi suggerendo che una riduzione della capacità degli stessi potrebbe incidere sul contenimento delle quantità di vino bevute, risultato che per gli scienziati va perseguito in un’ottica di diffusione di un approccio al bere che sia sempre più consapevole e responsabile.
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