Dallo spazio, ai ghiacciai, ai fondali marini per un affinamento del vino innovativo e sostenibile
Dalla cantina allo spazio, passando per igloo e fondali marini. La sperimentazione sull’affinamento è alla ricerca di nuove dimensioni per una fase delicata dell’evoluzione organolettica del vino che incida sullo sviluppo delle sue potenzialità e dia un contributo anche in tema di sostenibilità.
Negli ultimi mesi in Italia si sente sempre più parlare di esperimenti nel mondo enoico che puntano a ricercare nuove dimensioni per l’affinamento, una delle fasi più delicate dell’evoluzione organolettica del vino.
Molte aziende vitivinicole scelgono di varcare la soglia della cantina, luogo tradizionalmente deputato ad accoglierlo, alla ricerca di condizioni ambientali, climatiche, fisiche, anche estreme, che diano un contributo diverso e unico al processo trasformativo del nettare di bacco: dai fondali marini, allo spazio passando per i ghiacciai, sembra non ci siano più limiti alla scelta della destinazione.
È il caso dei vini etnei delle aziende Benanti e Passopisciaro che, aprendosi al segmento degli underwaterwines già rappresentato in Italia da cantine storicamente impegnate, hanno scelto di affinare 2000 bottiglie in fondo al mare. A 50 metri di profondità, nelle acque dell’Area marina protetta dell’Isola dei Ciclopi, Il vino torna all’ambiente originario della terra in cui le vigne affondano le proprie radici, le stesse dalle quali è emerso il vulcano.
Percorso e destinazione diversa per le barbatelle di Nebbiolo, Sangiovese e Aglianico e per una selezione di bottiglie di Biondi Santi, Feudi di San Gregorio e Gaja che hanno trovato ospitalità a bordo della Stazione Spaziale Internazionale in orbita attorno alla Terra, grazie ad un progetto realizzato in collaborazione con l’Associazione Italiana Sommelier e l’Agenzia Spaziale Italiana.
Per alcuni vini della Valle Camonica l’affinamento è invece stato delocalizzato per tutto lo scorso inverno in un igloo a 2000 metri di quota, idea lanciata dal Consorzio che li rappresenta insieme alla Cantina Bignotti e a Unimont - Università della Montagna.
A sostegno di tutti questi progetti c’è una intensa attività di ricerca che ha l'obiettivo di chiarire quale effetto produca in termini organolettici la scelta di effettuare l'affinamento in un luogo alternativo, condizione che viene verificata in itinere attraverso l’analisi di campioni, e alla fine del percorso, attraverso un confronto delle bottiglie oggetto di sperimentazione con altre analoghe che hanno però effettuato l'affinamento tradizionale in cantina.
Per il vino etneo adagiato negli abissi si verificherà come il buio, l’assenza di rumore, la temperatura costante e la particolare pressione incidono sul suo affinamento. Si tratterà del primo studio al mondo su come evolvono nel tempo i vini sott’acqua. Mese dopo mese i campioni verranno trasportati in condizioni di temperatura controllata verso i laboratori dell’Università di Catania per un’approfondita analisi dei dati chimici, con il monitoraggio di 14 diversi parametri. Non ci si limiterà quindi ad un confronto pre e post immersione ma sarà uno studio in divenire.
Il vino affinato nello spazio sarà invece sottoposto ad esperimenti scientifici in microgravità per verificarne la conservazione a 400 chilometri di altezza e a una velocità al suolo di oltre 28mila chilometri all’ora, valutando il potere di invecchiamento in confronto anche con la longevità che lo contraddistingue sulla terra.
Sui vini conservati in igloo invece ci sono già dei risultati delle prime indagini effettuate: sembrerebbe che i bianchi abbiano un quantitativo di acidi organici superiore rispetto a quelli conservati in cantina, mentre per i vini rossi è stato rilevato il contrario. Nessuna differenza sarebbe emersa per quanto riguarda i valori di acidità, pH e grado alcolico.
Nell’attesa che le analisi di laboratorio diano informazioni più precise sull’evoluzione del vino ci sono già importanti evidenze sul fronte della sostenibilità.
Il cantinamento in mare in particolare favorirebbe il risparmio energetico creando un ambiente naturalmente refrigerato per le bottiglie. Non essendo necessario regolare la temperatura e l'umidità con climatizzatori, né creare cantine isolate termicamente, l’impatto in termini di investimenti energetici e logistici è considerevole.
Volendo quantificare il risparmio viene in aiuto uno studio di Life Cycle Engineering secondo il quale per affinare in cantina vengono consumati circa 0,68 chilogrammi di CO2 per ogni bottiglia da 0,75centilitri.
Grazie alle temperature ideali e costanti dei fondali a 50 metri sotto il livello del mare, si risparmierebbero quindi circa 68 chilogrammi di CO2 per 1.000 bottiglie immerse.
Considerazioni che spogliano la corsa a destinazioni alternative alla cantina per l’affinamento dall’abito di mera operazione di marketing che in molti ad oggi tendono ad attribuirle. Non si andrebbe infatti a soddisfare esclusivamente la curiosità di un pubblico di enoappassionati sempre più esigente e alla ricerca di esperienze di degustazioni inusuali e accattivanti, ma anche ad onorare l’impegno stringente per l’intero comparto di abbracciare soluzioni convergenti rispetto agli obiettivi di tutela dell’ambiente.
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