Caldo record, vendemmia a rischio in Europa
Gli effetti del Global Warming colpiscono anche la viticoltura. Temperature ben oltre le medie stagionali, siccità e disidratazione mettono a rischio i vigneti di tutta Europa. L’ondata di caldo che non sembra destinata a rientrare potrebbe incidere sulle rese e sulla qualità delle uve oltre a rendere necessaria una vendemmia anticipata
L’ondata di caldo straordinaria che sta vessando l’Europa mette a rischio la prossima vendemmia: fiumi e laghi in secca, terreni siccitosi, colture stressate dalla disidratazione creano grandi tensioni per i viticoltori chiamati ad affrontare l’ennesima emergenza.
A scandire le ultime ore non solo la crisi legata alla mancanza di braccianti stagionali ma anche le preoccupazioni dovute agli effetti del cambiamento climatico: le alte temperature unitamente al vento caldo e secco potrebbero essere devastanti per il raccolto.
In Francia un terzo del paese è in vigilanza rossa, con temperature che oscillano tra i 40 e i 44 gradi. Lo scorso anno la stagione è stata fortemente compromessa dalle gelate tardive, mentre nel 2022 è iniziata con livelli di acqua nel suolo molto bassi, un clima secco durante inverno e primavera e uno sviluppo dei vigneti precoce rispetto al 2021. Due settimane fa enormi chicchi di grandine si sono abbattuti tra i filari, oggi l’afa tiene banco. La situazione è critica in diverse regioni, Alsazia, Borgogna, Champagne e Rodano.
Anche in Italia un inverno secco come l’ultimo non si vedeva da tempo. In primavera la colonnina di mercurio aveva oscillato tra valori superiori alla media per ben 15 giorni, favorendo una fioritura molto anticipata nei vigneti, con le piogge che hanno continuato a scarseggiare, troppo per quel periodo dell’anno.
La contrazione ad oggi è significativa, in particolare in Piemonte, Lombardia e Veneto, manca in media tra il 50% e il 70% delle precipitazioni, con la vegetazione che continua ad essere stentata. Situazione che ricorda in molte regioni tre annate critiche già vissute, quelle del 2003, 2015 e 2017, per cui il governo è al lavoro su un decreto per aiutare i territori maggiormente in difficoltà.
Tra i filari sono evidenti i segni di sofferenza, in particolare la fatica a sostenere la disidratazione, con uno sviluppo delle foglie non ottimale. Il rischio di appassimenti precoci e cali delle rese è sempre più alto anche se, a fare da contraltare positivo all’innalzamento delle temperature c’è la riduzione dei trattamenti e il ridimensionamento delle malattie delle vigne. In più, a differenza di altre colture, le radici delle viti arrivano in profondità e riescono in qualche modo a raggiungere l’acqua, finché se ne trova.
Purtroppo di crisi legate alla carenza idrica ce ne sono sempre più di frequente con un costo negli ultimi dieci anni che ha superato i 10 miliardi di euro. Le soluzioni per affrontare l’emergenza non mancherebbero, ne sono state proposte tante, dalla realizzazione di nuovi invasi di raccolta di acqua piovana e nevi sciolte per accrescere la capacità produttiva e mettersi al riparo da situazioni emergenziali come quella che si sta attraversando, all’installazione di sistemi di irrigazioni realizzati più in profondità, che impedirebbero l’evaporazione e quindi lo spreco di acqua.
Strategico potrebbe essere anche rivedere le colture, introducendo, grazie alla ricerca, varietà più resistenti alla siccità, magari sfruttando il patrimonio genetico presente in realtà vitivinicole più siccitose come l’Arizona, il Nuovo Messico o il Texas. Ma questo percorso da solo non sarebbe sufficiente perché i tempi sono molto lunghi, ci si dovrebbe muovere anche sul versante dei porta-innesti che dovrebbero essere più performanti nell’impiego di risorse idriche contingentate.
Una cosa è certa, la situazione non è destinata a migliorare, il global warming è un fenomeno di cui bisogna prendere atto al più presto anche perché, diversamente da quanto si sente spesso dire, non è vero che la vite tollera in assoluto la siccità, può valere per alcune varietà ma non per tutte e soprattutto alla carenza d’acqua la vite sopravvive ma non producendo o producendo molto poco, con effetti sulla qualità delle uve e di conseguenza anche del vino che ne deriva.
Fortunatamente la vendemmia non è ancora alle porte, il che significa che ci sono margini di recupero e i viticoltori, che sono abituati a confrontarsi con l’incertezza, incrociano le dita. Da pochi giorni è iniziata la fase di ingrossamento degli acini, il periodo di maggior fabbisogno di acqua e quest’anno, con una produzione molto generosa come quella che potenzialmente si prospetta, ce ne vorrebbe anche in più.
Le prossime settimane saranno quindi decisive, i rischi sono ancora difficilmente calcolabili, ma se non dovesse piovere l’unica certezza sarebbe una forte riduzione delle rese unitamente ad una raccolta anticipata. Non resta che attendere, con gli occhi rivolti al cielo, nella speranza che qualcosa si muova.
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