Vendita e consumo di vino in calo negli Stati Uniti, le aziende devono adattarsi al cambiamento
Il rapporto “State of the Us Wine Industry Report 2024” fa luce sull’andamento del primo mercato del vino mondiale confermando un trend di contrazione
Gennaio, si sa, è tempo di bilanci e rapporti, di approfondimenti e letture di scenari da parte degli osservatori sull’evoluzione di mercati che si muovono spesso a diverse velocità e con prospettive altrettanto divergenti lasciando spazio e margini alle aziende per rivedere le proprie strategie.
Ma quest’anno per il settore vitivinicolo dai numeri e dalle proiezioni arrivano poche notizie confortanti, né grandi sorprese né spiragli, bisogna semplicemente fare i conti con un contesto di chiara contrazione, come si evince anche dal tanto atteso “State of the Us Wine Industry Report 2024” della Silicon Valley Bank.
Il rapporto, che pesa quanto la realtà cui fa riferimento, quella statunitense, prima al mondo per vendite e consumi di vino, fa luce su un mercato che a quanto pare sarebbe in buona compagnia nella sua crisi, dal momento che il dato negativo si ripeterebbe in molti altri Paesi dalla lunga tradizione enoica, Italia, Francia e Germania in testa.
Ad emergere dallo studio è una evoluzione divergente dei modelli di consumo di vino che va verso la contrazione nel “vecchio mondo” (dove si sarebbe ridotto del 40% tra il 1960 e il 2014, partendo da una media pro capite di 10 litri per adulto) e nella direzione della crescita per quelli del “nuovo mondo” (partendo da un consumo medio pro capite per adulto di 6 litri).
Il dato di sintesi è però che i paesi in crescita nei consumi non riescono a compensare il calo registrato nel resto del mondo e alle aziende non resta che affrontare il contesto adattandosi alla darwiniana maniera ad un inevitabile cambiamento, possibilmente cooperando per individuare soluzioni percorribili.
In termini produttivi secondo il rapporto ciò si tradurrebbe nella necessità di razionalizzare le superfici coltivate e le loro rese rispetto ad una domanda che ad oggi è già di per sé nettamente inferiore rispetto all’offerta e che, con una tendenza al ridimensionamento lo sarà ancora di più in futuro.
All’orizzonte non si paventa una recessione ma bisogna prendere atto di una tendenza generalizzata alla riduzione: dalla contrazione delle visite alle sale di degustazione, al rallentamento delle vendite dirette, passando per la diminuzione dei volumi di vendita e ad una stasi per le vendite a valore che resterebbero invariate.
Sempre meno consumatori statunitensi identificherebbero nel vino la loro “bevanda alcolica preferita” essendosi ampliato il raggio di azione e il numero di alternative. Secondo il National Institute of Health tra il 2012 e il 2022 per i soggetti di età compresa tra i 19 e i 30 anni, il consumo mensile di cannabis sarebbe aumentato dal 16,6% al 28,8% mentre quello di alcol sarebbe diminuito dal 68,4 al 28,8%.
L’inversione di tendenza secondo il rapporto della Silicon Valley Bank potrebbe sintetizzarsi come successo della lobby anti alcol guidata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che con il suo messaggio, vero o no, che “non esisterebbe una quantità sicura di alcol da bere” starebbe influenzando le scelte dei consumatori. A ciò conseguirebbe anche la crescita della popolazione degli astemi.
Il segnale evidente del cambiamento delle dinamiche di settore sarebbe rappresentato dal fatto che per la prima volta in 45 anni il volume degli alcolici venduti supererà il volume del vino venduto.
Sul fronte prezzi lo studio rileva una certa resilienza alla fine del 2023 (momento di stesura del rapporto) ma con una domanda fragile e un’offerta pesante al dettaglio e all’ingrosso non esclude la necessità per le aziende di ricorrere a sconti e vendite in promozione nel 2024.
Il segmento premium, che è al centro dello studio della Silicon Valley Bank, il 2023 è stato un anno altalenante ma tutto sommato concluso in territorio positivo. Il valore si è confermato in crescita con un aumento dei prezzi che ha consentito di coprire i costi più elevati dovuti all’inflazione e di garantire una certa redditività, ma i volumi sono previsti in calo nonostante le performance di fine anno abbiano comunque contribuito ad arginare la contrazione.
Ma cosa fare in un contesto in cui il consumo di vino pro capite sta diminuendo e la crescita della popolazione sta rallentando? Secondo il rapporto le strategie poste in essere per tenere vivo il mercato negli ultimi trent’anni sono potenzialmente destinate al fallimento.
Le opzioni per affrontare la contingenza sarebbero due: o lavorare per creare un messaggio forte del mondo vitivinicolo che sia in grado di influenzare positivamente i consumi o utilizzare tutti i mezzi a disposizione per incrementare l’efficienza nelle produzioni, nella coltivazione e nella commercializzazione.
Sarà poi importante differenziare la comunicazione tra le fasce di consumatori più maturi e più giovani e guardare ai mercati emergenti, quelli in cui è prevista crescita demografica nei prossimi dieci anni: India, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Pakistan, Etiopia, Repubblica Unita di Tanzania, Stati Uniti d’America, Uganda e Indonesia, partire anche da ricerche di mercato in queste realtà in cui entro il 2025 si concentrerà il boom delle nascite.
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