Pizza tales incorona il vino come nuova frontiera di degustazione della pizza
Pizza e vino sono due prodotti che hanno molto in comune, entrambi espressione del territorio, caratterizzati da una estrema varietà, se correttamente abbinati possono reciprocamente valorizzarsi. Di questo binomio e delle sue potenzialità se ne è parlato in occasione del Pizza Village in un dibattito che ha visto coinvolti pizzaioli, chef stellati, sommelier e imprenditori del settore gastronomico.
Il mondo della pizza è da anni in costante fermento: tengono banco esperimenti su impasti, lieviti, tecniche di cottura, ricerca di prodotti di eccellenza da combinare nelle versioni tradizionali e gourmet, esercizi di accostamento, prove di consistenza, analisi e sperimentazione quotidiana.
Il tutto per arrivare alla realizzazione di prodotti armonici in cui l’estro del pizzaiolo si traduce in equilibrio dei sapori, dei profumi e in un dato estetico sempre più ricercato.
Un’evoluzione che ha fatto di un prodotto simbolo del Made in Italy un’opera d’arte che si rinnova e che oggi vede mutare anche l’approccio rispetto all’abbinamento in tavola, dove in alternativa alle bibite gasate e alla birra ha iniziato a farsi spazio il vino, una scelta a ben vedere dettata da motivazioni molto diverse tra loro.
Se ne è parlato in occasione di Pizza Village, in Terrazza Pizza Tales, lo spazio della kermesse di Malvarosa dedicato agli approfondimenti e ai confronti con i protagonisti del settore, con un focus moderato da Antonella Amodio su quello che per i più è ancora un insolito binomio ma che di fatto si sta facendo strada alla luce di aspetti fino a poco tempo fa poco considerati.
In primo luogo valutazioni di carattere nutrizionale: la moltiplicazione di lieviti che nasce dall’incontro tra quelli contenuti nella pizza e quelli della birra dovrebbe di per sé già considerarsi un motivo valido per optare per soluzioni alternative nell’abbinamento, fosse solo per scongiurare quel senso di gonfiore al quale ci si condanna continuando a preferire la bevanda sacra a Cerere.
Ma ci sono anche le antiche tradizioni a reclamare una riabilitazione del vino come perfect pairing rispetto alla pizza. Tommaso Luongo, sommelier AIS, punta il dito contro una situazione stratificata nel tempo che ha cristallizzato come abbinamento tradizionale quello con la birra, mentre in realtà da un punto di vista storico l’accostamento originario sarebbe con il nettare di Bacco.
Quale vino scegliere poi dipende dalla pizza, dal tipo di impasto, dall’analisi sensoriale di quelli che sono i prodotti del topping. Partendo per esempio dalle pizze più tradizionali, Marinara e Margherita, banco di prova del pizzaiolo, il confronto con la tendenza acida del pomodoro, elemento da non trascurare nell’abbinamento, fa immaginare l’incontro con una morbidezza del vino, declinabile in tante interpretazioni. Volendo restare in Campania, nel rispetto della territorialità, il Lettere e il Gragnano rappresenterebbero per Luongo il miglior compromesso, con l’aiuto della carbonica e la sua capacità detergente di ripulire il palato.
C’è poi chi si spingerebbe su proposte più sofisticate, come Mariella Caputo, Sommelier e proprietaria insieme al fratello Alfonso della Taverna del Capitano, che con la marinara servirebbe un lambrusco ancestrale: “La nostra carta dei vini conta 1.000 etichette, in cantina abbiamo 10.000 bottiglie, la più preziosa un marsala del 1860 che si sposerebbe perfettamente con una pizza fritta.” Pare che il fratello Alfonso abbia in cantiere una sorpresa per gli avventori della nota Stella Michelin di Nerano, un piatto dedicato alla pizza del quale si potrà scoprire il segreto tra poche settimane.
Dai topping base si può partire per passare attraverso altre forme di abbinamento, è il caso delle soluzioni bianche per le quali acidità e freschezza diventano elementi determinanti nella scelta del vino da servire, come quelli dell’Asprinio “Trentapioli” di Salvatore Martusciello arrivato in Terrazza ad animare il dibattito abbinato ad una pizza gourmet, rivisitazione di un piatto tradizionale della cucina napoletana, lo spaghetto aglio e olio, realizzata in tempo reale da Diego Vitagliano, napoletano doc classe 1985, espressione della nuova generazione di giovani pizzaioli napoletani.
Nei suoi locali da sei anni carta dei vini e sommelier rappresentano i punti fermi di un progetto che sembra stia dando ottimi frutti: “oggi ce la giochiamo quasi alla pari con la birra, il vino ha recuperato tantissimo, la filosofia del mangiare bene e bere meglio è vincente. Apriamo a sera dalle 25 alle 30 bottiglie, al di fuori dei consumi al calice, è un bel numero in crescita.”
Gli fa eco Salvatore Lioniello altro giovane e brillante pizzaiolo del casertano, con le sue tre proposte gourmet servite in Terrazza, l’ultima delle quali abbinata al gragnano di Salvatore Martusciello “OttoUve”: “La mia cantina conta oggi 360 etichette, 40 solo di Asprinio, per dare spazio alle espressioni territoriali, da Orta di Atella a Casal di Principe. Puntiamo su abbinamenti che esaltino la qualità delle materie prime, le eccellenze che la nostra terra ci offre.”
E così anche in pizzeria il vino con le sue molteplici varietà riesce ad incontrare gli imprevedibili e diversi condimenti, ed è in grado di esaltare la degustazione delle pizze gourmet preparate con ingredienti di qualità, di provenienza locale o riconosciuti da marchi che ne certificano il valore. Siamo di fronte ad un binomio che può dare la giusta ribalta alla territorialità soprattutto quando agli ingredienti locali si abbinano calici locali.
Per non parlare delle bollicine che sempre più si affacciano come soluzione trasversale, una delle preferite da Francesco Franzese, chef del Rear di Nola: pare che debba al suo “spicchio d'autore”, pizza lievitata 48 ore con tartare di pomodoro San Marzano, gamberi rossi, stracciata di bufala e caviale, la conquista della Stella Michelin, un esperimento al quale in suo head sommelier, Vincenzo Riccio, ama abbinare un rosè, 100% aglianico 72 mesi sui lieviti.
La scelta di mettere in piedi una carta dei vini in pizzeria e strutturare una offerta diversa per l’abbinamento porta infine con sé una serie di considerazioni di tipo anche gestionale. “La cantina ha un costo che deve ruotare – spiega Enzo Coccia de La Notizia – c’è bisogno di un ottimo sommelier che spinga, puntare sulla territorialità è importante ma non è detto che tutti i vini debbano essere locali, così come non è detto che tutti i vini vadano bene con la pizza. Io un Sassicaia e un Tignanello in carta non li metterei per far scena.”
E aggiunge Tommaso Luongo “è importante tenere conto anche dei tempi del consumo, quello della pizza è caratterizzato dalla rapidità, per questo quello del vino deve essere immaginato o nella soluzione degustazione con abbinamento a vari spicchi, che ha una durata maggiore e un costo differente, o con la somministrazione a calice.
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