Tenute Martarosa avanguardia dell’enologia molisana
Tenute Martarosa è riuscita a dare spazio ad una nuova interpretazione in chiave enologica del Molise e del suo vitigno bandiera, la tintilia.
VINI E DINTORNI - I racconti delle famiglie di viticoltori che con il loro vissuto e le loro scelte hanno contribuito a riscrivere la storia enologica dei propri territori hanno tra gli elementi in comune la capacità di osare, di uscire fuori dagli schemi, anche di quelli imposti dai disciplinari, per andare ad esplorare nuove frontiere, forti della conoscenza di ciò che rientra nel solco della tradizione ma convinti della necessità di andare oltre e scardinare quelli che sono diventati luoghi comuni.
Sono narrazioni di quella ricerca di nuove espressioni di cui si intravede il potenziale attraverso una dimensione del rapporto con la terra e con la sua essenza molto stretto e profondo, figlio della continuità, di quel sapere condiviso tra generazioni di vignaioli che nel tempo si espande e mette radici più in profondità, assieme a quelle delle piante allevate con cura e dedizione. Sono squarci sulle esperienze in cui ci si apre a nuove possibilità e a nuovi destini e si allargano gli effetti di questo diverso sentire alla propria comunità, come i cerchi concentrici disegnati dal sasso lanciato nello stagno che rompendo la monotonia di una superficie liscia e piatta indicano nuove traiettorie.
Di questo imprinting è fatto il percorso di Tenute Martarosa, azienda molisana giovane ma con alle spalle una storia familiare di viticoltori che muove i primi passi nei lontani anni 30. Due nuclei di origine, uno di vignaioli trasferitisi dall’Abruzzo a Campomarino per introdurre nel 1938 la coltivazione di quella tintilia destinata a diventare simbolo di una regione, e l’altro che rientrato dall’Alsazia, destinazione scelta per consolidare l’esperienza nella terra del vino dove si guarda al vigneto con una consapevolezza e una visione pioneristica, acquisisce i terreni confinanti a quelli del primo, una vicinanza che si tradurrà presto in unione, con un matrimonio che li legherà e da cui nasceranno Michele e Pierluigi Travaglino. Laureato in Economia il primo, ingegnere chimico il secondo, nel 2014 decidono di inaugurare un nuovo corso e dettare una nuova linea scegliendo di non cedere più le uve coltivate dall’azienda di famiglia a terzi e intraprendendo la via della trasformazione in proprio: nasce così il progetto di Tenute Martarosa.
"Con mio fratello avevamo sempre l’occhio su quello che accadeva in campagna - spiega Pierluigi - ma a pervaderci era un senso di non completezza, sentivamo un bisogno di esprimere e valorizzare quello che avevamo perché non eravamo soddisfatti di quello che il territorio offriva o poteva offrire in termini di enologia, senza nulla togliere al valore che tutte le altre aziende avevano portato. Di qui il desiderio di trasformare le nostre uve, di vedere come l’impegno in vigna si potesse trasformare in vino, la voglia di sperimentare, cercare di capire come potesse essere il risultato del nostro lavoro. Creare ci ha sempre appassionato, e questa è stata dal primo momento la benzina nel progetto di Martarosa.”
Trenta ettari vitati, tra quelli di proprietà e quelli in affitto, 90.000 bottiglie prodotte, un modus operandi che vede nella ricerca e nella sperimentazione continua una naturale ed irrinunciabile inclinazione. Tre le varietà coltivate, moscato, fiano e, neanche a dirlo, la tintilia, oggetto del grande focus. L’obiettivo? Darne una nuova interpretazione, fare luce sulle sue potenzialità, sulle diverse sfumature di colore, di consistenza, di espressione che si possono raccontare entrando più in profondità nella conoscenza e nella distinzione dei suoli, delle condizioni pedoclimatiche, dei contesti di cui il Molise è coacervo, iniziare a guardare a questa regione nei termini della sua unicità e pluralità al tempo stesso e dare spazio alla sua esplorazione e di conseguenza nuova narrazione.
da sx: Pierluigi Travaglini, Alessio Bandinelli, Cristiano Cini, Michele Travaglini
"Sul territorio possiamo dire di aver dato una svolta stimolando anche gli altri produttori – racconta Michele Travaglino - la viticoltura ma soprattutto l’enologia molisana erano un po’ sedute, non aggiornate, c’era un concetto di vino superato e senza rendersene conto si continuava a dar vita a qualcosa che non aveva grande appeal sul mercato italiano. Abbiamo ragionato su un’idea di vino che parlasse a un pubblico più ampio e questa cosa ha mosso l’interesse dei nostri vicini che in qualche modo hanno iniziato anche loro a cambiare direzione. Un esempio su tutti? Siamo stati i primi a fare un rosato scarico che potesse rappresentare l’eleganza della tintilia, associando lo stile al colore e al sapore, anche nel packaging abbiamo scelto linee più attuali e accattivanti.”
Una missione, quella che si sono dati i fratelli Travaglino, che è stata dal primo momento sostenuta dall’enologo Alessio Bandinelli, guida nella selezione dei territori più interessanti e nella loro lettura, artefice dell’identificazione di quei cru rispetto ai quali si orienterà per il futuro la produzione, alla ricerca anche per la tintilia di una sempre maggiore corrispondenza fra parcella e calice.
“Abbiamo iniziato caratterizzando geneticamente il materiale vegetale attraverso un centro di ricerca nazionale che studia il DNA delle piante perché ancora dieci anni fa una condizione di ambiguità collocava la tintilia come sinonimo del bovale sardo o di altre varietà tintorie. Lo studio ha escluso entrambe le ipotesi per cui abbiamo pensato di cercare direttamente nei territori una risposta qualitativa riscontrando che da un punto di vista pedologico ci sono molte zone che hanno un terreno calcareo marnoso, altre che hanno caratteristiche completamente diverse. Insomma abbiamo compreso che c’è più di un Molise e la tintilia proprio per questo è una scommessa, richiede un progetto che guardi al lungo periodo con l’idea di migliorarsi ogni giorno.”
Un lavoro intenso che ha portato al riconoscimento del Tastevin AIS 2024 per la Tintilia del Molise 2020, ambito premio che lascia intendere quanto sia stato apprezzato lo sforzo messo in campo dalla famiglia Travaglino e non solo in termini di ricerca dell’identità o sarebbe meglio dire delle identità del vitigno principe della regione.
Sono tanti infatti i progetti portati infatti avanti in soli dieci anni, da quello del primo moscato al mondo cantinato in mare a 50 metri di profondità in collaborazione con Jamin Underwater, alla selezione di particelle di fiano per la realizzazione di un’etichetta speciale non ancora in commercio, alla recente apertura a Termoli dell’enoteca Enocentrico.
Per il prossimo futuro la produzione di un promettente metodo classico da Tintilia da vigne sotto i 200 metri, una deviazione dall’area della DOC per il disciplinare che restituisce appieno il tratto esplorativo e avanguardistico del brand Martarosa.
Tenute Martarosa
Via Madonna Grande, 11
Campomarino (CB)
Tel +39 0875 727757 / +39 3934654394
Email: info@tenutemartarosa.com
Sito Web: www.tenutemartarosa.com
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