Chianti Classico Revolution: un bilancio a dieci anni dall’introduzione della Gran Selezione

La Gran Selezione del Chianti Classico protagonista di un seminario di approfondimento svoltosi in occasione di Chianti Classico Collection 2024

21 Febbraio 2024 - 12:57
Chianti Classico Revolution: un bilancio a dieci anni dall’introduzione della Gran Selezione

Il Chianti Classico ha attraversato negli ultimi dieci anni una fase di profonda trasformazione innescata da quella “Revolution” fortemente voluta da alcuni protagonisti del mondo produttivo e associativo che nel lontano 2014 avevano compreso la necessità di conquistare un diverso posizionamento sulla scena enoica nazionale ed internazionale facendo leva su aspetti comunicativi ma al tempo stesso strutturali e sostanziali.  

Un percorso importante e strategico per il distretto che a Chianti Classico Collection 2024 è stato ricostruito e messo a fuoco attraverso un seminario dedicato, condotto da Antonio Boco e Paolo De Cristofaro, in cui sono state rievocate le tappe, i momenti salienti, ed analizzati gli effetti ad oggi visibili di un processo ancora in atto e che evidentemente ha ancora molto da dare e da dire su una delle realtà vitivinicole più riconosciute e apprezzate d’Italia.     

Era il 17 febbraio del 2014 quando nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze Sergio Zingaretti, allora presidente del consorzio Chianti Classico, presentò alla stampa italiana ed estera la nascita della Gran Selezione, quella nuova categoria che sarebbe andata ad allargare la piramide qualitativa della denominazione andandosi ad aggiungere, occupandone il vertice, ad Annata e Riserva già previste dal disciplinare. 

Esempio unico nel suo genere nel panorama enologico italiano, l’introduzione della Gran Selezione sarebbe stata solo il primo di una serie di interventi, seguito da modifiche apportate al disciplinare di produzione e dal restyling del marchio, quello che oggi campeggia su tutte le bottiglie Chianti Classico, sul collo o sul retro, rinnovato graficamente con l’obiettivo di creare un’immagine moderna, essenziale e di immediata lettura. 

Un insieme di scelte e di azioni di cui all’epoca non si riusciva ancora ad intendere appieno la portata e rispetto alle quali oggi si possono fare alcune riflessioni su quali furono gli obiettivi e le intenzioni e quali i risultati ottenuti nel corso del tempo. 

Secondo la ricostruzione di Boco e De Cristofaro è possibile identificare gli obiettivi in macro categorie, distinguendoli in interni ed esterni alla denominazione. Sul piano interno l’introduzione della Gran Selezione avrebbe dovuto essere finalizzata in primis a tendere la mano alle cantine del Chianti Classico più timide nel puntare sulla DOCG spingendole a reinglobare nella stessa quei vini di qualità con grande successo di critica e di pubblico non ricondotti alla denominazione ma mantenuti nella dimensione Igt in scia ad una tendenza identitaria della terra che ha dato i natali ai Super Tuscan. Altro obiettivo sul piano interno stimolare la nascita di nuovi vini appositamente pensati per far parte della neonata categoria al vertice della piramide.

Sul piano esterno, cioè rispetto al mercato, ai consumatori, agli opinion leader della critica, l’introduzione della Gran Selezione avrebbe avuto come obiettivo quello di dare un nuovo vertice formale (legislativo) e sostanziale alla piramide del Chianti Classico per aumentare il valore percepito della denominazione nel suo complesso e anche per aumentare il valore reale, i prezzi medi, allineandoli a quelli della fasce più alte del mercato, rappresentate all’epoca per il Belpaese dai Brunello e Barolo che riscuotevano un crescente successo.   

Rispetto alle intenzioni oggi si possono tirare alcune somme, partendo dalla considerazione che sin dal debutto si comprese che il percorso non sarebbe stato in discesa. L’entusiasmo suscitato dal progetto della Gran Selezione aveva infatti attecchito a macchia di leopardo sul tessuto produttivo se si pensa che alla prima tornata di commercializzazione solo 33 cantine rivendicavano referenze nella nuova categoria. 

Uscendo dall’analisi meramente numerica si comprende però che il sostegno alla Chianti Classico Revolution veniva dallo zoccolo duro e nobile del territorio, dalle aziende più rappresentative, le più grandi e blasonate con una lunga storia alle spalle che in prospettiva avrebbero potuto avere un effetto traino rispetto alle altre. 

E così è stato. Nel corso degli ultimi dieci anni le cose sono cambiate, oggi sono almeno 200 le cantine che hanno abbracciato il progetto della Gran Selezione per una produzione complessiva annua di 2 milioni di bottiglie corrispondenti al 6% della produzione totale di Chianti Classico, una quantità di tutto rispetto anche se ancora distante dall’obiettivo del 10% auspicato nel 2014. 

Quella dicotomia tra aziende blasonate e piccole realtà artigiane, seppure non totalmente superata, è stata quindi stemperata, dando vita a zone grigie interpretative molto più ampie. Questo grazie anche ad altre due grandi innovazioni legislative intervenute tra il 2021 e il 2023: da una parte l’innalzamento della quota di sangiovese obbligatoria per la Gran Selezione passata dall’80% al 90% con il restante 10% obbligatoriamente appannaggio delle varietà autoctone tradizionali chiantigiane (con esclusione dei vitigni internazionali), dall’altra l’introduzione delle UGA, le Unità Geografiche Aggiuntive che offrono una possibilità non immaginabile nel lontano 2014, quella non solo di un generico vertice della piramide, ma di tanti vertici di piramidi declinati territorialmente. 

Le cantine del Chianti Classico possono iniziare a immaginare non solo il loro vino più prestigioso ma anche il più rappresentativo del territorio in cui si trovano, e non solo dell’UGA ma magari anche di un certo pool di vigne o in alcuni casi di una sola vigna. Si è passati così da una idea verticale, piramidale di Gran Selezione che si pone in cima, quindi con un’idea più da chateau per guardare ai criteri di classificazione della Borgogna, ad un’idea più orizzontale che è quella del racconto dei territori, quindi un’idea più da climat. 

Si può dire che oggi il progetto della Gran Selezione, intrecciandosi con le revisioni del disciplinare e l’introduzione delle UGA, è riuscito ad andare oltre gli obiettivi degli esordi consentendo di valorizzare il tutto attraverso le parti, comunicando le potenzialità e l’unicità del Chianti Classico attraverso l’esaltazione dei territori, delle geografie, delle peculiarità che si fanno tesoro, un risultato che dieci anni fa non si poteva ancora ipotizzare ma che oggi è chiaro e visibile e lascia spazio ad ulteriori margini di crescita. 

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