10 anni di Pepe in Grani. Franco Pepe: “devo tutto al mio incontro con il vino”
Nel decimo anniversario di Pepe in Grani, Franco Pepe ci racconta come il grande successo del suo locale, oramai meta gourmet di tanti food lovers, nasce da un incontro il cui protagonista è il vino
Esiste un territorio, non lontano da Caserta e dalla sua imponente Reggia, che è divenuto ormai meta di pellegrinaggio di gourmet provenienti non solo dall’Italia ma da ogni parte del mondo.
Il suo faro è Caiazzo, piccolissimo paesino di cinquemila anime, dove i cercatori di eccellenze arrivano per degustare le specialità di Franco Pepe, il maestro pizzaiolo visionario, legato visceralmente alla sua terra, che ne ha saputo cambiare il volto e il destino, ricercandone ed esaltandone le ricchezze enogastronomiche, ispirato dagli insegnamenti del nonno Ciccio e di suo padre Stefano.
Un successo costruito con audacia e perseveranza, la cui risonanza si è estesa in ogni parte del globo. Quello che non tutti sanno è che Pepe in Grani, che oggi, 14 ottobre, festeggia i suoi primi dieci anni, nasce da un incontro il cui protagonista è il vino.
Il racconto dalle parole di Franco Pepe:
“Mio padre non c’era più, eravamo io e i miei fratelli. Ricordo perfettamente il giorno in cui arrivò in pizzeria il professore Moio dicendomi che di lì a poco lo avrebbe raggiunto anche Luigi Veronelli. Insieme dovevano presentare un Pallagrello della zona e volevano abbinarlo ad una mia pizza.
Erano gli anni di pizza, birra e coca cola, le persone non pensavano minimamente all’abbinamento con il vino.
Di fronte alla richiesta di Moio, attraverso la memoria, che, come dice Pino Cuttaia, è uno degli ingredienti principali della cucina italiana, rispolverai un ricordo di mio padre.
Erano tempi in cui non c’erano vini imbottigliati e a lui piaceva bere un bicchiere di vino locale sfuso, abbinato alla pizza. Mi mandava a comprare la scarola riccia che utilizzava cruda, non lessata, per creare un calzone in cui aggiungeva un filo d’olio del territorio, ulive caiazzane, acciughe di Cetara e capperi di Pantelleria.
Nella sua semplicità era un qualcosa di incredibile, un calzone che ancora oggi noi facciamo ma che in quegli anni non era nemmeno in carta, era solo un ricordo di papà. Quando quella sera lo presentai con Veronelli mi si aprì un mondo.
Dopo pochi giorni ricevetti una telefonata: “guarda che a Verona durante il Vinitaly sta circolando la rivista di Gino con tre pagine dedicate a te scritte da Manuela Piancastelli.”
Da lì è iniziato il percorso mediatico di Franco Pepe, ho conosciuto prima Gambero Rosso, poi Don Alfonso, tutto grazie al vino.
Il 2014 è un altro anno importante, riesco ad entrare al Louvre di Parigi con Ruinart. In occasione dell’evento “Le Grand Tasting, le festival des meilleurs vins”, presento in abbinamento alle bollicine francesi la mia pizza, ma cotta con forno elettrico per cui in Italia gridano allo scandalo.
Entrare in uno dei musei più prestigiosi del mondo e fare un laboratorio è un’esperienza illuminante. Rientro in Italia e nel 2015 creo la prima sala degustazione. Tre tavoli da otto persone con la figura del sommelier, sommelier da pizzeria che è molto diverso da quello del locale stellato, con una piccola carta dei vini.
Oggi, dopo dieci anni, Pepe in Grani vanta una carta dei vini con 125 etichette, quattro sommelier e tantissime degustazioni. Da me non si viene più a mangiare la classica pizza tonda ma si fa un percorso di assaggi di pizze abbinate ai vini.”
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