La Baia di Riccio Restaurant e dello chef Agostino Alboretto: un viaggio tra ricerca e identità

Agostino Alboretto al Riccio Restaurant di Baia vince la sua sfida di esaltare la materia prima, il pescato locale mettendo in campo tecnica e ricerca

13 Nov 2024 - 10:32
La Baia di Riccio Restaurant e dello chef Agostino Alboretto: un viaggio tra ricerca e identità

RISTORAZIONE - "Nullus in orbe sinus Baiis praelucet amoenis”. Scriveva così il poeta Orazio alla fine del I secolo a.C. riconoscendo al golfo di Baia il primato di luogo dalla bellezza non paragonabile né superabile. E proprio sul porticciolo di questo lembo di terra dalle grandi suggestioni esteso tra Punta Epitaffio e Punta Castello, luogo di otium e di piaceri, tra i quali, allora come oggi, si distingueva quello per il gusto e la buona tavola, si affaccia Riccio Restaurant, il regno dello chef Agostino Alboretto.

Classe 1993, figlio di ristoratori, dopo aver frequentato l’istituto alberghiero ed aver dato spazio ad alcune esperienze in Italia e all’estero, tra Sardegna e Ibiza ma principalmente al Cala Moresca di Baia con lo Chef Vincenzo di Giovanni dove da subito si distingue per la sua propensione alla ricerca e alla sperimentazione, nel 2019 Agostino incontra Salvatore e Roberta di Meo, proprietari del Riccio, e decide di abbracciarne il progetto. 

Un ristorante da 50 coperti tra sala interna e il dehors dalle atmosfere calde e dai toni che richiamano il colore delle acque del mare così prossime che sembra di poterle toccare con mano, dove ad essere protagonista non può essere che quel pescato freschissimo che variando giorno dopo giorno garantisce dinamicità al menù, mai uguale a sé stesso. 

Una proposta che va dalla degustazione di ciò che offre il mare con piccoli assaggi in diverse cotture al percorso dei crudi con selezione di tartare, crostacei e frutti di mare. Gamberi, scampi, ostriche (in particolare quelle imperiali) e cannolicchi sono di casa, ma da quando Agostino ha introdotto la tecnica della frollatura e si è cimentato nella realizzazione di salumi di mare per evitare gli sprechi il ventaglio della sua proposta si è arricchito. 

Tra i primi i classici come lo spaghetto ai ricci di mare, ma anche Candele corte con Cernia, polvere di alga e salsa di pomodoro Cannellino.

Ad esaltare i suoi piatti la cantina curata da Roberta, sommelier e donna del vino padrona di casa instancabile e accorta che coordina sala e cucina. È lei che ricerca chicche ed etichette di nicchia, con una predilezione per i vini naturali ed un occhio particolare a quelli flegrei, bollicine e bianchi soprattutto.

Come si sono integrate la tua forte passione per la tecnica e la sperimentazione e l’approccio alla ristorazione più tradizionale dei Di Meo? Come nasce la visione di sea food che oggi il Riccio esprime?
Con Salvatore ho sempre avuto un buon rapporto, ha creduto in me da subito appoggiando le mie scelte. È una persona con molta esperienza nella ristorazione e in questi anni mi ha trasmesso tanto. Ha visto in me conoscenza e amore per quello che faccio e da subito mi ha dato “carta bianca”. Con Roberta c’è sempre stata intesa, è una grandissima persona, amante del mondo del vino, passione dalla quale sono stato contagiato. Insieme abbiamo lavorato tanto per la crescita del Riccio e lo continuiamo a fare giorno per giorno. Oggi siamo compagni anche nella vita e genitori di una splendida bimba.

Mi definisci l’anima di Riccio, la sua filosofia, quello che poi si traduce secondo te nell’esperienza che vivono i vostri ospiti?
Siamo una famiglia flegrea con un’anima flegrea, qui dalle nostre parti la gente ha un rapporto molto forte con il mare, con i suoi umori, siamo legati ai frutti delle acque di Baia che sono il cuore della nostra proposta culinaria, quel crudo che da queste parti è sempre stato amatissimo e ricercatissimo. Se ci si vuole divertire con questo tipo di piatti certamente il Riccio è il posto giusto, metti pure che siamo sul porto e il mare è sempre a vista, e il suo profumo raggiunge la tavola. Ci piace mantenere viva la tradizione dei piatti locali, ma non mancano mai le novità, fanno parte della quotidianità. Non c’è da aspettarsi menù costanti nel tempo o nella stagione, qui si cambia ogni giorno, così come varia il pescato.

Quanto conta per te la tradizione locale e quanto la voglia di esplorare nuove frontiere?
La tradizione è un valore molto sentito al Riccio, ci sono piatti che rimangono dei classici imbattibili e che i nostri clienti vogliono ritrovare. L'innovazione pure è una costante, sono giovane e questo aspetto fa parte di me.

Si dice che trascorri molto tempo con i pescatori. Oltre la materia prima freschissima e di qualità cosa viene fuori dal dialogo con loro?
Sono amante della pesca alla quale dedico il mio tempo libero ma anche del mare che merita rispetto. Dai pescatori cerco di carpire alcuni segreti e informazioni, dove riescono ad arrivare ad alcune specie, le profondità, quali pesci si trovano di meno e quali di più, probabilmente perché sono interessato alla salute del mare. Sono anche duro con loro quando vedo pesci sotto taglia! Mi spaventa quando mi dicono che di pesce se ne trova sempre meno. Per questo insisto sul fatto che bisogna rispettare il prodotto al 100%. 

La tua idea di cucina di mare contempla pratiche come la frollatura o la realizzazione di salumi di mare. Mi spieghi meglio queste cose come le realizzi e come nasce questa tua specializzazione?
Nasce in un momento dove tutto si è fermato, durante il Covid, leggendo il libro di Josh Niland. Chiesi a Salvatore di comprare una cella per la frollatura e iniziai a fare le prime prove proprio al locale. Non è facile spiegare, in poche parole, cosa accade durante questo processo. L’effetto più evidente che si ottiene è che le fibre muscolari del pesce, irrigiditesi durante e dopo la pesca, in condizioni di temperatura e umidità monitorate si rilassano e si asciugano perdendo circa il 25% del peso. Con la giusta umidità la carne non si secca e dà luogo invece a una texture più compatta.

Hai realizzato un progetto di recupero del quinto quarto di pesci di grandi dimensioni, cosa significa sostenere la filosofia del “no waste food”?
Sono sempre stato sensibile rispetto a questo tema e consapevole che riportare questo principio per me sacrosanto in un ristorante di mare è particolarmente impegnativo per più motivi. Innanzitutto perché le persone sono abituate a mangiare più o meno sempre gli stessi tagli e degli stessi pesci. Proporne uno “non nobile” o del quinto quarto vuol dire impegnarsi moltissimo nel fare arrivare il messaggio e nell'ottenere la fiducia necessaria perché abbia successo. In questo sono supportato dalla possibilità di operare con la frollatura dei pesci grandi di cui non perdo nulla, utilizzandoli in un tempo lungo e non in una sola giornata, stesso discorso per i salumi di mare che tra l’altro ai nostri ospiti piacciono moltissimo. Poi mi sono inventato delle ricette molto interessanti con il quinto quarto, tipo la trippa di mare.

Qual è il piatto che secondo te in assoluto vi rappresenta di più e perché
Lo scottato di pesce affumicato e la degustazione di salumi di mare perché sono un po’ il cambiamento degli ultimi anni.

Qual è il prossimo tassello al quale stai lavorando? Cosa dobbiamo aspettarci per il prossimo futuro di Riccio? 
Qualcosa bolle in pentola ma sono scaramantico per cui non dico mai una cosa prima di averla fatta, quello che è sicuro è che continuerò sulla strada del no waste food e della ricerca, per offrire sempre qualcosa di più ai nostri clienti. 

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