Intelligenza artificiale: cresce l’ambito di applicazione nel mondo del vino
Il campo di applicazione del potenziale dell’AI nel mondo del vino si allarga ma la centralità dell’uomo e del suo ruolo resta salda.
Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un’accelerazione del processo di integrazione dell’intelligenza artificiale in molti contesti, di natura produttiva, organizzativa, sociale, un balzo in avanti avvenuto per certi versi in maniera silente ma di cui alcune evidenze sono così potenti da esaltarne la portata.
Basterebbe passeggiare per le strade di Las Vegas, tra alberghi e casinò, per poter assistere a scene all’apparenza futuristiche e fantascientifiche che rappresentano né più né meno lo stato dell’arte di quella “quarta rivoluzione industriale” che sembra ormai aver investito senza fare sconti anche il mondo del vino.
Dietro ai banconi di locali come il Tipsy Robot, abbelliti da luci al neon e con le bottiglie in bella vista, al posto di camerieri e bartender ad accogliere i clienti ci sono bracci artificiali intelligenti. Miscelano drink e servono vini senza sosta e danno vita ad uno spettacolo che crea stupore e file di curiosi al di là della parete di vetro che separa gli ambienti dalla strada, raccontando con forza il viaggio verso una nuova dimensione intrapreso anche dal mondo enoico.
Lo scenario è quello di un ambito di applicazione che si allarga a macchia d’olio trovando spazio su più piani e andando a supportare diversi livelli, da quello produttivo, a quello della comunicazione, dell’analisi sensoriale al servizio, per toccare anche la distribuzione, dove oggi si può giocare la partita della lotta alla contraffazione.
Grazie all’intelligenza artificiale i produttori possono contare su un monitoraggio molto più puntuale delle condizioni ambientali e di produzione in vigna e in cantina dal quale consegue l’opportunità di ottimizzare i processi.
L’elaborazione avanzata di dati relativi ad elementi critici come temperatura, umidità, fermentazione, evoluzione ed invecchiamento, consente di incidere su fattori determinanti per la qualità del vino.
L’AI può migliorare il dosaggio dei lieviti, fornire informazioni per prevenire le malattie in vigna orientando gli interventi, regolare il grado alcolico, può addirittura concorrere alla creazione di un vino, alla definizione del suo posizionamento sul mercato e alla sua promozione come è accaduto in Francia lo scorso anno.
Due giovani viticoltori della Languedoc Roussillon, Anthony Aubert e Jean-Charles Mathieu (Aubert & Mathieu), hanno infatti chiesto a ChatGPT (il chatbot che sfrutta intelligenza artificiale generativa e apprendimento automatico), di creare un vino biologico da uve di Grenache e Syrah, e si sono lasciati consigliare su vinificazione, definizione delle proporzioni della cuvé, nome da dare al vino (The End), prezzo di vendita, piano di comunicazione e packaging.
600 bottiglie vendute in pochissimi giorni, un esperimento dal sapore della provocazione che ha fatto parlare di sé mettendo in luce potenzialità ancora inespresse, come quella dei chatbot che possono diventare anche strumento di comunicazione per mantenere un canale di scambio informativo continuo con il consumatore, come dimostra il loro uso sempre più diffuso per rispondere a domande, fornire dettagli, guidare nel confronto di elementi quali il prezzo, l’annata, la composizione e l’origine dei vitigni, un’interfaccia virtuale che consente di dialogare h24 con un mercato sempre più avido di feedback in tempo reale.
Altro ambito di intervento è quello dell’analisi delle caratteristiche chimiche e sensoriali del vino, un’attività che consente di offrire valutazioni oggettive e comparative, identificare i difetti, riconoscere differenze e partendo dal riconoscimento dei profili aromatici e gustativi, di proporre abbinamenti con il cibo ma anche di matchare le caratteristiche di un prodotto con i gusti dei consumatori.
Ne è un esempio il progetto di Tastry, l’”assaggiatore” figlio dell’AI che decodifica i profili di aroma e sapore analizzando chimicamente in laboratorio decine di migliaia di vini all’anno. Grazie ad un’app, BottleBird, Tastry acquisisce dati relativi al palato dei consumatori, al loro gusto personale e alle preferenze olfattive.
Utilizzando i due set di informazioni Tastry riesce ad individuare prodotti corrispondenti al gusto di target specifici con una precisione superiore al 92%, che arriva al 95% se le notizie fornite sono sempre più dettagliate. In questo modo risponde all’esigenza di personalizzazione nella creazione di un vino, figlia di un mercato in cui i prodotti sono veramente tanti, rendendo difficile orientarsi, al ristorante come tra gli scaffali di un punto vendita, ed arrivare ad un acquisto che soddisfi le preferenze e il gusto dei singoli.
L’analisi delle caratteristiche chimiche di un vino da parte dell’AI può portare anche un altro tipo di risultato, come dimostrato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Ginevra in collaborazione con l’Istituto di Scienze della Vite e del Vino dell’Università di Bordeaux.
Il loro studio, pubblicato sulla rivista “Communications Chemistry” ha aperto la strada a nuovi potenziali strumenti di lotta alla contraffazione, riuscendo a identificare, con una precisione del 100%, il marchio chimico dei vini rossi di sette grandi aziende produttrici della regione di Bordeaux, insomma la loro carta di identità ricostruita grazie all’intelligenza artificiale e la sua capacità di rielaborare e mettere in relazione una mole considerevole di dati.
Il potenziale applicativo dell’AI sembra quindi essere sempre più pronto a manifestarsi in un mondo enoico che da un lato lo accoglie, fiducioso delle opportunità che offre nel sostenere le sue sfide, ma dall’altro ne teme alcuni risvolti come quello del ridimensionamento dell’impiego dell’uomo, una direzione inevitabile e al momento arginabile considerato il peso che la componente intellettiva quanto emotiva hanno in questo settore.
Il vino è viatico di relazioni umane, sinonimo di convivialità, di scambio, di interazione, nel momento della scelta, del consumo, della condivisione, difficile immaginare che questi aspetti costitutivi possano essere ad oggi colmati da macchine che a differenza dell’uomo non sono ancora in grado di “sentire” né di “intelligere” ma possono elaborare dati e metterne le evidenze a disposizione di chi deve prendere decisioni. Beneficiare del loro aiuto è ad oggi l’obiettivo, tenendo presente che il gap tra intelligenza umana e artificiale potrebbe non essere incolmabile.
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