Donne del vino: un 8 marzo all’insegna della gentilezza e della solidarietà con lo sguardo rivolto al futuro
Per le Donne del Vino l’8 marzo quest’anno è vissuto all’insegna della solidarietà, della condivisione e della gentilezza da coltivare per preservare un futuro di pace.
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La Festa Internazionale della Donna cade quest’anno in un momento molto particolare e le riflessioni che accompagnano la sua celebrazione assumono un significato diverso, inevitabilmente ricondotto alla percezione di un futuro che appare ancora più incerto di quando si attraversava la fase acuta della pandemia.
Il mondo enoico non fa eccezione. L’Associazione Nazionale delle Donne del Vino, che da sei anni a questa parte dedica le prime due settimane del mese di marzo ad iniziative che raccontano l'apporto di rinnovamento dell’universo femminile al settore, quest’anno pone l’accento in primis sulla solidarietà, sulla necessità di essere vicini alle popolazioni colpite dal conflitto.
Una volontà che diventa concreta attraverso un gesto simbolico: piantare in ogni azienda, da Nord a Sud, un tralcio di vite di pinot grigio, una varietà diffusa anche in Ucraina, richiamando così i valori della condivisione e della gentilezza, da coltivare e preservare in un futuro in cui la pace non è, purtroppo, una condizione scontata.
Le donne del vino sanno molto bene che il futuro va costruito giorno dopo giorno con fiducia e con determinazione perché le scelte di oggi, avranno effetti sul domani e il loro impegno negli ultimi anni è cresciuto insieme al ruolo giocato nel comparto: produttrici, agronome, enologhe, sommelier, esperte di comunicazione, si sono fatte spazio grazie a competenza, creatività e capacità di visione.
Il loro approccio alla viticoltura ha dato più spazio a temi come la sostenibilità, il biologico, l’attenzione all’accoglienza e alla promozione intesa in termini esperienziali prima che commerciali, e se è vero che il mondo enoico ha beneficiato del loro apporto professionale che sviluppa e sostiene un nuovo modo di fare viticoltura e comunicare il vino, lo si vede anche nel cambiamento che gli osservatori ormai rilevano da tempo sul fronte dei consumi.
C’è chi ha definito il 2021 come l’anno della “rivoluzione rosa”, quello di una accresciuta e consolidata consapevolezza delle donne italiane nel loro rapporto con il vino: curiose, studiose ed amanti degli approfondimenti, hanno mostrato la loro passione per questo mondo, per la scoperta delle storie che si nascondono dietro un’etichetta.
Non a caso sono state le protagoniste delle visite in cantina, della scoperta dei territori, degli eventi, muovendo i numeri dell’enoturismo e divenendo così punto di riferimento per definirne al meglio l’offerta.
Hanno fatto da traino sul fronte dei consumi, anche in un periodo complesso come quello dell’emergenza sanitaria con tutte le sue limitazioni, affrontandolo con uno spirito differente, grazie alla flessibilità e alla maggiore propensione al cambiamento.
Il che si è tradotto in una crescita della loro fetta della spesa sul mercato interno: hanno conquistato una percentuale del 55% dei consumatori regolari superando per la prima volta gli uomini. La loro presenza si è fatta sentire soprattutto nel segmento dei vini di pregio, i cosiddetti fine wines, e dei prodotti premium, anzi, secondo alcuni analisti, sarebbero state le donne le principali fautrici del processo di premiumisation che sta prendendo sempre più piede nel settore.
Le Millenials in particolare sono state determinanti per la crescita dell’online, spingendo sia sul fronte delle ricerche che su quello degli acquisti, oltre che sulla diversificazione e moltiplicazione delle occasioni di consumo casalingo, compensando il venir meno della maggior parte delle opportunità legate al mondo del fuoricasa.
Ma resta ancora da considerare il lato oscuro del racconto che vuole esplorare lo stato dell’arte della relazione tra donne italiane e mondo del vino, ed è purtroppo proprio nella dimensione lavorativa che trova spazio, laddove al contributo al cambiamento della realtà enologica del Belpaese non corrisponde il riconoscimento di ruoli adeguati.
Restano infatti le limitazioni nelle carriere, una oggettiva difficoltà ad accedere ai ruoli di responsabilità, con un soffitto di cristallo difficile da sfondare, le disparità in termini retributivi, la mancanza di un sistema che supporti la maternità e che porta spesso le donne a rinunciare al proprio percorso professionale dopo essere diventate madri.
Ultimo non certo per gravità né per importanza il tema delle molestie rispetto al quale è fondamentale tenere alta la guardia e che le Donne del Vino combattono da anni.
Proprio ieri è stato presentata al Senato in presenza del ministro delle Pari Opportunità, Elena Bonetti, la proposta di istituire presso le aziende vitivinicole un corso per prevenire episodi di sessismo da far seguire ai dipendenti, sul modello del “Sexual Harassment Prevention Training” che in California è obbligatorio per le aziende con più di cinque dipendenti.
Nel rivolgere lo sguardo al futuro e ad un contesto in cui la professionalità e l’impegno delle donne possa crescere senza limitazioni, l’obiettivo è sensibilizzare i collaboratori ma anche spingere le vittime a denunciare i casi dal momento che la maggioranza degli abusi rimane ancora sommersa.
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