Crisi consumi vino: dopo la Francia anche l’Italia apre all’ipotesi espianto vigneti
Il calo dei consumi di vino spinge anche il mondo della viticoltura italiana a considerare la rottamazione dei vigneti come via di uscita dalla crisi
Una proposta sull’espianto da presentare in Commissione Europea sotto forma di misura che consenta agli Stati membri di renderla operativa già dal 2024 attingendo ai fondi di ristrutturazione e riconversione del vigneto.
È l’idea che circola da settimane in Italia e su cui il mondo vitivinicolo nostrano si interroga a fronte di una sempre più evidente crisi dei consumi, soprattutto dei vini rossi, che chiede risposte concrete e di pronta attuazione per ricostruire un equilibrio del mercato messo seriamente in discussione.
Se si guarda allo scenario globale secondo uno studio dell’OIV il consumo di bianchi e rosati in aggregato avrebbe infatti superato quello di rossi con una richiesta di questi ultimi che sarebbe diminuita soprattutto nei mercati europei, in particolare Germania, Francia, Italia e Spagna.
Solo nel nostro Paese, secondo i dati di Nomisma Wine Monitor, tra il 2010 e il 2022 i consumi di vini rossi sarebbero passati dal 44% al 39% del totale nazionale contro quelli dei bianchi sostanzialmente invariati.
Una condizione che non si può quindi considerare storia recente ma vero e proprio trend in consolidamento che ha avuto le sue ripercussioni anche sul Vigneto Italia con gli ettari di uva a bacca nera calati del 17% tra il 2005 e il 2022 a fronte di quelli a bacca bianca aumentati del 14%.
Il ridimensionamento delle superfici vitate dedicate alle uve destinate alla produzione di rossi non è stato però sufficiente ad arginare il disallineamento tra domanda e offerta e oggi i viticoltori del Belpaese avvertono la pressione ad andare nella direzione di ulteriori interventi, anche straordinari, per superare una dannosa fase di impasse.
Si guarda a quanto accaduto in Francia, nella zona di Bordeaux, dove con un piano strutturale il Ministero dell’Agricoltura ha messo a disposizione 67 milioni di euro per procedere all’espianto di quasi il 9% dei vigneti e riportare la produzione in linea con la diminuzione delle esportazioni e del consumo interno.
L’idea in casa Italia è differente: al vaglio ci sarebbe la proposta di espianti non definitivi, con il viticoltore che avrebbe un tempo minimo di tre anni e massimo di otto prima di reimpiantare o decidere di non farlo più e, nell’interregno, la possibilità di dedicarsi ad altre colture o decidere di non coltivare.
L’obiettivo del ricorso alla estirpazione per specifici intervalli temporali sarebbe quello di ristabilizzare il mercato, alleggerirlo dal lato dell’offerta e capire se invertire su varietà più richieste dai consumatori o abbandonare definitivamente la coltivazione.
Il nodo da sciogliere resterebbe quello dei fondi, se debbano essere nazionali, come accaduto in Francia, o europei. C’è chi sostiene l’idea di un estirpo a tempo attingendo ai fondi europei di ristrutturazione e riconversione del vigneto con il rischio, in caso di opzione finale per l’estirpo totale, di non poter applicare la misura in questione e dover recuperare altre risorse che si sa, in Italia sarebbe difficile individuare se si escludono quelle per la promozione considerate intoccabili perché fondamentali per arginare il calo dei consumi.
Ma c’è anche chi si oppone all’idea dell’espianto che faccia leva sui fondi del Programma Nazionale di Sostegno considerando questi ultimi fondamentali per accrescere la competitività delle imprese del vino e richiedendo che il tema venga affrontato con cautela e con dati più puntuali sulla situazione del potenziale e dell’andamento dei consumi in futuro.
Tra le altre soluzioni considerate percorribili ci sarebbe anche quella di bloccare le autorizzazioni di nuovi impianti per un triennio, ma in questo caso a pagarne le conseguenze sarebbero i giovani viticoltori cui sarebbe preclusa la possibilità di creare e sviluppare nuove attività.
Al di là delle divisioni tra i viticoltori e associazioni di categoria il dato è che il disallineamento tra domanda e offerta tende a crescere. Bisognerà osservare quali saranno gli sviluppi nei prossimi mesi, se le giacenze dovessero continuare a restare alte e i consumi a diminuire non si potrà fare a meno di intervenire oltre la distillazione di crisi che da sola, evidentemente, non basta più.
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