Perché puntare sulla certificazione di qualità per l’accoglienza enoturistica. Intervista a Piero Mastroberardino
La certificazione di qualità per l’accoglienza enoturistica rappresenta un’opportunità per le aziende vitivinicole di crescere e migliorare in un’area che sta diventando sempre più strategica. Ne parliamo con Piero Mastroberardino
Le aziende vitivinicole vedono oggi nell’enoturismo una delle dimensioni in cui hanno ancora ampi margini di crescita e miglioramento con altrettanto importanti opportunità da poter cogliere che le attendono. La certificazione di qualità può rappresentare uno strumento per mettere in campo in modo sistemico visione, impegno e risorse da destinare al potenziamento di quella che rappresenta ormai una parte integrante e strategica del business. Abbiamo intervistato il prof. Piero Mastroberardino, alla guida dell’omonima e storica azienda irpina da tempo già impegnata su questo fronte e che da poco è stata riconosciuta anche come prima in Italia a conseguire la Certificazione EIQ (Enoturismo Italiano Qualificato), per comprendere cosa spinge ad intraprendere un percorso che attesti l’eccellenza dell'accoglienza enoturistica a livello nazionale ed internazionale, quali sono secondo lui in particolare i punti di forza della nuova certificazione IEQ rispetto ad altre certificazioni in materia, e come può aiutare imprese e distretti ad accrescere la propria competitività e attrattività.
Professor Mastroberardino quando nasce il percorso per arrivare alla certificazione EIQ e quali sono le motivazioni che hanno spinto l’azienda ad ottenere questo riconoscimento?
La nostra azienda ha cominciato a valutare la certificazione EIQ alla fine del 2022, una volta ricevuto il disciplinare ne abbiamo studiato i contenuti per verificare quanto lavoro avessimo davanti e come poterlo affrontare. Non siamo nuovi a certificazioni in questo ambito avendo già il Certificato Ospitalità Italiana con il quale abbiamo avuto un primo approccio alla certificazione del settore turistico e dell’accoglienza. Del Disciplinare EIQ abbiamo subito condiviso la necessità di uscire dall’approccio qualitativo che tenga unicamente conto di una generica soddisfazione del cliente, nella creazione e gestione dei processi legati all’erogazione dell’accoglienza enoturistica. La certificazione EIQ prevede che nella creazione dell’offerta Enoturistica si adotti un criterio ecosistemico che tenga conto di tutti gli elementi, umani e non, coinvolti nello sviluppo e nell’offerta del servizio enoturistico, ivi compreso l’ambiente e il territorio, che sono elementi imprescindibili per un’attività di questo tipo. Abbiamo dunque elaborato il nostro archetipo dell’esperienza e del servizio che vogliamo garantire ai clienti, rispondendo a tutte le aspettative e alle prospettive coinvolte. Le soluzioni che di volta in volta vengono individuate devono essere intese e sviluppate in modo iterativo e olistico, valutate e perfezionate nel tempo e finalizzate a rinforzare non solo il brand dell'azienda e quello del territorio in cui opera, ma anche di tutelare l'ambiente stesso, condizione indispensabile per lo sviluppo e la crescita futuri. Accanto alla condivisione dell’approccio sicuramente il nostro obiettivo è garantire un’esperienza di eccellenza sulla base di uno standard documentabile e specificatamente elaborato per il settore, Certificato da un Organismo Terzo Internazionale di Certificazione.
Ci sono state criticità nell’attuazione del disciplinare tecnico e quali sono state le aree in cui è stato necessario un investimento maggiore in termini di risorse e tempi per il raggiungimento degli standard previsti?
Non abbiamo riscontrato particolari criticità, la modalità iterativa di applicazione della certificazione aiuta molto nell’operare i cambiamenti con gradualità tenendo conto non solo dei tempi dei nostri collaboratori nel recepire i miglioramenti proposti ma anche della variabilità dell’offerta enoturistica. Spesso sono proprio i clienti, i fruitori dei nostri servizi, a determinare e motivare i mutamenti. Il turismo enogastronomico sta rivivendo un momento di grande sviluppo anche grazie ad un rinato interesse e ad un livello di preparazione dei clienti sempre più distintivo. C’è da aggiungere che il nostro approccio a questa, come a tutte le certificazioni, è di apertura ai cambiamenti, affinché le occasioni di miglioramento non trovino l’ostacolo della abitudinarietà nello svolgimento delle attività. Cosa significa essere la prima azienda in Italia certificata per l’eccellenza nell’accoglienza enoturistica secondo gli standard EIQ? Significa fornire anche in questo ambito il contributo innovativo e di proiezione verso il miglioramento continuo che la nostra famiglia ha sempre perseguito nell’ambito delle sue attività “core”, come la viticoltura e le attività di cantina. Significa inoltre fornire un efficace legante concettuale oltre che operativo alle numerose attività culturali che da decenni si curano e si svolgono all’interno delle nostre strutture aziendali, che hanno trovato il proprio culmine nell’inaugurazione del museo di famiglia MIMA (Museo d’Impresa Mastroberardino Atripalda), che attraverso documenti di famiglia narra la storia del vino italiano nel mondo dal 1700 ai giorni nostri, e del MAG (Mastroberardino Art Gallery), la collezione privata di opere d’arte di famiglia Mastroberardino che di recente è stata resa fruibile al pubblico. Possiamo dare un’anticipazione anche sul terzo progetto che farà da corollario a tale visione culturale dell’impresa, ovvero la biblioteca storica di casa Mastroberardino, alla quale sto lavorando, e che sarà aperta al pubblico nel corso del prossimo anno.
Quanto è importante che la certificazione diventi una pratica diffusa nell’ambito di interi distretti enoturistici e quali sono gli effetti che potrebbe produrre sull’attrattività dei territori?
Un distretto enoturistico è tanto più efficace ed attrattivo quanto l’offerta dei suoi servizi si mostra coerente con le aspettative del proprio target di clienti e fruitori. Alla luce di tale premessa, se in un distretto molti operatori condividono sostanzialmente (e non solo sulla carta) un protocollo di condotta nella gestione dei servizi di hospitality, questo può aiutare a rendere l’offerta complessiva più coerente con gli sforzi strategici dei singoli operatori e dunque migliorare la percezione dell’offerta territoriale. L’obiettivo dei singoli può dunque convergere verso uno scopo complessivo di sistema territoriale su base locale, ovvero la crescita del valore generato e redistribuito tra gli stakeholders.