La poesia della Val Di Cembra: terra della viticoltura eroica, regno del Muller Thurgau

La Val di Cembra è territorio estremo, di viticoltura eroica dove a regnare è il Müller-Thurgau

7 Giu 2024 - 14:21
La poesia della Val Di Cembra: terra della viticoltura eroica, regno del Muller Thurgau

La Val di Cembra con i suoi terrazzamenti e muretti a secco costruiti con la pietra porfirica è territorio estremo, di viticoltura eroica, dove a regnare è il Müller-Thurgau, vitigno in grado di leggerne e restituirne appieno l’identità. 

Val di Cembra: la storia della valle e del fiume Avisio

Le storie di antropizzazione non sono tutte uguali e nel loro tratto sono capaci di anticipare l’anima di un territorio e delle popolazioni che lo hanno abitato nel corso dei secoli. Così ci sono luoghi che pur mostrando il loro profilo impervio e spigoloso hanno trovato nell’uomo il più devoto alleato che ne ha colto il potenziale, la vocazione, e li ha tradotti, con amore e rispetto, in un nuovo contesto e in un nuovo paesaggio fatti di assoluta bellezza. 

Per averne dimostrazione basta spingersi in Val di Cembra, nel Trentino orientale, in quell’area di origine glaciale cinta dalle Dolomiti, confinante con Alto Adige e Val di Fiemme, spaccata in due versanti da un torrente, l’Avisio, che nel suo percorso dalla Marmolada al fiume Adige ha scavato nel tempo la dura roccia disegnando fisicamente una sorta di sentiero, quella che anticamente era divenuta via di fuga per i viandanti provenienti da Nord quando l’arteria principale per arrivare a Trento era tagliata fuori dalle alluvioni e dalle esondazioni dei fiumi.

Questo offrirsi dell’Avisio e della sua valle come alternativa salvifica per i viaggiatori tra i quali si annovera il più celebre artista del Rinascimento del Nord, Albrecht Dürer, del cui transito egli stesso lascia traccia attraverso alcuni suoi straordinari acquerelli, aveva dunque già svelato il volto di una natura austera ma generosa, aperta all’uomo e al suo passaggio come alla sua mano e forse per questo la simbiosi poetica tra i popoli e questa terra estrema ha saputo esprimersi a livelli altissimi.

Una valle, due versanti, entrambi dalle pendenze molto elevate, l’uno di fronte all’altro, ciascuno con la sua connotazione, quello destro dove per esposizione e microclima il destino ha ceduto terra e passo all’agricoltura, in particolare alla coltivazione della vite, lasciando spazio sulle vette a vasti boschi di latifoglie e conifere; quello sinistro, confinante con la catena montuosa del Lagorai, area alpina più estesa d’Europa priva di insediamenti umani, che è divenuta bacino di estrazione di quel porfido, qui noto come “oro rosso”, espressione della matrice vulcanica di età paleozoica dei suoli, destinato in varie forme a segnare la cifra stilistica ed estetica del paesaggio. 

Val di Cembra: terrazzamenti e muretti a secco, tra paesaggi storico rurali d’Italia e Patrimonio Unesco

Abbiamo detto del rapporto dell’uomo con questa terra, intriso di rispetto e di amore, e se c’è un simbolo in grado di esprimere appieno questo legame è rappresentato dai terrazzamenti e dai 708 chilometri di muretti a secco di pietra porfirica, opera di ingegneria agricola che ha reso possibile in un territorio estremo la coltivazione di quella vite la cui introduzione si dovrebbe alle popolazioni retiche.

Nel tentativo di individuare una condizione di equilibrio che consentisse la coesistenza con l’ambiente circostante e di conseguenza l’insediamento, l’uomo con un faticoso e laborioso lavoro ha incastonato l’elemento geologico, il porfido, nell’architettura del paesaggio, sottraendo si materia alla montagna ma per restituirla in una forma nuova che è divenuta impronta, matrice storica ed economica. 

Un’arte, quella della costruzione dei muretti a secco, che è oggi annoverata tra gli elementi immateriali dichiarati patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, così come i terrazzamenti vitati, che rappresentano il 30% delle colture e si sviluppano soprattutto sul versante destro della valle, tra i 200 e 900 metri sul livello del fiume, sono stati iscritti nel 2020 nel Registro nazionale dei paesaggi rurali storici per la loro bellezza e per la natura di elemento identitario.  

In questo territorio caratterizzato da una parcellizzazione della proprietà, con appezzamenti che nella maggior parte dei casi non raggiungono l’ettaro di estensione, il concetto di verticalità si tocca con mano, con pendenze medie del 30-40% che rendono particolarmente impegnativa la cura dei vigneti: oltra alla manutenzione dei muretti da neve, pioggia e gelo è necessario inerpicarsi su pendii scoscesi dove la meccanizzazione è bandita, lasciando spazio all’esclusivo lavoro manuale, motivi per i quali in Val di Cembra si pratica una viticoltura definita “eroica” con il sistema della pergola che resta quello più diffuso anche in virtù delle condizioni pedoclimatiche peculiari. 

Val di Cembra: clima e suoli tra porfido e calcare 

In Val di Cembra la combinazione di tre fattori contribuisce alla produzione di uve di altissima qualità e imprime un tratto fortemente identitario ai suoi vini: le escursioni termiche determinate dall’alta quota, l’esposizione dei vigneti con orientamento sud-sud est e la composizione porfirica dei suoli

L'altitudine e la vicinanza alle montagne influenzano le temperature nella valle creando un microclima montano con forti escursioni termiche tra giorno e notte che incidono sulla graduale maturazione delle uve, garantendo il mantenimento di livelli importanti di acidità e freschezza e favorendo lo sviluppo di un corredo organolettico olfattivo più ampio. 

L’areale, caratterizzato da temperature più basse rispetto a quelle di altre zone del Trentino, grazie alla sua conformazione geografica e alla presenza delle montagne circostanti, vede i venti provenienti da nord attenuati nel loro impeto e le brezze provenienti da sud sospinte dall’Ora del Garda. Le precipitazioni, distribuite durante l'anno, contribuiscono all'equilibrio idrico delle viti. La scelta dell’esposizione dei filari con orientamento sud – sud est consente alle viti di arrivare a piena maturazione anche in alta quota nonostante le temperature rigide. 

Un ruolo molto importante nella produzione vitivinicola è giocato poi dalla natura dei suoli la cui composizione varia alternando il substrato porfirico caratterizzato da una trama quasi sabbiosa e leggera e da maggiore acidità che dona mineralità e sapidità ai vini, con le superficiali conformazioni calcaree che si amalgamano nei terreni argillosi. A seconda della prevalenza dell’uno o dell’altro elemento, porfirico o gessoso, troveremo nel calice un vino dalle caratteristiche diverse, espressione della rispettiva zona di provenienza, aspetto che ne rende la degustazione ancora più intrigante.

Un ambiente pedoclimatico così favorevole non può che offrirsi alla produzione di più varietà. Fino agli anni 70 la Val di Cembra è stata terra di rossi, espressione dell’80% della produzione, con Schiava e Lagrein protagonisti. 

Sul finire degli anni 80, periodo in cui il consumo di vino è cambiato così come la percezione della sua qualità, è stata registrata un’inversione di tendenza nella ripartizione di produzione di uva a bacca nera e a bacca bianca con queste ultime che hanno preso il sopravvento, condizione che oggi comprime i rossi in una quota minoritaria del 20%. 

Un cambiamento spinto da un lavoro di zonazione portato avanti da realtà cooperative come La Vis e Cembra Cantina di Montagna insieme alla Fondazione Edmund Mach e che ha evidenziato le potenzialità delle sotto zone, in particolare come ciascuna con le sue peculiarità potesse trovare espressione più piena e completa in alcune specifiche varietà. 

Così oltre a Chardonnay, Kerner, Sauvignon Blanc, Riesling e Gewürztraminer c’è un vitigno tra i bianchi che si è imposto come migliore interprete di questa valle per la sua natura “terroirista”, in grado di leggere il territorio, di raccontarlo e di valorizzarne le produzioni: il Müller-Thurgau. 

Val di Cembra: Müller-Thurgau l’identità di un territorio in un calice

Quella del Müller-Thurgau è una storia molto giovane la cui nascita si colloca alla fine dell’800 e si riconduce ad un evento tragico che sconvolse la viticoltura europea in quel periodo: l’epidemia della fillossera. Nel ricercare una strada percorribile per frenare la piaga dilagante vennero fondati istituti di enologia e di agraria un po’ in tutto il Vecchio Continente, dalla Francia con Montpellier, all’Impero Austro Ungarico con la Fondazione Mach, alla Germania con Geisenheim dove Hermann Müller, ispirato dagli studi di Darwin e Mendez, intuisce che la soluzione è nell’incrocio di varietà e negli innesti. 

Crea così quel Müller-Thurgau, figlio di riesling renano e madeleine royale, che deve il nome al suo padre ricercatore, embrione di queste tecniche, antesignano dei PIWI, che seppure non riuscirà a rappresentare l’argine all’epidemia dimostrerà fin da subito di essere un grande vitigno, con una aromaticità interessantissima, sensibile alla vigna, ai suoli in cui è impiantato. Arriverà sulle Alpi solo dopo gli anni 50 e qui troverà essenzialmente il suo habitat naturale. 

In particolare in Val di Cembra il Müller-Thurgau fiorisce soprattutto sopra i 600 metri dove tutto diventa difficile, complesso, dove ogni passo diventa faticoso e solo certi tipi di vitigni riescono ad avere voce. Si può dire che quello che il sangiovese è per Montalcino, il nebbiolo è per Barolo, il Müller-Thurgau è per la Val di Cembra, vitigno che sa incarnarsi nella dimensione delle vigne dolomitiche estreme e si fa strumento ideale per raccontare questo tipo di terroir. 

La sua sensibilità spiccata di meticcio risponde alle diverse caratteristiche dei suoli, di base porfirica o calcarea, con una intensità olfattiva che la fa da padrone, una grande ricchezza aromatica e un’impostazione portata verso toni di freschezza, intensità e immediatezza che lo rendono perfetto ambasciatore della valle, dei suoi diversi profili interpretati con eleganza e austerità, condizione che lo rende vitigno nobile destinato a restituire a questo territorio il riconoscimento che gli compete in termini di qualità delle sue produzioni.  

Val di Cembra: i cembrani, il senso dell’ospitalità e dell’accoglienza

È giusto chiudere questa rassegna ricordando che non ci sono solo storia, paesaggio, e viticoltura a rappresentare il valore della Val di Cembra, la sua bellezza e la sua poesia trovano dimora anche e soprattutto nelle persone che la abitano e che ne hanno cura. 

I cembrani sono persone semplici e accoglienti, quanto caparbie e determinate, generose, vere, entusiaste e desiderose di far scoprire la ricchezza delle proprie terre ai viaggiatori curiosi. 

La dedizione che esprimono in vigna in condizioni che richiedono impegno e sacrificio sanno rivolgerla anche nell’ospitalità. L’intraprendenza ha permesso di mantenere salda la propria identità proiettandosi con fermezza nel futuro attraverso progetti di turismo lento, rurale ed enogastronomico che mirano ad accrescere la valorizzazione della valle nell’ambito degli itinerari di viaggio trentini, una centralità che attende solo di essere definitivamente e meritatamente conquistata anche grazie al loro prezioso contributo. 

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