Si avvicina la
fine del 2020 e le
aziende alimentari, dopo un anno più unico che raro,
tirano le somme in senso letterale.
È Nomisma a fotografare la situazione delle imprese del settore. Le dinamiche innescate dal lockdown hanno avuto effetti che non si sono esauriti (e non si esauriranno) a breve termine. Il
blocco dell'Horeca, il
calo dei consumi fuori casa, un
crollo vertiginoso del PIL hanno risonanza sull'industria alimentare con conseguenze negative, nonostante il
food & beverage sia tutt'oggi fra i settori che meglio hanno retto alla crisi.
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Per effetto delle dinamiche innescate dal lockdown (tra cui il sostanziale blocco dei consumi fuori casa in bar e ristoranti, i cui consumi valgono il 34% del totale food&beverage Italia) e delle incertezze legate all'evoluzione dell'emergenza sanitaria - dicono dall’istituto di ricerche bolognese
- solo il 20% delle aziende prevede nel 2020 un incremento del fatturato in Italia e all'estero. Per il 15% il turnover sarà in linea con l'anno precedente, mentre per il 62% l'anno si chiuderà con una contrazione delle vendite (superiore al 15% per il 38% delle imprese)".
Il rapporto
"L'industria alimentare italiana oltre il Covid-19 - Competitività, impatti socio-economici, prospettive", redatto da Nomisma per
Centromarca (Associazione Italiana dell’Industria di Marca) e
Ibc (Associazione Industrie Beni di Consumo), racconta attraverso dati e puntuali analisi quello che era il posizionamento competitivo dell’industria alimentare italiana fino allo scoppio della pandemia e, soprattutto, quelle che saranno le
prospettive per il settore nei prossimi anni, anche grazie al supporto di un’originale indagine diretta realizzata sulle stesse imprese alimentari italiane.
La filiera agroalimentare italiana riveste un peso socio-economico di primissimo piano in Italia, arrivando a incidere per quasi il 10% sul PIL e per il 13% sugli occupati.
In tale ambito, un ruolo centrale è detenuto dall’
industria alimentare il cui valore aggiunto, nel pieno della crisi economica dell’ultimo decennio, è cresciuto del 19% contro una media del 7% del totale manifatturiero, anche grazie a un export che nello stesso periodo è aumentato di oltre l’80%.
Ma l'emergenza sanitaria, e quindi la crisi economica che ne è conseguita, hanno reso lo scenario di mercato più complicato e radicalmente diverso da come lo si conosceva.
"Il Rapporto, edito da Egea, fotografa un comparto ancora polverizzato, costituito essenzialmente da imprese di piccole dimensioni, che affrontano con difficoltà il mercato globale. Meno di ottomila aziende su 56mila hanno più di nove addetti. Mancano strategie di branding, piani per l'internazionalizzazione, progetti per l'integrazione delle tecnologie digitali." si legge su Il Sole 24 ore, evidenziando come Centromarca e Ibc si siano impegnate per promuovere il varo di un piano pluriennale, con l'obiettivo di favorire una crescita strategica del settore attraverso una crescita tecnologica, con investimenti mirati in Italia e all'estero.
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