Ischia, terra di viti e di vino
L’isola di Ischia era nota nell’antichità come Aenaria, cioè “luogo di viti e di vino”. La sua vocazione enoica è cresciuta nel corso dei secoli dando vita ad un esempio di viticoltura eroica tra i più significativi del nostro paese. Tra le varietà autoctone la Biancolella è ormai riconosciuta come vitigno simbolo a livello nazionale e internazionale.
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La più grande delle isole del Golfo di Napoli, nota anche come Isola Verde, è un lembo di terra che si estende per circa 46 chilometri quadrati e si erge per 787 metri sopra il livello del mare. Dalla storia geologica molto complessa, segnata da una lunga serie di eruzioni vulcaniche che iniziarono più di 150.000 anni fa, la sua bellezza è frutto di trasformazioni continue, plasmata sotto i colpi di terremoti, esplosioni laviche e sprofondamenti in mare.
Oggi di tutto quel fuoco resta solo il buono: una terra fertile e generosa come nessuna, un caleidoscopio di profumi e colori, dal blu del mare al bianco delle rocce di pomice e il verde di quelle di tufo, alle imprevedibili evoluzioni delle nuance del cielo. Boschi di castagno e d'acacia si sviluppano intorno agli antichi crateri, querce secolari, lecci sempre verdi e frassini nelle zone scoscese, e poi spiagge, mare, vigneti e natura si fondono dando vita ad uno spettacolo che toglie il fiato.
Aenaria, uno dei nomi più antichi attribuiti all’isola, significa “luogo di viti e di vino” e non poteva essere diversamente considerate le origini geologiche che la rendono naturalmente predisposta ad accogliere la viticoltura.
Il rapporto tra l’uomo e la vite qui è sempre stato improntato all’amore ma anche al sacrificio, per questo l’isola si considera come un perfetto esempio di viticoltura eroica.
I terrazzamenti si sviluppano sui pendii, spesso arroccati in località isolate e difficili da raggiungere, e i filari si stagliano tra le “parracine”, i tipici muretti a secco inondati dal sole. Qui in vigna si arriva solo a piedi ed è impossibile l'uso di qualsiasi mezzo meccanico, ma nonostante i costi proibitivi e le difficoltà nel gestire una terra ostile, la viticoltura ha conosciuto una grande evoluzione, culminata nei successi di critica nazionale ed internazionale degli ultimi anni.
Ad essere più diffusi sono gli autoctoni, soprattutto a bacca bianca, primi fra tutti Biancolella e Forastera, e tra i rossi il Piedirosso che sull’isola è noto come “Per’ e Palumm”.
Origini territorio e clima
La natura vulcanica dell’isola è sicuramente uno degli elementi che influenza fortemente la viticoltura. Tra le eruzioni più antiche quelle di natura esplosiva hanno donato fertilità, sali minerali e sostanze nutritive, arricchendo i suoli con piogge di pietra pomice e ceneri sulle quali si sono stratificate poi numerose colate. Anche il clima mediterraneo fa la sua parte, influenzato dalla presenza del mare che esercita un’azione mitigatrice: trattenendo calore d’estate e rilasciandolo lentamente d’inverno, l’acqua evita estati torride e inverni freddi tipici invece dell’entroterra campano. Determinante sono anche una vegetazione abbondante e rigogliosa, la protezione dell’Appennino Centrale dai venti freddi e continentali di Nord-Est, e la presenza del monte Epomeo, che crea brezze e fa circolare aria. Nel versante settentrionale dell’isola, più piovoso e meno soleggiato, i terrazzamenti sostenuti dai muretti a secco raggiungono pendenze anche del 50-60%. Qui prevale il sistema di “allevamento etrusco”, che innesta la pianta su tutori di castagno. Nel versante meridionale, dove il terreno si presenta con declivi più dolci, prevale il “sistema greco” con viti più basse allevate con la tecnica a spalliera che garantisce oltre la resa anche la qualità del prodotto, per gradazione, sapidità, proprietà olfattive.Storia e viticoltura
La storia della viticoltura ischitana, che si intreccia con quella delle popolazioni locali influenzandone con il passare dei secoli l’identità, ha conosciuto tre momenti storici importanti. Il primo è il periodo greco, risalente all’VIII secolo a.C., che trova riscontro in un noto ritrovamento archeologico, la coppa di Nestore, con incisa una epigrafe, inno al vino e all’amore, segno che la coltivazione della vite, la produzione e il consumo di vino erano diffusi sull’isola e tra la popolazione. Il secondo periodo significativo è quello compreso tra il XV e il XVII secolo: superate le fasi delle grandi eruzioni e terremoti e delle invasioni di popoli barbarici e dei pirati, si torna all’impianto e alla coltura di nuovi vigneti e alla produzione di vini. Infine tra il XIX e il XX secolo la viticoltura ischitana riprenderà slancio raggiungendo i 3000 ettari di terreno vitato, imprimendo una particolare fisionomia al paesaggio: le pendici dell’Epomeo saranno modellate dai terrazzamenti sorretti dai muretti a secco. Il porto, dove sorsero tre fabbriche di botti, divenne un luogo centrale per le attività dei viticoltori: qui i recipienti di legno venivano sottoposti all’abbonimento, cioè venivano lavati con l’acqua di mare, poi si passava alla cuffiata, cioè l’avvinamento dei contenitori con vino bollente. Nel 1850 l’epidemia di oidio distrusse molte vigne, non solo ad Ischia ma in tutta la regione. Oggi, nonostante il turismo abbia determinato una contrazione delle superfici vitate, la viticultura rappresenta un aspetto importante dell’identità storica dell’isola e nonostante i costi di produzione particolarmente elevati a causa della natura impervia dei luoghi, continua ad evolvere con risultati eccellenti sia per qualità del prodotto, che per capacità di commercializzazione.Il Biancolella
Il Biancolella è sicuramente uno dei vitigni più diffusi e rappresentativi dell’isola. Le sue origini sarebbero antichissime, furono i Greci provenienti dall’Eubea a portarne le prime barbatelle in Corsica, dove ancora oggi sono allevate con il nome di “Petite Blanche”, per poi sbarcare in Campania e in particolare ad Ischia dove trovarono un clima e suoli ideali per l’impianto. Successivamente la coltivazione si estese anche nella vicina isola di Procida e con la spinta dei Borboni raggiunse la Costiera Amalfitana e l’isola di Ponza. Al di là della genesi il vitigno è stato capace nel corso dei secoli di affascinare e appassionare per le sue potenzialità e caratteristiche legate inevitabilmente alla natura vulcanica dei suoli, in particolare al tufo verde che è diffuso un po’ su tutta l’isola. Dai grappoli di forma cilindrica, non troppo grandi, e con acini verde chiaro, il vitigno viene generalmente allevato con la tecnica a guyot e la vendemmia si concentra nei mesi di settembre e ottobre. La sua versatilità permette la vinificazione in purezza ma anche l’assemblaggio con altre varietà. Il vino sapido che nasce da queste uve, fresco e minerale, è di colore giallo paglierino, dal profumo fruttato e dalle piacevoli note agrumate, di frutta a polpa gialla e mandorla. Si racconta che Luchino Visconti avesse una grande passione sia per l’isola che per il Biancolella, in qualche modo pare che avesse ritrovato in questo vino l’essenza dei luoghi ai quali era profondamente legato e nella Colombaia, la villa che acquistò a Forio, amava diffonderne il culto tra attori e registi italiani dell’epoca. Una ribalta che oggi è sempre più ampia dal momento che il Biancolella di Ischia è ampiamente riconosciuto, anche attraverso prestigiosi premi, dalla critica enologica nazionale ed internazionale.
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