Vino e vendita diretta. Il fenomeno si consolida in GB e in USA ma in Italia stenta a decollare
In Inghilterra e negli Stati Uniti le cantine spingono sulla vendita diretta che rappresenta ormai più del 50% del totale. In Italia, anche per motivi culturali, la disintermediazione è osteggiata e il DTC esprime ancora una quota marginale (10%). Si punta sui canali tradizionali ma, anche in virtù della crescita esponenziale di fenomeni come l’enoturismo, è tempo di rivedere gli schemi distributivi partendo da un maggiore focus sul rapporto diretto con il cliente, con un impegno alla raccolta sistematica di dati che consenta di migliorare le esperienze in cantina e il processo di vendita.
La crescita della vendita diretta è un fenomeno che sta attraversando il mondo del vino, seppure con diverse velocità su differenti mercati.
Accelerato dalla pandemia, con le aziende vitivinicole che hanno iniziato a ricorrere all’online per mitigare gli effetti dei blocchi della distribuzione tradizionale, il Direct to Consumer (DTC) si sta consolidando negli Stati Uniti e sta prendendo il largo in Gran Bretagna mentre stenta a decollare in Italia.
Le ultime cifre che ne raccontano l’evoluzione arrivano proprio dal Regno Unito, dove secondo le stime di WineGB, la crescita del settore sarebbe sostenuta proprio dal boom del Direct To Consumer.
A fronte di un incremento delle vendite del settore vitivinicolo su base annua di un terzo nello scorso anno (+31%) con una crescita complessiva dal 2019 al 2021 del 69%, le vendite dirette al consumatore avrebbero registrato infatti una impennata imprevista, con un +265% per gli ultimi due anni, tanto che ad oggi il canale rappresenterebbe il 57% di tutte le vendite del 2021, contro il 36% del 2019.
Gli analisti spiegano questa crescita come effetto della reazione delle aziende vitivinicole inglesi alla pandemia, affrettatesi ad aggiornare i propri siti web e a riprogettare le strutture in termini di accoglienza, puntando sullo sviluppo inevitabile del turismo di prossimità.
Con i viaggi all’estero meno disponibili i consumatori hanno visitato più luoghi del Regno Unito e così lo scorso anno i Wine Tour sarebbero cresciuti del 57% (con un 92% di visitatori locali) e con essi sarebbero esplose le vendite in cantina.
Ma se il mercato Inglese cresce quello degli Stati Uniti resta il vero punto di riferimento in materia, con le sue best practice universalmente riconosciute: il Direct to Consumer nel 2021 si è attestato su una quota del 66% del totale delle vendite, con un tasso di crescita medio annuo del 3,5% registrato negli ultimi dieci anni e un aumento medio annuo del 10,5% del volume delle spedizioni.
Come evidenziato dal Direct To Consumer Wine Survey Report 2022 di Silicon Valley Bank, l’approccio delle cantine americane è ormai da anni all’avanguardia nello sfruttare e valorizzare tutti i canali utili in tal senso, dalle sale degustazioni, all’online, dalla promozione attraverso l’utilizzo di strumenti come le newsletter per arrivare alla più recente invenzione dei Wine Club.
Negli ultimi mesi lo sforzo delle cantine è stato orientato a gestire la recettività in modo più sistematico in modo da poter migliorare le performance sull’accoglienza e giustificare la valorizzazione in termini di prezzo delle esperienze sicuramente significativo rispetto ad altri paesi, ma a raccogliere le informazioni chiave determinanti nel consolidare il rapporto con i propri clienti, migliorandone il processo di acquisto. Napa e Sonoma sono molto avanti in questo processo di focalizzazione e hanno definito la propria strategia di ridimensionando delle visite walk-in favorendo quelle per appuntamento.
Anche se nel secondo semestre del 2022 negli USA si è registrato un freno nelle vendite per l’online e nelle sale di degustazione, la crescita netta del DTC è ancora molto forte, le vendite dei Wine Club hanno infatti mostrato un incremento a due cifre anno su base annua e il valore degli ordini è aumentato del 30% rispetto al 2018.
Ma il tasso di turnover degli iscritti resta alto. Fanno eccezione sempre Sonoma e Napa dove la durata media dei rapporti di affiliazione e la media degli acquisti annuali risultano in crescita seppur per valori non particolarmente elevati. Di fatto bastano piccoli incrementi annuali e l’attuazione di analisi predittive che segnalino il probabile abbandono per mettere le aziende vinicole più preparate e dotate di strumenti di analisi nelle condizioni di attuare strategie di recupero del rapporto con il cliente e mantenimento dello stesso nel tempo.
Guardando al mercato italiano sicuramente rappresenta una realtà che poco si adatta per cultura all’assetto distributivo incentrato sul DTC. Come mostra un approfondito studio di Divinea – Report Enoturismo e vendite direct to consumer 2022 - il canale in questione è ancora poco valorizzato dalle aziende vitivinicole del Belpaese molto più orientate su quelli tradizionali, anche se va detto che qualcosa inevitabilmente è cambiato.
Nonostante le resistenze anche i produttori nostrani hanno dovuto rispondere all’emergenza pandemica che ha portato con sé una contrazione delle vendite dell’Horeca. La prima reazione è stata investire nel canale DTC e nell’online che storicamente hanno sempre avuto un peso marginale.
Sono numerosi gli E-commerce e i Wine Club nati negli ultimi due anni ed è contemporaneamente cresciuta la predisposizione dei consumatori ad acquistare online saltando ogni forma di intermediazione. Nonostante i progressi il Direct to Consumer italiano resta comunque fermo ad una fetta del 10% rispetto al fatturato totale.
Le vendite in cantina rappresentano la componente più significativa anche in termini di redditività, i canali digitali iniziano ad essere utilizzati ma il potenziale di sviluppo è ancora molto ampio. Anche i Wine Club prendono piede ma sulla vendita hanno ancora una incidenza molto bassa.
Un pezzo mancante al tassello dello sviluppo del nuovo canale è in particolare la raccolta dei dati, complice anche lo scarso utilizzo di strumenti tecnologici. Riuscire a tracciare uno storico del comportamento dei propri clienti, cosa che negli Stati Uniti si fa sistematicamente, sarebbe importante per poter pianificare delle attività di promozione dirette e mirate, arrivare a proporre un'offerta di esperienze su misura, basate sull'ascolto e sull'analisi della domanda attraverso le evidenze e la rielaborazione delle informazioni acquisite.
Il DTC è sostenuto prevalentemente dal passaparola e da sporadici contenuti organici con investimenti irrisori per promuoverlo, bisogna quindi ancora lavorare sulla consapevolezza di quanto oggi sia indispensabile per le aziende vitivinicole italiane impostare le proprie strategie aziendali su evidenze numeriche e analisi predittive.
Sono questi i passaggi essenziali di una trasformazione che ogni cantina dovrebbe affrontare per potersi differenziare nel posizionamento e nell'identità del proprio marchio, cavalcando anche l’esplosione del fenomeno enoturismo che veicola sempre più visitatori.
Uno sforzo che potrebbe portare alla conversione in vendite significative, alla crescita sostanziale delle affiliazioni ai club, e alla creazione di un rapporto sempre più intimo con i propri clienti.
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