Il vino si avvicina al mondo dei Ready To Drink (RTD): una possibile strategia per contrastare il calo dei consumi?
I consumi di vino sono fisiologicamente in calo a livello globale e il mondo enoico guarda alle tendenze in atto per individuare nuovi segmenti da approcciare. Quello degli RTD sembra essere potenzialmente molto interessante. C’è chi si sta già muovendo in questa direzione, come il Gruppo Louis Vuitton Moët Hennessy (LVMH) che ha lanciato lo scorso anno Chandon Garden Spritz, il suo primo Ready to Drink, una versione premium del cocktail icona dell’aperitivo che poche settimane fa ha visto il suo debutto anche sul mercato italiano.
La curva dei consumi pro capite di vino a livello globale è da tempo in discesa. I numeri parlano chiaro: nell’ultimo decennio il terreno perso pesa per il 15,3% (dati Wine Intelligence), una condizione che è espressione dei profondi cambiamenti che attraversano la società e l’approccio al consumo del nettare di bacco.
L’Italia non fa eccezione, complessivamente oggi sono 30 milioni i bevitori, ovvero il 50% della popolazione adulta, con un consumo quotidiano in flessione. Tra il 2011 e il 2021 si è passati da 14,9 milioni a 12,4 milioni con un calo percentuale del 16,8% ed un crollo del 31,3% per i bevitori di oltre mezzo litro al giorno (analisi Osservatorio di Unione italiana vini sui dati ISTAT).
Ci sono però nuove tendenze che connotano in modo peculiare lo scenario. In particolare nel 2021 per i vini fermi a fronte di una contrazione dei volumi globali, diminuiti del 2%, si è registrato un incremento a valore del 5%.
L’imperativo consumare meno ma meglio, “less but better”, sembra essere in via di consolidamento, specialmente tra i giovani, un fenomeno, quello della premiumization, che non è l’unico a tenere banco, affiancato dalla preferenza per gli sparkling le cui vendite sono cresciute tre volte più velocemente di quelle dei vini fermi.
Partendo da questo mosaico in cui i tasselli prendono anno dopo anno forma, si spiegano alcuni cambiamenti nell’approccio anche da parte del mondo del vino che inevitabilmente si trova a fare i conti con le trasformazioni in corso e ad adottare le dovute contromisure.
Una di queste è l’apertura a soluzioni che consentano di moltiplicare le occasioni e i momenti di consumo. La Mixology ne è un esempio più che significativo ed è una tendenza che il mondo enoico, ad eccezione dei puristi, spinge per venire incontro alle esigenze emergenti e per rendere l’immagine e l’utilizzo dei vini più dinamica e contemporanea soprattutto agli occhi delle nuove generazioni.
Già nel 2015 una ricerca americana rilevava che tra i giovani consumatori al di sotto dei 40 anni il 51% utilizzava il vino per preparare cocktails e il 48% lo mescolava con soda e seltz, confermando uno stile di consumo più ludico e informale e vicino alle soluzioni Ready To Drink a base alcolica, quelle che, secondo le stime, proprio negli USA supereranno presto i consumi di vino.
Veri outsider del mercato i Ready To Drink, con un +26% registrato in piena pandemia in paesi come USA, Australia, Canada e Cina, hanno rappresentato l’unica voce in crescita tra le bevande alcoliche nel periodo di crisi economica, in grado di espandersi trasversalmente tra diverse fasce di consumatori per tre motivi principali: comodità-convenienza, freschezza e sapore.
Nella categoria rientrano diverse tipologie di prodotti, dai cocktails già pronti alle bevande aromatizzate a base malto, confezionati con un packaging molto affine a quello diffuso nel mondo della birra, condizione che ne ha in qualche modo influenzato la percezione di concorrenti diretti di quest’ultima mentre pare che per momenti e stili di consumo vadano invece a sostituire soprattutto il vino.
Il segmento RTD le cui stime di crescita parlano di un +10,2% annuo tra il 2022 eil 2025, in termini di volumi vale un terzo, per dimensioni, di quello globale degli alcolici e di quello del vino e il mondo enoico potrebbe entrarvi proprio per attirare l’interesse dei consumatori più giovani, meno fedeli ad una categoria o ad un prodotto, desiderosi di provare cose nuove, sensibili al tema della sostenibilità e sostenitori di uno stile di vita salutare.
C’è chi si sta già muovendo e lavora in questa direzione, come il Gruppo Louis Vuitton Moët Hennessy (LVMH) che ha lanciato lo scorso anno il suo primo Ready to Drink, una versione premium dello Spritz, cocktail icona dell’aperitivo il cui mercato è quasi triplicato negli ultimi 20 anni, che ha fatto la comparsa due mesi fa anche sul mercato italiano.
Chandon Garden Spritz combina lo spumante Brut Argentino di punta dell’azienda Chandon con un liquore aromatico all’arancia speziato il cui sviluppo ha richiesto quattro anni di ricerca con 64 ricette provate prima di arrivare alla combinazione perfetta.
Una versione diversa dello spritz che utilizza ingredienti naturali e meno zuccheri, un ready to serve, dal momento che basta aprirlo, aggiungere ghiaccio, uno spicchio d’arancia e un tocco di rosmarino, e soprattutto a differenza di altri prodotti punta sull’accelerazione della premiumization nei consumi, utilizzando un prodotto spumante di marca.
Un’operazione commerciale che si posiziona anche sul tema della sostenibilità dal momento che le arance, provenienti da aziende agricole a conduzione familiare, sono certificate biologiche: ciò che avanza della produzione ha una destinazione ben precisa, il succo del frutto viene distribuito alle scuole locali, le bucce e la polpa utilizzate per pacciamare le aree intorno alla cantina.
I numeri per incontrare la crescente domanda del segmento RDT ci sono tutti ed è molto probabile che altre aziende si muoveranno nella stessa direzione, non resta che attendere la risposta del mercato ed analizzarne l’andamento nel prossimo futuro.
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