Effetti del cambiamento climatico sulla qualità del vino: per Oxford una relazione da esplorare secondo una diversa prospettiva
Una ricerca condotta dall’Università di Oxford dà una diversa lettura dell’impatto di estati calde e inverni umidi sulle produzioni vitivinicole
Quando si parla di cambiamento climatico ed effetti sulla produzione vitivinicola tornano subito alla mente le immagini degli eventi straordinari con i quali i viticoltori di tutto il mondo si trovano a dover fare i conti, ormai indipendentemente dalle stagioni, per difendere i propri raccolti.
Dai nubifragi che si traducono in alcuni casi in esondazioni di corsi d’acqua, eccesso di umidità e conseguente proliferazione delle malattie della vite, a venti forti e gradinate anomale dalle quali si prova a proteggere le colture con installazioni di reti che scorrono lungo i filari, dalle gelate tardive fronteggiate accendendo piccoli fuochi, alle ondate di calore e ai periodi prolungati di siccità rispetto ai quali, laddove sia vietata l’irrigazione di soccorso, poco si può fare se non sperare nel ritorno delle precipitazioni.
Nonostante il grande impegno che richiedono per portare avanti le attività e il rischio al quale espongono costantemente le colture, sembrerebbe però che gli stravolgimenti ambientali possano essere considerati sotto una diversa luce, questo se messi in relazione con la qualità del prodotto finale.
È l’evidenza emersa dello studio dal titolo “Seasonal Climate Impacts Wine Quality in Bordeaux” pubblicato sulla rivista accademica iScience.
Condotto dai ricercatori dell’Università di Oxford, sostenuto dal Consiglio di ricerca sulle biotecnologie e le scienze biologiche, lo studio fa riferimento al territorio di Bordeaux e analizza due tipologie di serie storiche di dati: da un lato i punteggi assegnati ai vini dello specifico areale negli ultimi 70 anni dalla critica enologica, dall’altro i dati sul clima relativi allo stesso arco temporale e alle stesse zone.
L’approccio metodologico prende spunto da precedenti studi. Già nel 1995 Orley Ashenfelter, David Ashmore e Robert Lalonde avevano raccolto una serie storica di dati metereologici di Bordeaux e di prezzi delle annate, cercando di mettere in relazione la quotazione guardando all’evoluzione di una serie di fattori ambientali e dimostrando come la valorizzazione media del vino fosse correlabile alle precipitazioni invernali e alla temperatura estiva.
Le variabili di maggior peso all’epoca risultarono la temperatura media da aprile a settembre (con il caldo considerato fattore positivo), gli anni dalla vendemmia (vini più vecchi correlati ad un maggior valore), le piogge in agosto e settembre (meno pioggia maggior valore), le piogge da ottobre a marzo (più pioggia maggior valore).
Nel 2006 anche Lecocq e Visser avevano effettuato lo stesso tipo di ricognizione utilizzando dati di stazioni meteorologiche locali. I loro modelli evidenziarono risultati simili sia su scala regionale che locale suggerendo come nella maggior parte dei casi questi dati meteorologici fossero intercambiabili.
I punteggi di degustazione furono correlati con i parametri meteorologici di un singolo anno come la temperatura media annuale e le precipitazioni, facendo emergere dal confronto l’evidenza che temperature più elevate e precipitazioni più basse portassero a uve di qualità superiore.
I ricercatori di Oxford hanno allargato il raggio d’azione dello studio alla ricerca di prove che gli effetti della temperatura e delle precipitazioni si verificassero durante tutto l'anno: dalla fase di crescita e maturazione delle uve a quello della raccolta ma anche alla fase di riposo vegetativo della vite, cosa che in passato non era stata oggetto di analisi.
Lo studio ha consentito di osservare che il vino di qualità superiore viene prodotto in anni con temperature più calde e secche, precipitazioni invernali più elevate e colture più precoci e più brevi, primavere più calde e umide, condizioni che si prevede che i cambiamenti climatici renderanno più frequenti, e ha evidenziato come il risultato finale dipenda dall’andamento dell’intero anno e non solo di specifiche fasi, restituendo al periodo di quiescenza la sua centralità.
Con le variazioni climatiche attese per il futuro, dato che è più probabile che vedremo questi modelli di clima più caldo e meno precipitazioni durante l'estate e più precipitazioni durante l'inverno, secondo i ricercatori di Oxford è probabile che la qualità dei vini di Bordeaux continui a migliorare. Questo però non potrà valere ad oltranza. Il vero nodo è infatti legato alla carenza idrica: se l’acqua diventasse più limitata si arriverebbe a un punto critico, dal momento che qualora le piante non ne avessero abbastanza e non si potesse ricorrere all’irrigazione di soccorso (come nel caso di Bordeaux) il danno sarebbe irreversibile.
Il lavoro del team di Oxford non si fermerà a quest’ultimo studio, si intende infatti procedere nella osservazione dei dati per verificare se i risultati possano applicarsi anche ad altre regioni vinicole e andare successivamente ad estendere l’esame dell’impatto delle variazioni meteorologiche annuali e dei cambiamenti climatici anche su altre colture perenni come il cacao e il caffè.
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